Liferay, a che punto è la digital customer experience in Italia
Liferay, la multinazionale specializzata in piattaforme di digital experience per settori B2B (portali di e-commerce, per clienti, partner e dipendenti), ha tenuto nei giorni scorsi il suo evento globale Liferay Vision 2021, con una giornata – il 7 ottobre – dedicata interamente all’Italia, dove Liferay è presente con una filiale diretta dal 2017, e ha il suo competence center mondiale sul Commerce B2B.
“In Italia abbiamo il miglior tasso di crescita della regione EMEA: qui la customer experience è un concetto in grande evoluzione, che l’emergenza sanitaria ha accelerato”, ha spiegato Andrea Diazzi, Direttore Vendite Italia, Grecia, Cipro e Israele di Liferay, introducendo l’evento, di cui aveva già anticipato i temi qui su Computerworld. “Il concetto di digital customer experience ha maturità diverse nei vari settori: banche, telecom e retail sono più avanti, ma aziende ed enti pubblici hanno capito che questo è il nuovo campo di battaglia, dove si può creare vantaggio competitivo”.
In questo momento, continua Diazzi, i trend principali sono due. Uno è l’estensione del concetto di digital customer experience al B2B, e del concetto di “customer” al personale interno, ai partner e a tutti gli attori della catena del valore. L’altro è nella PA la rincorsa per raggiungere le grandi aspettative dei cittadini abituati ai livelli alti del settore privato.
Perché essere customer centric è così difficile
“Adottare un approccio davvero “customer centric” rimane difficile perché spesso le piattaforme digitali non sono adeguate a creare le esperienze desiderate, e perché tali esperienze sono complesse, e richiedono soluzioni complesse, lunghe da implementare e spesso da sviluppare perché non esistenti sul mercato”, continua Diazzi. “Per questo Liferay propone una piattaforma facilmente configurabile, inserita in un ecosistema di soluzioni e partner, che permette di creare soluzioni rivolte a consumatori, ma anche dipendenti, partner, clienti e cittadini, anche in settori meno maturi su questi ambiti, come manifatturiero, energia e sanità”.
L’intervento di scenario del Liferay Vision italiano è stato affidato a Roberto Leonelli, CEO in Italia di Publicis Group, una delle principali agenzie pubblicitarie del mondo, e Managing Director Italia della divisione di marketing digitale Publicis Sapient.
La “experience”, ha spiegato Leonelli, è la totalità delle risposte cognitive, sensoriali, emozionali e comportamentali delle persone, in ogni fase del “journey”, sia B2B che B2C, o di un employee, e intorno all’experience oggi si definiscono i requisiti per avere successo.
“Il gap tra aspettative delle persone e ciò che che le aziende tradizionali propongono non è mai stato così grande: molte aziende tradizionali sono eccezionali nello sviluppo di piattaforme, non altrettanto nell’immaginare e abilitare nuove esperienze su queste piattaforme. La soluzione è definire i requisiti di piattaforma sulla base dell’experience, scegliendo piattaforme capaci di adattarsi man mano al futuro, ma anche di includere il business tradizionale: e per piattaforma non intendo solo la tecnologia, ma anche la capacità di lavorare sui dati”.
Customer experience, il B2B ha esigenze molto diverse dal consumatore
Marco Leo, Head of Commerce di Liferay, ha poi parlato dell’approccio allo sviluppo e alle tecnologie di Liferay: “In questi anni abbiamo preparato la piattaforma con sviluppi orizzontali, poi nelle ultime release ci siamo concentrati sulla configurabilità, per ridurre la necessità di scrivere codice, e ora stiamo lavorando su soluzioni verticali end-to-end”.
Uno dei fattori di differenziazione di Liferay, continua Leo, è il focus sul B2B: “Negli ultimi anni molti hanno lavorato sulla customer experience ma soprattutto nell’ottica del consumatore: il B2B è un mondo più vasto, con molte altre esigenze, per esempio tutto l’ambito logistico, le transazioni non online, il concetto di ordine che è molto più complesso”.
Un altro è l’open source: “È uno dei nostri valori aziendali, siamo uno dei maggiori contributori a livello software, ma l’open source è la tecnologia, poi occorre il supporto per renderla produttiva, e qui entriamo in gioco noi e i nostri partner”.
Un terzo fattore di differenziazione, come accennato, è il competence center del Commerce in Italia: “In Italia c’è tantissimo knowhow, e abbiamo creato una rete di competenze, partner e consulenti e una community molto forte di Liferay fin da prima dell’apertura della filiale”, sottolinea Leo. “Le eccellenze nello sviluppo software non sono sempre all’estero, in Italia ci sono tantissime competenze che danno valore aggiunto molto al di là del codice”.
Comune di Milano, l’esperienza del Portale del Cittadino
L’evento ha visto anche le testimonianze di diversi clienti, tra cui LazioCrea, BPER Banca e Vivisol, ma qui per brevità riferiamo solo del caso del Comune di Milano, raccontato da Luca Curioni, Project Director Digital Lead.
“Uno dei progetti recenti più importanti è stato il Portale del Cittadino, un punto di partenza per dialogare con la città focalizzandosi sui bisogni dei cittadini. Per prima cosa abbiamo disegnato dei percorsi immediati basati sull’esperienza del cittadino per presentare i servizi pubblici, poi per i servizi che richiedono transazioni è nato il facicolo del cittadino, area self-service con accesso immediato e personale, finora utilizzato da oltre 500mila cittadini. Oggi oltre il 95% dei certificati anagrafici è rilasciato in digitale”.
L’accesso predominante, continua Curioni, è da smartphone, per cui anche il design dei servizi parte dal piccolo schermo, ma per chi non ha un device edicole e tabaccai con accesso autenticato possono chiedere il certificato da parte del cittadino.
Altro progetto recente è la intranet dei dipendenti. “È operativa, si chiama Spazio Comune e qui la personalizzazione è ancora più importante, perché il Comune di Milano ha 15mila dipendenti che erogano servizi diversissimi, dalla polizia locale agli educatori, dall’urbanistica ai servizi scolastici. Ciascuno ha applicativi stratificati con gli anni, e avere un hub di accesso a tutte le applicazioni è molto utile”.
In base a queste esperienze, osserva Curioni, nel settore pubblico una piattaforma di customer experience deve avere tre caratteristiche fondamentali. “Uno è l’interoperabilità, la capacità di connettere soluzioni verticali diverse che esistono già unificando l’esperienza: per esempio il cambio di residenza comporta un insieme di altri servizi, come la nuova occupazione d’immobile per il calcolo della Tari, che fanno capo a uffici diversi del Comune. La piattaforma deve permettere di collegare queste operazioni e di proporre il prossimo passo della experience del cambio casa”.
La seconda caratteristica è la scalabilità: “La piattaforma deve dare la possibilità di gestire picchi, per esempio per la partecipazione a un bando, o l’accesso a una graduatoria di servizi educativi”. La terza è il riuso, “avere componenti preconfigurate da riutilizzare, senza dover reinventare o riscrivere codice”.