La protesi al ginocchio è stampata in 3D
Stampanti 3D protagoniste al Policlinico Gemelli dove, per la prima volta al mondo, è stata impiantata una protesi del ginocchio. L’intervento è stato effettuato dal Ivan De Martino insieme a due colleghi americani Thomas Sculco e il Peter Sculco con i quali ha lavorato per sette anni a New York, presso l’Hospital for Special Surgery, vero e proprio tempio dell’ortopedia mondiale (da 12 anni è il primo ospedale al mondo per l’ortopedia, secondo la classifica di NewsWeek).
De Martino è un “cervello di rientro” in Italia e ha realizzato la protesi al titanio “poroso” (trabecolare). L’intervento è stato effettuato su uomo di 49 anni che aveva sviluppato una forma di artrosi secondaria a seguito di una frattura del piatto tibiale, causata da un incidente stradale.
“L’artrosi è un processo degenerativo della cartilagine articolare – spiega il dottor De Martino, ora ortopedico presso la Uoc di Ortopedia e traumatologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli – che normalmente osserviamo negli anziani. L’età media di chi deve essere sottoposto a una protesi d’anca o di ginocchio è intorno ai 65-70 anni; ma oggi, con l’aumento dell’attività sportiva e dei conseguenti traumi a menisco o legamenti crociati o a causa delle fratture articolari in età giovanile, si può andare incontro alla cosiddetta artrosi secondaria, già a 50 anni”.
L’intervento tradizionale di artroprotesi di ginocchio prevede l’uso del “cemento” osseo (polimetilmetacrilato, Pmma) per ancorare la protesi all’osso. Tuttavia, il cemento dopo 15-20 anni può cedere e le protesi possono “scollarsi” dall’osso. “Per questo – spiega De Martino – nei giovani è nata l’esigenza di ancorare le protesi in maniera diversa; si è passati dunque a nuove soluzioni: le protesi non cementate di nuova generazione, che si inseriscono direttamente nell’osso, lasciando che questo vi aderisca direttamente”.
Nuove protesi con la stampa 3D
Un tentativo del genere era già stato fatto una ventina d’anni fa, ma senza successo. “I problemi di allora – prosegue – sono stati superati con le moderne tecnologie, come le protesi non cementate prodotte attraverso una stampante 3D. Si tratta di soluzioni adatte ai giovani, che hanno esigenze diverse dall’anziano, comprese quelle di tornare a svolgere alcuni tipi di attività sportiva come giocare a tennis o a sciare; questo comporta dei carichi diversi sulla protesi, che viene utilizzata di più e per un periodo più lungo. Qui al Gemelli eravamo già all’avanguardia per le protesi del ginocchio nel giovane e adesso siamo stati i primi al mondo ad utilizzare una di queste nuove protesi innovative nell’uomo”.
“Oggi con la stampa 3D – afferma De Martino – è possibile ricreare in laboratorio una struttura trabecolare, porosa, simile a quella dell’osso; il titanio può essere ‘stampato’ con una porosità variabile e proprietà biomeccaniche molto simili all’osso, sia in termini di macro e di micro-architettura, che biomeccaniche; questo consente all’osso del paziente di ricrescere dentro questa protesi di titanio poroso (trabecolare) e di resistere meglio alle sollecitazioni”.
Il sistema di ancoraggio delle nuove protesi è rappresentato da due fittoni principali; però dove collocarli a livello topografico ha richiesto un lungo studio accompagnato da simulazioni al computer con modelli matematici, che ci hanno fatto capire quale fosse la topografia ideale, che è poi quella che abbiamo scelto per le nostre protesi. La nuova protesi è stata sviluppata e commercializzata con una company italiana, la Lima Corporate di Villanova San Daniele (Friuli), leader mondiale della stampa 3D in ortopedia e produttore della prima componente protesica d’anca stampata in 3D al mondo nel 2007.