Quando l’Availability Gap diventa un ostacolo alla trasformazione digitale
Le aziende sono sempre più propense a sfruttare la trasformazione digitale per acquisire un vantaggio competitivo, avendo così la necessità di fornire l’accesso a servizi, dati e applicazioni in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo. Nonostante ciò, secondo gli ultimi dati rilasciati oggi da Veeam Software, esiste attualmente un notevole divario tra le aspettative degli utenti e quello che la tecnologia riesce a garantire.
L’82% delle aziende ammette infatti di trovarsi spesso a convivere con un Availability Gap, ovvero il gap tra la richiesta dell’utente di accedere continuamente ai servizi e ciò che la propria tecnologia è in grado di offrire, il cui impatto è stimato in 21,8 milioni di dollari l’anno contro i 16 milioni di dollari rilevati dal precedente report. Inoltre, quasi due terzi degli intervistati riconosce che ciò rallenta il percorso di innovazione intrapreso.
Sono alcuni dei risultati emersi dal Veeam Availability Report 2017 condotto su oltre 1.000 IT manager in 24 nazioni. Il 69% delle multinazionali ritiene che il continuo accesso ai servizi, ovvero l’Availability, sia una condizione necessaria per la trasformazione digitale.
Nonostante ciò, la maggioranza dei responsabili IT (66%) asserisce che queste iniziative subiscono dei ritardi a causa di interruzioni di servizio non pianificate provocate da cyber attacchi, errori nell’infrastruttura, interruzioni nel network e disastri naturali (la media di fermo del server è di 85 minuti per disservizio).
Mentre molte aziende sono in procinto di pianificare o avviare iniziative legate alla trasformazione digitale, oltre due terzi ritengono che queste iniziative siano fondamentali o molto importanti per il loro business e per la loro C-suite. Il downtime e la perdita di dati non influiscono negativamente solo a livello economico, ma compromettono anche la reputazione delle imprese nei confronti dell’opinione pubblica, in maniera non quantificabile a livello economico.
Il report evidenzia poi il fatto che numerose imprese considerano il cloud come un trampolino di lancio per la propria agenda digitale, con investimenti nel software as a service destinati ad aumentare del 50% nei prossimi 12 mesi.
Non bisogna quindi stupirsi che quasi la metà dei leader aziendali (43%) ritenga che i cloud provider possano offrire un servizio migliore per i dati mission-critical rispetto ai processi IT interni. Gli investimenti nel Backup-as-a-Service (BaaS) e Disaster Recovery as a Service (DRaaS) aumenteranno di pari passo in quanto le aziende li combineranno con la tecnologia cloud.
In aggiunta, il 77% delle aziende ha riscontrato quello che Veeam identifica come Protection Gap, ovvero l’incapacità dell’organizzazione IT di proteggere i dati, superando quindi la soglia di tolleranza relativa ai dati persi, con aspettative sui tempi di attività costantemente insoddisfatte a causa di meccanismi e di politiche di protezione insufficienti.
Nonostante le aziende affermino di poter tollerare solo 72 minuti all’anno di perdita di dati derivanti dalle applicazioni “ad alta priorità”, l’analisi di Veeam mostra che gli intervistati in realtà subiscono 127 minuti di perdita di dati, una differenza di quasi un’ora. Ciò rappresenta un grave rischio per tutte le aziende e impatta il successo del business in diversi modi.
“Qualsiasi accesso ai dati e alle applicazioni che non sia 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e 365 giorni all’anno è inaccettabile. Nonostante ciò, il nostro report evidenzia come tale costante accessibilità sia ancora un sogno irrealizzabile per numerose imprese” ha dichiarato Peter McKay, President e COO di Veeam Software.