Skill cloud di AWS tra preparazione, esami e certificazioni

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Secondo la società di formazione Global Knowledge, la retribuzione associata a due delle certificazioni AWS si colloca tra le prime 15 certificazioni IT. Ecco una breve guida per acquisire familiarità con le skill richieste da AWS.

Con un numero sempre maggiore di carichi di lavoro dei data center spostati sul cloud, è importante che il personale IT aziendale apprenda le skill cloud non solo per rimanere rilevante all’interno delle proprie organizzazioni, ma anche per prepararsi per l’avanzamento di carriera e salari migliori. Un modo per ottenere questo risultato è imparare come muoversi al meglio in ambienti di provider cloud specifici. Quella che segue è una breve descrizione di come acquisire familiarità con AWS.

Secondo la società di formazione Global Knowledge, la retribuzione associata a due delle certificazioni AWS si colloca tra le prime 15 certificazioni IT: AWS Certified Solutions Architect – Associate (150.000 dollari all’anno) e AWS Certified Cloud Practitioner (132.000 dollari).

Imparare a svolgere vecchi compiti in nuovi modi

A livello di base, è necessario imparare come collegare il cloud alle reti fisiche locali e come configurare la rete nel cloud. Ciò significa avere a che fare con router, switch, indirizzi IP e DNS, cose con cui molti di voi avranno anni di esperienza. Se la vostra organizzazione include un firewall, dovrete sapere come configurarlo in AWS e se utilizzate VMWare, Hyper-V o altre piattaforme di virtualizzazione, dovrete imparare come creare istanze di server virtuali nel cloud. Gli stessi sistemi operativi host che conoscete già vengono eseguiti nel cloud, ma l’avvio di istanze con automazione software e backup potrebbe essere leggermente diverso da quello a cui siete abituati.

Inoltre, i professionisti IT aziendali devono comprendere il linguaggio AWS che è pieno di acronimi, tra cui AZ, VPC, NACL, VGW, CGW, S3 EC2. Dovrete anche comprendere termini come regione, gruppo di sicurezza, Route 53 e Lambda. Per lo meno dovreste già sapere di cosa si tratta e capire la loro somiglianza alle funzioni IT on-premise che conoscete già.

Quali sono le certificazioni da ottenere prima?

La certificazione AWS Certified Cloud Practitioner copre i servizi, la terminologia e gli acronimi AWS utilizzati di frequente e l’esame verifica la vostra comprensione dell’economia e dei principi dell’architettura cloud. Non è necessaria alcuna esperienza pratica con AWS per superare questa certificazione; lo studio su un manuale e delle lezioni video dovrebbero bastare.

Le tre successive sono certificazioni di livello associato: Solutions Architect, SysOps Administrator e Developer. In questi casi gli esami possono essere difficili ed è essenziale avere esperienza pratica con servizi AWS comuni come VPC, EC2, S3. C’è una certa sovrapposizione negli argomenti trattati in questi tre esami e se studiate per uno, avete circa il 30% della conoscenza richiesta per gli altri due. Spesso, con uno studio dedicato, le persone riescono a superare tutti e tre gli esami in pochi mesi.

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Le domande in questi esami pongono domande sulle caratteristiche di servizi specifici. Siete chiamati a rispondere sull’applicazione delle vostre conoscenze tecniche, non sulla capacità di memorizzare ogni dettaglio di ogni servizio. Piuttosto, è necessario sapere quando un particolare servizio sarebbe il migliore per risolvere i requisiti di determinati scenari. Questi esami si concentrano sui servizi AWS standard utilizzati dalla maggior parte dei clienti e non riguardano la conoscenza dei servizi che sono stati lanciati di recente.

Certificati professionali AWS

AWS offre anche certificazioni professionali e più specializzate, ma spesso è consigliabile ottenere prima tutti e tre i certificati associati e consolidare le proprie conoscenze prima di passare al livello professionale. Gli esami di livello professionale sono alcuni degli esami IT più difficili che si possano sostenere. Avere una significativa esperienza pratica con AWS è essenziale ed è necessario disporre di esperienza e conoscenza approfondita di un’ampia varietà di servizi AWS.

Le domande negli esami a questo livello sono, come quelle sugli esami associati, basate su scenari e richiedono l’applicazione dei servizi AWS per risolvere i problemi aziendali. I quesiti spesso hanno molto testo da leggere e anche le risposte possono essere lunghe, quindi la capacità di leggere velocemente e scegliere rapidamente la soluzione migliore diventa quasi essenziale.

Come prepararsi

AWS ha i suoi corsi di preparazione alle varie certificazioni, ma ci sono corsi che potete seguire tramite partner come Global Knowledge. Queste lezioni virtuali di più giorni, purtroppo disponibili solo in inglese o in altre lingue (ma non l’italiano) e possono contenere anche laboratori pratici, ma arrivano a costare fino a 3000 euro. Esistono comunque opzioni molto meno costose. A Cloud Guru è stato per molti anni un popolare sito di apprendimento virtuale online per la preparazione alle certificazioni AWS e recentemente si è fuso con Linux Academy.

Risorse

  • Glossario AWS
  • Libri di studio: AWS Certified Solutions Architect Official Study Guide: Associate Exam, AWS Certified SysOps Administrator Official Study Guide: Associate Exam, AWS Certified Advanced Networking Official Study Guide: Specialty Exam, Sybex/Wiley e le guide agli esami AWS di DigitalCloud.

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Gender gap nel settore ICT: superare gli stereotipi con formazione e ispirazione

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Secondo la UE mancano almeno 60 anni per raggiungere la parità di genere, anche nell’ambito delle tecnologie digitali. Questo processo può essere accelerato con iniziative di “ispirazione” e formazione, come quelle proposte dall’associazione italiana SheTech

Secondo un recente studio dell’Unione Europea, mancano ancora 60 anni per raggiungere la parità tra uomini e donne. E’ quanto emerge dall’edizione 2020 del Gender Equality Index, il report annuale stilato dall’European Institute for Gender Equality (EIGE), che analizza la parità tra i sessi nei Paesi dell’Unione europei considerando aspetti come accesso al lavoro e alla conoscenza, ruoli di potere ed esposizione a tutti i tipi di violenza.

L’indice di quest’anno è di 67,9 punti su 100, che significano un miglioramento di circa un punto percentuale ogni due anni nel decennio 2010-2020. Sulla base di questo andamento, l’EIGE stima che dovremo aspettare almeno 60 anni per intravedere l’uguaglianza tra uomini e donne.

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Guardando ai singoli Paesi, ai primi posti della classifica ci sono Svezia, Danimarca e Francia. Una buona notizia c’è anche per l’Italia che, insieme a Lussemburgo e Malta, ha registrato un miglioramento di 10 punti rispetto alla precedente edizione, la crescita più alta, legata soprattutto alla maggior presenza di donne nei ruoli di comando.

Accanto ai parametri tradizionali, il report 2020 contiene un focus su “Digitalizzazione e futuro del lavoro”. Il focus risponde sia alle esigenze dello scenario socio-economico, che negli ultimi anni è stato fortemente impattato dalla digitalizzazione, sia alla recente emergenza coronavirus, che ha spinto verso un utilizzo più massiccio di tecnologie digitali, aprendo nuove opportunità o confermando il divario tra uomini e donne.

Le tecnologie digitali come prerequisito per l’uguaglianza

Uno dei maggiori problemi che ostacolano l’uguaglianza di genere è la “segregazione” nell’istruzione e nel lavoro, intesa come una concentrazione di donne o uomini in determinate materie o lavori. Nel settore dell’assistenza e della cura alla persona, per esempio, gli uomini rappresentano solo il 15%. D’altro canto, a livello europeo solo il 18% dei professionisti ICT sono donne, percentuale che scende al 15% in Italia.

La segregazione è di fatto aumentata dal 2010 a oggi, nonostante gli sforzi fatti per affrontare questo problema, come iniziative speciali per incoraggiare le ragazze a studiare discipline scientifiche e tecniche (STEM), e la ferma convinzione dell’Unione Europea che “l’accesso e l’uso delle tecnologie digitali è un prerequisito per l’uguaglianza” tra tutti i cittadini.

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La digitalizzazione in Italia secondo il Gender Equality Index

Nel complesso, le donne coinvolte nello sviluppo di nuove tecnologie sono una minoranza, in particolare guardando a intelligenza artificiale e machine learning, startup digitali e prodotti ad alta tecnologia come laser, microchip e per il settore aerospaziale. Secondo il report, inoltre, le donne corrono un rischio leggermente maggiore di essere sostituite nel loro lavoro dall’automazione di servizi e processi.

L’espansione del lavoro organizzato attraverso piattaforme online, favorita dall’emergenza coronavirus, sta riproducendo le tradizionali disuguaglianze di genere, come il divario retributivo e la segregazione di genere. Per esempio, gli uomini hanno maggiori probabilità di lavorare nello sviluppo di software o nel food delivery, mentre le donne lavorano di più nella traduzione online o nei servizi domestici.

Alla base del gender gap persistono quindi stereotipi culturali, sia da parte degli uomini che delle donne, che si traduce in una netta separazione tra “lavori femminili” e “lavori maschili”. Nonostante l’approccio delle nuove generazioni alla tecnologia sia sempre meno influenzato da stereotipi di genere, rimane basso il numero di ragazze che scelgono percorsi universitari in ambito tecnico e scientifico (STEM). Nel corso della carriera professionale, inoltre, le donne hanno meno accesso a corsi di formazione e aggiornamento non per una effettiva barriera d’ingresso, ma per il minor tempo che hanno a disposizione a causa di un netto sbilanciamento tra uomini e donne nella gestione familiare.

Ispirazione e formazione per superare il gender gap

Superare gli stereotipi di genere e favorire lo sviluppo professionale delle donne è la sfida colta da SheTech, un’associazione attiva in Italia dal 2009.

Il nostro obiettivo è supportare le donne nel mondo della tecnologia, dell’imprenditoria e del digitale”, ci ha spiegato Silvia Fanzecco, Communication and Community Manager di SheTech. “I dati emersi dal Digital Index confermano lo scenario italiano: a causa di stereotipi radicati nella nostra cultura, molte ragazze non scelgono discipline STEM perché non intravedono possibilità di carriera in ambito ICT, che è ancora considerato un mondo prettamente maschile”.

L’associazione supporta le donne, ma ha un approccio inclusivo. “SheTech è aperta sia agli uomini che alle donne: abbiamo circa 350 associati, dei quali il 7 per cento sono uomini”, prosegue Fanzecco. “Attraverso il nostro network, che conta più di tremila contatti tra sostenitori, professionisti e aziende, offriamo alle ragazze e alle donne modelli a cui ispirarsi, proponiamo esempi positivi di donne che ce ‘l’hanno fatta’, ma soprattutto offriamo strumenti concreti per la crescita professionale”.

Grazie alla collaborazione con aziende e professionisti del settore ICT l’associazione ha dato vita a diversi progetti per l’inclusione femminile. Di recente si è conclusa la SheTech Coding School, un corso di formazione per diventare sviluppatore dedicato a tre ragazze. Partner dell’iniziativa sono le aziende NTT Data e Docebo, che hanno sostenuto le aspiranti developer con borse di studio, e Aulab, che ha gestito insieme a SheTech il percorso, che si è svolto da settembre a novembre 2020.

Un’altra iniziativa è il SheTech Founders Bootcamp, un percorso dedicato a fondatrici di startup per approfondire temi quali leadership, aspetti legali, definizione degli OKR, public speaking e fundraising. “Oltre che da una brillante idea, il successo di una startup dipende dalle persone che propongono l’idea e dall’ecosistema che le sostiene”, spiega Silvia Fanzecco, citando le parole di Lisa Di Sevo, presidente di SheTech ed esperta di startup. “Attraverso il Bootcamp abbiamo aiutato le startupper ad affinare tecniche, competenze e soft skill per avere successo sul mercato”.

Attiva tutto l’anno è la SheTech Master School, un’offerta di corsi in presenza e online che spaziano dal personal branding all’uso professionale dei social, dalla promozione della propria attività alla misurazione dei risultati attraverso analytics.

Questi sono alcuni esempi delle iniziative che si possono realizzare grazie alla collaborazione tra professionisti e aziende ICT che vogliono colmare il gender gap. Forse ci vorranno 60 anni per raggiungere la parità dei sessi, ma secondo stime recenti l’Italia avrà bisogno di 1,5 milioni di professionisti ICT entro il 2024. Perché non incoraggiare l’ingresso delle donne in questo settore?

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