Se il 2020 è stato l’annus horribilis che ha cambiato le nostre vite, il 2021 doveva essere l’anno della riscossa con l’arrivo del vaccino. In parte lo è stato perché la situazione è decisamente migliorata anche se troppa parte di mondo non ha ancora ricevuto i benefici di una vaccinazione di massa. Questi mesi hanno però lasciato segni profondi nella sanità con luci e ombre che proviamo a riassumere.

Fiducia

Al momento in cui scriviamo più dell’85% della popolazione ha ricevuto le due dosi e il 75% della popolazione potenzialmente oggetto di dose addizionale ha ricevuto la terza.

La fiducia nella scienza è quindi patrimonio della stragrande maggioranza del Paese, ma non sono pochi quelli che credono a fake news e teorie strambe. Aiutati anche da un sistema mediatico che li elegge a star televisive o radiofoniche, i no vax sono una delle terribili scoperte di questo periodo.

Persone che non credono nella scienza che si rifugiano nell’odio verso Big Pharma e nel complottismo. Secondo l’ultimo rapporto Censis l’irrazionale ha infiltrato il tessuto sociale. Per il 5,9% degli italiani (circa 3 milioni) il Covid non esiste, per il 10,9% il vaccino è inutile. E poi: il 5,8% è convinto che la Terra è piatta, per il 10% l’uomo non è mai sbarcato sulla Luna, per il 19,9% il 5G è uno strumento sofisticato per controllare le persone.

Tecnologia

La pandemia ha impresso una forte accelerazione della medicina digitale. Guidata soprattutto dalla telemedicina, la tecnologia è entrata negli ospedali con una velocità impensabile fino a pochi mesi fa. Soluzioni digitali, telemedicina, test di laboratorio a domicilio, robot disinfettanti, uso dell’intelligenza artificiale sono riusciti a superare gli ostacoli infrastrutturali o operativi che per molto tempo ne avevano ostacolato l’adozione.

Nel mondo pre-Covid, ci sarebbe voluto molto tempo a medici e pazienti per accettare visite a distanza via zoom e non di persona. Così invece alcuni step sono stati saltati e ora è il momento di armonizzare le regole, organizzare i passaggi e collegare il tutto al Fascicolo Sanitario elettronico.

Burnout

Se si torna ai livelli della prima ondata in molti negli ospedali cambieranno lavoro. Non è una minaccia quella che arriva dagli ospedali ma una concreta possibilità perché il pedaggio pagato da medici e infermieri è stato pesantissimo e lo è tuttora. Uno studio di ricercatori italiani, pubblicato a maggio 2020 sul Journal of the American Medical Association, svolto su 1.379 operatori sanitari, ha mostrato come la giovane età e il sesso femminile siano fortemente correlati allo sviluppo di sintomi di stress post-traumatico nel 49,3% degli intervistati.

L’Università di Verona ha coinvolto 2.195 dipendenti dell’Aoui, l’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona, scoprendo che l’86% del personale soffre di elevati livelli di stress e come il 63% abbia vissuto esperienze fortemente stressanti o traumatiche. Di questi, più della metà ha riportato sintomi di stress post-traumatico.

In Piemonte l’Ordine degli psicologi ha verificato che il 44,7% dei 4.550 professionisti sanitari della regione ha manifestato almeno un sintomo rilevante, moderato o grave, depressione nel 17% dei casi, ansia nel 33,7%, sintomi post-traumatici da stress nel 36,8%, sintomi dissociativi nel 40%. Le donne, il 47,4% del campione, risultano più colpite.

Secondo l’Ocse, gli infermieri in Italia sono 5,7 ogni 1.000 abitanti, contro una media Ocse di 8,2. La Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) parla di una carenza di almeno 53mila unità e il Censis di 72mila.

Ritardi per i non-Covid

L’invasione di malati Covid e le misure per contrastare la pandemia hanno provocato il forte  rallentamento dell’attività negli altri reparti. C’è quindi una quantità insopportabile di interventi medici in ritardo in tutto il mondo. Interventi chirurgici, trattamenti e chemioterapie sono rimandati anche per i pazienti vaccinati perché la cura intensiva dei non vaccinati pone un carico pesante sui sistemi sanitari.

Secondo questa analisi, un intervento sul cancro su sette è stato ritardato a causa del Covid-19 in tutto il mondo, anche nelle cure pediatriche essenziali. In Italia, secondo Cittadinanza Attiva, a causa della pandemia sono saltate 13 milioni di visite specialistiche, 300mila sono stati i ricoveri non effettuati, 500mila gli interventi chirurgici rimandati e quattro milioni gli screening oncologici posticipati.

I dati più recenti arrivano dal Rapporto Agenas, Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, secondo la quale c’è stata una riduzione complessiva dell’ospedalizzazione pari a 1 milione e 700 mila ricoveri in meno rispetto al 2019. La riduzione ha riguardato in misura minore i ricoveri urgenti (-13%), mentre l’impatto è stato più marcato per i ricoveri ordinari programmati e per i day-hospital (con riduzione di almeno di un quarto dei volumi).

Pnrr

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede fondi importanti per la sanità che saranno destinati all’istituzione di presidi territoriali, alla modernizzazione degli ospedali e all’introduzione di nuove tecnologie. Si tratta di un momento fondamentale che segnerà lo sviluppo del settore per i prossimi anni. Ci si aspetta un salto di qualità con il forte timore di vedere apparire progetti che finiranno nel nulla o in iniziative mal realizzate.

Medicina del territorio

E’ uno degli insegnamenti del Covid. Non più l’ospedale come hub dove accentrare i pazienti, ma cure il più possibile a domicilio o altre soluzioni che permettano di non intasare i luoghi di cura dando una ulteriore spinta alla pandemia.

A parole sembrano tutti d’accordo, ma in alcune regioni questo vorrebbe dire rinnegare le politiche sanitarie degli ultimi anni. Non si tratta semplicemente di aprire altri luoghi di cura, ma di implementare la telemedicina, assumere personale, favorire l’interazione fra gli specialisti e i medici generici, implementare in tutte le regioni il Fascicolo Sanitario Elettronico e garantire a tutti il medesimo accesso alla prevenzione e ai trattamenti.

Sistema Sanitario Nazionale

In pochi mesi siamo passati da “Nessuno va più dal medico generico” all’esaltazione del ruolo del Servizio Sanitario Nazionale con canti dal balcone e commossi ringraziamenti per medici, infermieri e tutto il personale degli ospedali definiti “eroi”.

Il Sistema ha avuto negli ultimi mesi una spinta impressionante da confermare con l’arrivo dei fondi del Pnnr. In questo, un ruolo fondamentale sarà giocato dai manager delle aziende sanitarie cercando di puntare al bene dei pazienti e staccandosi dalle pressioni e dalle istanze della politica.

A questo proposito il Forum permanente sul Sistema Sanitario Nazionale nel post-Covid ha presentato in settembre un documento che critica anche alcune impostazioni del Pnrr. Francesco Cognetti, Oncologo e Presidente del Forum, ha ricordato come il numero complessivo di posti letto ordinari per 100 mila abitanti sia molto più basso rispetto alla media europea (314-500).

Inferiore è anche il numero delle terapie intensive e per quanto riguarda gli operatori sanitari i medici specialisti ospedalieri sono circa 130 mila, 60 mila unità in meno della Germania e 43 mila in meno della Francia; gli infermieri sono 7 ogni 1000 abitanti contro 11 della Francia e 13 della Germania.

E secondo i dati Eurostat, l’Italia spende solo l’8,8% del suo Pil per la sanità, di cui circa 1,5/2 punti sono rappresentati dai contributi alla spesa dei privati cittadini, mentre paesi come Francia e Germania superano l’11%. Inoltre la spesa sanitaria corrente per abitante è stata stimata in Italia intorno a 2.500 euro, contro i 5.100 euro della Svizzera, i 4.100 della Germania e i 3.800 di Francia e Regno Unito.