Biotecnologie vogliono dire sviluppo. Riccardo Palmisano Presidente Assobiotec lo afferma con convinzione nel suo intervento al convegno intitolato con enfasi Biotech, il futuro migliore – Per la nostra salute, per il nostro ambiente, per l’Italia, promosso dalla sua associazione.

Il settore, come ha testimoniato il recente rapporto annuale, è in salute anche perché “Le biotecnologie sono state alla base di tutte le risposte alla crisi pandemica: dal sequenziamento del genoma del virus alla diagnostica molecolare, dai vaccini agli anticorpi monoclonali, tutto è basato sul biotech. La loro applicazione in agricoltura, industria e ambiente permette, infatti, di generare sviluppo nei limiti delle risorse del pianeta. Dati dell’Ocse ci dicono che nel 2030 saranno biotech l’80% dei prodotti farmaceutici, il 50% di quelli agricoli, il 35% dei prodotti chimici industriali. Già oggi circa il 20% del Pil nazionale è legato a Scienze della Vita e Bioeconomia di cui le biotecnologie sono elemento chiave perché rappresentano un irrinunciabile motore di innovazione”.

Anche il biotech ha però bisogno di competenze, analizzate dalla ricerca “Quale futuro per le competenze nel settore biotech” condotta da Ey e ManpowerGroup. L’indagine, che sarà poi pubblicata integralmente sul sito di Assobiotec, ha cercato di comprendere e prevedere le dinamiche del mercato del lavoro e identificare le principali direttrici di sviluppo della domanda di profili e competenze per i prossimi dieci anni nelle biotecnologie con l’ausilio di tecniche di Ai.

120 figure prese in esame

Lo studio ha preso in esame l’evoluzione di 120 figure tipiche del settore, stimando che la domanda di lavoro nei prossimi dieci anni aumenterà per il 53% delle professioni analizzate e diminuirà per il 21%. Il biotec è dunque un settore dai bacini occupazionali importanti.

Solo per fare qualche esempio, si prevede una crescita per il cybersecurity manager, business development manager e bioinformatics researcher. Al contrario un importante calo interesserà il warehouse manager, cleaner e maintenance specialist.

In generale il calo della domanda riguarderà figure che comprendono il 30% degli occupati, e per i quali è utile approntare un percorso di reskilling, mentre meno del 5% può dormire sonni più tranquilli. A questi movimenti del mercato si accompagna anche una ridefinizione delle competenze con le professioni di carattere tecnico che diventeranno più complesse e quelle a carattere specialistico e intellettuale che andranno sempre di più verso la specializzazione.

Lo studio individua tre processi trasformativi delle professioni. Il primo riguarda la creazione di una professione per distacco di competenze da una già esistente: la nuova professione sarà definita da un set di competenze che costituisce un sottoinsieme della professione di origine. Il secondo la creazione di una professione per fusione di competenze provenienti da due o più professioni esistenti con la contemporanea distruzione delle professioni che si sono fuse. La terza la mutazione per ibridazione, che evolve copiando un sottoinsieme di competenze tratte dai set propri di altre professioni.

Il mismatch fra domanda e offerta

Per quanto riguarda la tipologia delle competenze richieste ce ne sono di fondamentali (risolvere problemi complessi), aggiuntive (conoscenze tecnologiche, orientamento al servizio) e ibridanti (originalità, gestione del tempo, capacità di analisi).

L’aggiunta di competenze è però un problema per le aziende che già soffrono del mismatch tra domanda e offerta. Figure più complesse saranno ancora più difficili da reperire. Un problema che riguarderà in particolare il Commercial Excellence Manager, l’E-commerce Manager o il Solution Architect.

Un problema che riguarderà in particolare le professioni e elevata complessità. “Laddove il modello preveda l’ingresso di altre competenze rilevanti, introduce il rischio di mismatch sia verticale che orizzontale (under-overskilling e/o underovereducation)”, dice il rapporto.

E allora caccia a Robotic Surgery Engineer, Digital Communication Specialist o System Development Manager.

Come se non bastasse tutto questo, l’evoluzione tecnologica e organizzativa porterà a variazioni importanti mettendo a rischio altre figure come brand & customer experience manager, computational chemist e bioinformatics researcher.