I dati tossici che possono danneggiare brand ed editori
Lo avete notato? I banner di consenso per i cookie, che all’indomani dell’introduzione della normativa che ne imponeva l’utilizzo sui siti web erano piccole striscioline che i designer cercavano di integrare e nascondere nel design di un sito, sono diventati enormi finestre che si sovrappongono al contenuto e impediscono la navigazione del sito fino a che non si concede il proprio consenso.
La finestra è sempre fatta in modo da cercare di spingere l’utente a esprimere un consenso per qualsiasi finalità e da ogni partner di tracciamento. Se si vuole entrare nei dettagli, si scopre che un singolo sito può incorporare i cookie di decine e decine di soggetti terzi, le cui finalità non sono sempre chiare anche per chi è addetto ai lavori. Figuriamoci per un normale utente di un sito.
Questi sono comunque i casi positivi che, almeno formalmente, cercano di rispettare le normative sulla privacy in vigore. In altri casi, i dati degli utenti vengono raccolti e trattati da soggetti oscuri e in modi non trasparenti, senza che l’utente, e in molti casi il publisher stesso, ne abbiano consapevolezza.
Attraverso plugin di terze parti che aggiungono funzionalità al sito, o con l’utilizzo di network pubblicitari di tipo “programmatic”, anche il gestore del sito rischia infatti di perdere il controllo di come vengano utilizzati i dati degli utenti, esponendosi al rischio di deteriorare la propria relazione con il cliente o di conseguenze legali che, nell’epoca post GDPR, possono comportare pesanti sanzioni. Si parla spesso in questi casi di “dati tossici”.
Abbiamo parlato dell’argomento con Francesca Lerario, Managing Director Italy, di Ogury, azienda che opera nel campo della pubblicità digitale e che dalla sua nascita nel 2014 ha costruito la propria offerta attorno ai concetti di etica e scelta dell’utente. A oggi, Ogury ha 400 dipendenti in 10 paesi e lavora con 1500 brand e 3500 publisher
CWI: Al momento, almeno per quanto riguarda i cookie, va per la maggiore una modalità di raccolta del consenso che chiede di scegliere se accettare tutti i cookie, o deselezionare manualmente svariate decine di opzioni, per cui si finisce per cliccare su “Accetta tutto” per brevità. In che modo la soluzione proposta da Ogury è differente?
Francesca Lerario: È capitato a tutti almeno una volta di imbattersi in avvisi di consenso poco chiari, ambigui o addirittura che ci obbligano ad accettare tutte le condizioni. Questi consent notice non rispettano di certo le vigenti normative sulla privacy ed espongono sia i brand che i publisher ad altissimi rischi legali ed economici che possono minare la percezione e la reputation dei brand.
I consumatori hanno il diritto di scegliere e avere il pieno controllo sui propri dati e sull’esperienza pubblicitaria. Ecco perché devono essere mostrati avvisi di consenso di facile comprensione che informino su come, quando e perché tali dati verranno utilizzati, offrendo una altrettanto semplice possibilità di accettare o rifiutare. Ad oggi, c’è ancora una alta percentuale di avvisi di consenso che non soddisfa i requisiti minimi della GDPR: ben l’88%.
In Ogury assicuriamo completa tracciabilità dell’origine del consenso, dei dati e del loro utilizzo, mostrando sempre avvisi semplici e chiari, ottemperando alla più stringente interpretazione della GDPR. Dalla raccolta di alcuni dati alla visione di annunci basati sugli interessi dei consumatori, a guidare l’intera esperienza pubblicitaria è la scelta dell’utente.
CWI: Con campagne publicitarie programmatic o network per gestire gli spazi invenduti, un editore spesso non ha cognizione di quali pubblicità girano sulla sua app/sito, e di quali dati l’inserzionista finale o il network raccolgono sui propri utenti. In che modo la vostra soluzione protegge il publisher da questi rischi?
FL: Fin da quando è nata nel 2014, Ogury garantisce privacy e protezione dei dati degli utenti, dando loro la possibilità di scegliere se e quali informazioni condividere e mostrando loro messaggi coerenti con le scelte compiute. Questo è il nostro approccio, diventato poi un requisito legale dal 2018 imposto dalla GDPR. A chi sceglie di condividere i propri dati mostriamo pubblicità personalizzate; annunci contestualizzati invece ai consumatori che decidono di non condividerli. In entrambi i casi, la nostra tecnologia proprietaria assicura risultati senza precedenti, sia per quanto riguarda il coinvolgimento dell’utente che il raggiungimento dei KPI per campagne di branding, nonché un’ottima monetizzazione per i publisher.
Grazie alla preziosa e diretta collaborazione con i publisher e le media agency di tutto il mondo, eroghiamo solo campagne di brand premium in reservation e programmatic attraverso l’integrazione del nostro SDK. La qualità del nostro approccio e degli annunci mostrati ci ha premiato garantendoci un tasso di abbandono degli utenti otto volte inferiore alla media del mercato.
CWI: Dal vostro punto di vista, quanta consapevolezza hanno gli editori, network e gli advertiser rispetto a questi temi?
FL: Tutti gli attori della nostra industry sono consapevoli che i problemi legati alla sicurezza e alle frodi pubblicitarie possono minare la percezione dei consumatori nei confronti di un brand. Per far sì che questo non accada è necessario dedicare tempo e risorse in nuove tecnologie che offrano soluzioni utili ad affrontare le nuove sfide che si presentano, giorno dopo giorno.
Tuttavia, la nostra industry sembra meno interessata alle questioni legate alla privacy e alla protezione dei dati, nonostante il problema sia equiparabile a quelli appena citati. Con la rapida trasformazione del settore, i dati tossici, ovvero qualsiasi dato raccolto o utilizzato senza l’esplicito consenso dell’utente, rappresentano una minaccia anche per editori, fornitori e inserzionisti.
Per questo motivo abbiamo creato Ogury Brand Protection, un insieme di strumenti e layer tecnologici che proteggono i brand con cui collaboriamo sia da un punto di vista legale che reputazionale. Ogury Brand Protection si fonda su 3 pilastri: prevenzione delle frodi, grazie alla tecnologia proprietaria contro l’App spoofing e la nostra partnership con DoubleVerify; brand safety, che garantisce contesti sicuri di erogazione per i nostri inserzionisti; e data safety, che assicura l’utilizzo di dati sicuri per tutte le pubblicità erogate. Ci tengo a sottolineare nuovamente la differenza: un dato sicuro è tale quando viene raccolto e utilizzato previo libero consenso informato da parte del consumatore, in conformità con tutte le leggi sulla privacy dei dati.
Oggi la data safety deve diventare una priorità. Così come è fondamentale garantire che gli spazi su cui gli annunci vengono mostrati siano sicuri e privi di frodi, allo stesso modo è necessario assicurare che i dati utilizzati a scopi pubblicitari siano affidabili.