Si è tenuto ieri ad Assago, alle porte di Milano, l’edizione 2018 del Fujitsu World Tour. Il tema portante di quest’anno è stato “Co-creation for success”. In un panorama che richiede alle aziende di innovare grazie all’uso di tecnologie sempre più avanzate, molte aziende stentano a tenere il passo, per mancanza di risorse economiche, infrastrutturali e soprattutto di competenze.

Abbiamo avuto l’opportunità di incontrare gli speaker a margine dell’evento per approfondire i temi trattati nella mattina e altri argomenti legati all’innovazione.

Co-creation: opportunità e rischi

Big data, IoT su vasta scala e intelligenza artificiale richiedono investimenti ingenti in infrastruttura e personale con competenze nuove e avanzate, difficili da reperire sul mercato. In questo scenario, una risposta può venire dalla co-creazione, in cui partner di filiera, fornitori tecnologici e talvolta persino concorrenti (si parla in questo caso di co-opetition), condividono oneri e onori nella creazione di nuove soluzioni. “Microsoft è il nostro più importante partner tecnologico” afferma Yoshikuni Takashige, Vice President della Marketing Strategy e Vision di Fujitsu, “ma in alcuni settori siamo anche concorrenti, e questo non è un problema”.

Yoshikuni Takashige,_VP Marketing Strategy and Vision di Fujitsu.

Yoshikuni Takashige,_VP Marketing Strategy
and Vision di Fujitsu.

Ci sono ovviamente altre situazioni in cui uno dei partner dell’operazione non vuole che l’innovoazione generata sia immediatamente disponibile anche per i suoi concorrenti. In questi casi, secondo Bruno Sirletti, Presidente e Amministratore Delegato di Fujitsu Italia, “è di fondamentale importanza chiarire senza equivoci alcuni aspetti prima di iniziare la collaborazione: chi detiene la proprietà intellettuale sulla soluzione sviluppata? Quali sono i termini temporali dell’iniziativa?”.

“Una delle aziende può decidere di volere la completa proprietà del risultato, e in questo caso il progetto le costerà di più, oppure di voler mantenere un’esclusiva limitata nel tempo – per esempio sei mesi o nove mesi dalla messa in produzione – e poi lasciare gli altri partner liberi di offrirla sul mercato ad altri soggetti”.

Intelligenza artificiale tra mito e realtà

Come dicevamo, tra i progetti più in voga ma al contempo più complicati che un’azienda può affrontare oggi ci sono quelli che ruotano attorno all’intelligenza artificiale. Per Takashige, quando si parla di IA è importante distinguere la propaganda dagli utilizzi concreti. “Una intelligenza artificiale generale, che possa sostituire l’essere umano, è qualcosa che non vedremo probabilmente mai, ma soluzioni di computer vision, analytics e di ottimizzazione dell’efficienza operazionale sono davvero utili e funzionano bene”, afferma Takashige, che prosegue: “è fondamentale definire bene lo scopo e i confini di intervento affinché la IA possa fare il suo vero lavoro: potenziare le capacità degli esseri umani”.

Bruno Sirletti_Presidente e AD di Fujitsu Italia.

Bruno Sirletti_Presidente e AD di Fujitsu Italia.

La definizione dell’ambito di applicazione della tecnologia, e la capacità di monetizzarne efficacemente l’utilizzo è una delle tante competenze che mancano nelle aziende e nel mercato del lavoro. Non servono solo programmatori e data scientist, quindi, ma anche dei veri “digital business producer” che sappiano come utilizzare dati e algoritmi per trarne informazioni utili al business e che incidano sui ricavi a fine anno. “Le aziende hanno esigenze specifiche a cui la IA può rispondere. Per esempio, un retailer francese ci ha richiesto una soluzione che – dati alcuni parametri come “domani è un mercoledì, il clima sarà piovoso e la sera si giocherà una importante partita di Coppa”, sappia prevedere quali saranno i prodotti più richiesti e quali dovranno essere le scorte minime con cui rifornire i negozi”, aggiunge Sirletti.

Come cambia il ruolo del CIO

Vista la necessità di mantenere una stretta connessione tra tecnologie e applicazioni pratiche utili al business, come tutte le aziende IT Fujutsu si ritrova sempre più spesso a discutere progetti non solo con i vertici del reparto IT, ma con responsabili di svariate funzioni aziendali. Secondo Sirletti, però, “il ruolo del CIO rimane però cruciale: è l’unico che può garantire una visione di insieme che contempli, oltre alle esigenze applicative del business, anche quelle relative alle infrastrutture, alla sicurezza e alla compliance. Purtroppo non sempre questo ruolo di leadership è riconosciuto. Rispetto alla situazione europea, le aziende italiane hanno un minor numero di CIO che siedono nel Consiglio di Amministrazione, e questo è un grave errore nell’imprenditoria italiana”.