Algoritmi di intelligenza artificiale permettono di ridurre o eliminare la quantità di radiazioni assorbita dai pazienti in fase diagnostica e di intervento
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Giornalista professionista dal 1992, ha cominciato con la cronaca sul quotidiano l’Unità e sul mensile Società Civile, per poi passare al settore informatico scrivendo ... Leggi tutto
Dalla Sanità Italiana arrivano lampi di innovazione che aprono nuovi scenari. La rivista dell’organizzazione internazionale Heart Rhythm Society ha pubblicato uno studio su un nuovo modello di trattamento delle aritmie cardiache, frutto del lavoro dell’équipe di Aritmologia del Maria Cecilia Hospital di Cotignola, che attraverso l’impiego di intelligenza artificiale consente di limitare o eliminare l’utilizzo di radiazioni nocive prima e durante gli interventi chirurgici per correggere un’anomalia cardiaca.
La sindrome di Wolff-Parkinson-White (WPW) è una patologia dovuta a una anomalia cardiologica congenita con una trasmissione anomala dell’impulso elettrico tra atri e ventricoli che può provocare tachiaritmie e palpitazioni. Secondo le stime circa 1 persona su 450 soffre di questa sindrome, che nel 70% dei casi colpisce maschi in giovane età, soggetti con cuore sano o che soffrono di cardiopatie strutturali.
Nei giovani pazienti la sintomatologia è data per lo più da accelerazioni improvvise del battito cardiaco e cardiopalmo tachicardico prolungato, mentre nei pazienti anziani possono subentrare altri sintomi come dolore al torace, difficoltà di respiro e una certa facilità a perdere i sensi. Pericolosissimi sono i casi, seppur non frequenti, in cui si innesca una fibrillazione atriale (fenomeno di desincronizzazione) o perché pre-esiste una fibrillazione atriale.
Questi pazienti sono ad alto rischio di sviluppare una fibrillazione ventricolare, solitamente mortale. Per contrastarla si utilizzano farmaci che agiscono bloccando la conduzione attraverso il nodo atrioventricolare, ma il trattamento è controindicato in molti casi, o con l’ablazione transcatetere, tecnica mininvasiva considerata curativa e salvavita.
L’analisi è automatica
Lo studio del Maria Cecilia Hospital di Cotignola, Ospedale di Alta Specialità accreditato con il Servizio Sanitario Nazionale, punta su un modello di intelligenza artificiale applicata all’aritmologiainterventistica, un workflow che, dall’analisi automatica dei segnali e degli elettrogrammi intracardiaci, consente di riconoscere e localizzare con precisione la via cardiaca anomala, favorendo l’ablazione sulla zona più mirata del tessuto cardiaco, minimizzando l’uso delle radiazioni fino a ridurle a zero.
“Tradizionalmente, prima della mappatura del sistema elettroanatomico del cuore, c’erano molteplici fattori chiave da prendere in considerazione per il successo dell’ablazione: tecnologia e stabilità del catetere, attenta analisi dei segnali e degli elettrogrammi intracardiaci, nonché l’esperienza dell’operatore, fondamentale soprattutto nel riconoscere il segnale specifico della via anomala e la sua localizzazione”, spiega Saverio Iacopino, responsabile dell’équipe di Aritmologia del Maria Cecilia Hospital che ha condotto lo studio e Coordinatore Nazionale di Aritmologia ed elettrofisiologia di GVM Care & Research.
Si amplia campo dell’intervento
La procedura apre la possibilità straordinaria di trattare pazienti giovanissimi, atleti agonisti e non, donne in gravidanza (in passato a volte costrette all’interruzione per poter intervenire sulla patologia) e soggetti per i quali l’anomalia elettrica viene individuata in maniera tardiva. “Può essere considerato a tutti gli effetti un esempio di Intelligenza Artificiale – continua Iacopino – basato su una valutazione multiparametrica e su un processo di mappatura automaticache consente di ridurre al minimo il rischio di complicanze e di minimizzare le radiazioni emesse durante la procedura fino a eliminarle. Questo nuovo workflow ha dimostrato un grande potenziale, perfezionando la diagnosi di localizzazione e favorendo l’ablazione sulla zona più mirata del tessuto cardiaco, accorciando il tempo di erogazione della radiofrequenza a pochi secondi e rendendo l’ablazione stessa più sicura”.
Cybersecurity: gli Ospedali si difendono con “Panacea”
Il Progetto "Panacea" nasce grazie a un finanziamento dell'Unione Europea e permetterà di aumentare la sicurezza informatica degli Ospedali del nostro Paese
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Giornalista professionista dal 1992, ha cominciato con la cronaca sul quotidiano l’Unità e sul mensile Società Civile, per poi passare al settore informatico scrivendo ... Leggi tutto
L’avanzare della digitalizzazione nella Sanità pone nuove sfide per quanto riguarda la sicurezza informatica. Le vicende estive di Lazio e Toscana, oltre a molti episodi in altri Paesi, lo confermano e portano le Istituzioni a cercare soluzioni agli attacchi che si fanno sempre più frequenti. Non siamo all’anno zero visto che, almeno a livello continentale, dal 2016 la Commissione europea ha varato bandi di ricerca per la sicurezza degli ospedali. Una di queste iniziative è il Progetto Panacea finanziato dal Programma Europeo Horizon 2020. Obiettivo del progetto è “dotare ospedali e strutture sanitarie di strumenti utili a valutare la natura e la gravità di una minaccia informatica e decidere la migliore strategia da adottare per una reazione tempestiva e puntuale”.
Dalla tecnologia alla formazione
Panacea svilupperà diverse soluzioni di natura tecnologica e organizzativa:
una piattaforma intelligente di gestione dinamica dei rischi;
strumenti di valutazione dei requisiti di sicurezza e privacy per dispositivi e applicazioni biomedicali in fase di progettazione;
metodologie di valutazione del ritorno dell’investimento sull’adozione di misure di cyber sicurezza ritagliata sulla capacità finanziaria dell’utente;
linee guide per pacchetti di training per migliorare le competenze informatiche del personale sanitario.
“Il progetto – spiega la coordinatrice Sabina Magalini, UOC Chirurgia d’Urgenza e del Trauma della Fondazione Gemelli e ricercatrice di Clinica e Chirurgia all’Università Cattolica di Roma – ha identificato i punti a rischio dei sistemi informatici ospedalieri e ha proposto soluzioni come una approfondita e dinamica valutazione dei rischi, un sistema per lo scambio sicuro di informazioni mediche, sistemi per garantire che le apparecchiature elettromedicali siano costruite in maniera compatibile per sicurezza con i sistemi con i quali si devono integrare, un metodo più sicuro e rapido per la identificazione dei sanitari basato sulla biometrica (riconoscimento facciale), mentre altre sono di tipo non tecnico. Gran parte della vulnerabilità dei sistemi informatici in sanità – aggiunge – dipende dai comportamenti umani. Gli operatori sanitari si comportano nei confronti dei sistemi informatici ospedalieri come con i propri social.
Questo perché la sanità non è stata finora considerata un sistema critico e quindi accortezza e prudenza non fanno parte della mentalità. Spesso il training non è sufficiente e i sistemi di rinforzo ai comportamenti sicuri non vengono praticati. I sistemi di sicurezza richiesti a volte sono farraginosi e ripetitivi, così medici e infermieri saltano alcuni passaggi. L’influenza di questi comportamenti rappresenta il 50% dei sistemi di sicurezza. Il progetto Panacea propone sistemi di nudging (spintarelle dissuasive o persuasive subliminali e non impositive), filmati educativi, questionari per valutare il proprio grado di percezione della sicurezza”.
Il progetto si concluderà alla fine del prossimo anno e vede la collaborazione di 14 partner europei. Permette di valutare i rischi del sistema informatico ospedaliero e lo sviluppo di tool per il controllo della sicurezza dei nuovi strumenti elettromedicali. È previsto anche il riconoscimento biometrico del personale (anche con mascherina) e il gruppo assicurativo Aon ha disegnato un tool per la governance della cybersecurity ospedaliera che può essere diffuso a tutte le strutture ospedaliere interessate.