Migliora lentamente la digitalizzazione delle imprese italiane, con elementi di ottimismo soprattutto per la digitalizzazione di base e l’uso di servizi cloud di livello intermedio e sofisticato e di dispositivi IoT, mentre siamo ancora indietro su sistemi ERP, e-commerce e uso dell’Intelligenza Artificiale.

Sono le conclusioni principali dell’edizione 2021 del rapporto “Imprese e ICT” dell’Istat, rilasciato pochi giorni fa e basato su un’indagine effettuata tra maggio e luglio 2021 su 19.266 imprese italiane con almeno 10 addetti (qui il nostro articolo sull’edizione 2020). Indagine interessante per l’attualità dei dati, per il campione molto rappresentativo del tessuto economico italiano, e per la possibilità di confronti immediati con l’Europa. Il questionario infatti ha approfondito l’uso in Italia delle 12 tecnologie che compongono il Digital Intensity Index (DII) europeo, che la UE usa per misurare il grado di digitalizzazione delle imprese, e che è a sua volta uno dei 4 componenti del famoso DESI, l’indice europeo di digitalizzazione dell’economia e della società.

In estrema sintesi il responso per le imprese italiane è abbastanza confortante, mentre lo è meno per la società italiana in generale. Nell’ultimo rapporto DESI 2021 infatti l’Italia è al decimo posto dell’indice DII, misurato con dati 2020, ma tenendo conto dei dati 2021, di cui racconteremo tra poco, salirebbe addirittura all’ottavo posto.

Peccato che sulle altre tre dimensioni del DESI l’Italia sia messa peggio, tanto da finire solo al 20° posto della graduatoria generale: siamo infatti molto sotto la media UE per competenze digitali della popolazione e connettività, e di poco sotto sulla disponibilità di servizi pubblici digitali.

12 tecnologie per misurare la digitalizzazione delle imprese europee

Ma veniamo ai numeri del rapporto Istat “Imprese e ICT 2021”. Prima di tutto, nel 2021 il 60,8% delle imprese italiane ha raggiunto almeno il livello base di intensità digitale, contro una media UE del 56% e un target europeo per il 2030 del 90%. Ovviamente ci sono grandi differenze per classe dimensionale, si va dal 58,4% delle imprese sotto i 50 addetti all’87,8% di quelle sopra i 250.

Per “livello base” si intende l’utilizzo di almeno 4 delle 12 tecnologie che compongono il DII 2021, che cambiano tutti gli anni. Quest’anno sono state misurate le percentuali di imprese che: 1) hanno più del 50% di addetti connessi; 2) utilizzano ERP; 3) sono connesse in banda larga fissa a velocità di download di almeno 30 Mbit/s; 4) hanno vendite via web >1% dei ricavi, e vendite via web verso consumatori privati (B2C) >10% del totale vendite via web ; 5) utilizzano dispositivi IoT; 6) utilizzano social media; 7) utilizzano sistemi CRM; 8) utilizzano servizi cloud di livello intermedio o sofisticato; 9) utilizzano tecnologie IA; 10) acquistano servizi cloud; 11) hanno vendite online almeno pari all’1% dei ricavi totali; 12) utilizzano almeno due social media.

L’Istat definisce come intensità digitale alta e medio alta quella delle aziende che hanno adottato almeno 7 di queste 12 tecnologie: circa il 20% delle imprese italiane sopra i 10 addetti rientrano in queste categorie.

Le note positive: cloud, IoT, e in parte e-commerce

Altri elementi positivi per le imprese italiane riguardano cloud, IoT, social media, e per certi versi l’e-commerce.

Per quanto riguarda i servizi cloud, il 51,9% delle imprese italiane nel 2021 ha utilizzato almeno un servizio intermedio (applicazioni software di finanza e contabilità, ERP e CRM) e uno sofisticato (applicazioni software di sicurezza, hosting di database, piattaforme di sviluppo, test e distribuzione di applicazioni) nel 2021, contro una media UE inferiore di ben 17 punti (35%) e un target UE 2030 del 75%.

Per il resto, sono in forte aumento le imprese italiane che usano almeno un dispositivo di Internet of Things (32,9%, circa 9 punti percentuali in più del 2020, contro il 29% di media europea), e crescono anche quelle che usano almeno due social media (da 22% a 27%), e quelle che hanno venduto online (17,9%, +2 punti percentuali).

Per quest’ultimo punto però vanno fatte diverse precisazioni: prima di tutto in questo caso l’Istat ha dati aggiornati al 2020 e non al 2021. Inoltre il dato italiano, pur in crescita, ci vede comunque in ritardo rispetto all’Europa, dove mediamente il 23% di imprese vende online.

Oltre alle note positive ovviamente ci sono anche quelle dolenti. L’adozione di software ERP (solo il 32% delle imprese italiane ne usa) è piuttosto nettamente sotto la media europea (39%), e così quella delle tecnologie di AI (artificial intelligence), che in Italia è a poco più del 6% contro l’8% di media europea.

Istat imprese e ict 2021

Fonte: Istat, Imprese e ICT 2021

Detto dei principali numeri, vediamo ora più in dettaglio alcuni aspetti dell’indagine evidenziati da Istat.

Livello di digitalizzazione, forti divari tra grandi e piccole aziende

Se è vero che oltre il 60% delle imprese italiane raggiunge il livello base di digitalizzazione, va detto che l’80% circa si colloca ancora a un livello ‘basso’ o ‘molto basso’ d’adozione dell’ICT, cioè ha adottato al massimo 6 delle 12 tecnologie dell’indice DII 2021.

Dal punto di vista dimensionale, il divario maggiore (oltre 30 punti percentuali) tra piccole (10-49 addetti) e grandi imprese (oltre 250) si riscontra nell’adozione di software gestionali ERP e CRM. Per tutti gli altri indicatori si registrano differenze tra i 19 punti percentuali (AI) e i 28 (dispositivi IoT, social media).

Analizzando le quattro combinazioni più frequenti di tecnologie tra le 12 dell’Indice DII, emerge che nelle piccole imprese la situazione più frequente corrisponde all’uso della sola banda larga, ma è diffuso anche l’uso di servizi cloud di livello intermedio e sofisticato, a conferma del successo capillare di queste tecnologie negli ultimi anni. Nel caso delle grandi imprese è invece più diffusa una combinazione che comprende connessione a Internet, cloud di base e sofisticato, software gestionali (ERP, CRM), uso dei social media e dei device intelligenti (Iot).

Intelligenza Artificiale, le 7 finalità d’uso nelle imprese italiane

L’Istat in questa indagine ha considerato 7 finalità aziendali di utilizzo dell’IA: text mining, riconoscimento vocale, generazione di linguaggio naturale, riconoscimento ed elaborazione immagini, machine learning e reti neurali, RPA, droni e robot autonomi.

Il 6,2% delle imprese come già accennato ha dichiarato di utilizzare almeno uno di questi tipi di tecnologie, quota che però sale notevolmente nei settori hi-tech (18,1% nelle tlc, 16% nell’IT).

Gli strumenti IA sono utilizzati soprattutto per estrazione di conoscenza e informazione da documenti di testo (37,9%), conversione della lingua parlata in formati digitali attraverso tecnologie di riconoscimento vocale (30,7%) e automatizzazione di flussi di lavoro attraverso software robot (30,5%).

In generale, l’IA è sfruttata soprattutto per finalità specifiche del settore: nel manifatturiero il 39% la usa per automatizzare il processo produttivo, nei servizi oltre il 44% la usa per estrarre informazioni da documenti di testo.

Gli ambiti aziendali in cui vengono più spesso adottati sistemi di IA sono i processi di produzione, ad esempio per la manutenzione predittiva o il controllo qualità della produzione (31,8%), la sicurezza informatica (26,6%), la funzione di marketing o vendite, ad esempio per assistenza ai clienti o campagne promozionali personalizzate (24%) e la gestione d’impresa attraverso l’analisi dati a supporto di investimenti o di previsioni di vendite (21,6%).

IoT, gli usi più frequenti: sicurezza e manutenzione

L’uso più frequente dell’IoT nelle imprese italiane riguarda sistemi intelligenti o smart di allarme (74,6%) per la sicurezza dei locali dell’impresa, e sensori monitorati via Internet (29,9%) per la manutenzione di macchine o veicoli.

Tali strumenti sono utilizzati soprattutto nel settore dell’energia (45,9%), nelle attività immobiliari (42,5%), nella fabbricazione di derivati del petrolio (40,7%), nelle industrie alimentari (40,3%).

L’utilizzo dei dispostivi IoT varia notevolmente rispetto alla dimensione aziendale, dal 59% delle imprese con almeno 250 addetti al 30,5% di quelle con meno di 50 addetti.

E-commerce, forti crescite per la pandemia

Come detto la percentuale di imprese italiane che vende online nel 2021 è aumentata di 2 punti percentuali, ma la crescitas è doppia tra le grandi imprese (44,5%, da 40,2% nel 2019) rispetto alle piccole (17,2%, da 15,2% nel 2019).

La propensione a vendere online varia sensibilmente tra i diversi settori. I più attivi sono ricettivo (83,7%), editoria (73,1%), agenzie di viaggio (47,8%), con buoni numeri anche per telecomunicazioni (30,1%), commercio al dettaglio e all’ingrosso (intorno al 30%), industrie alimentari (28,5%), e ristorazione (24,8%).

L’Istat distingue tra vendite online via web e via EDI. Il 16,2% delle imprese ha venduto via web (13,7% nel 2019), il 3,3% via EDI (4,3% nel 2019). Oltre 7 su 10 delle imprese che vendono via web hanno usato siti web o app della propria impresa, mentre nel 63% dei casi sono utilizzati siti o app di intermediari.

Nel 2020, il 18,9% delle imprese ha dichiarato di aver avviato o incrementato la vendita di beni o servizi via Internet per reagire alla emergenza sanitaria. I settori che hanno registrato crescite più forti sono ristorazione (dal 10,3% delle imprese nel 2019 al 24,7% nel 2020), produzione audiovisiva (da 9,6% a 22,5%), commercio al dettaglio (da 21,8% a 30,8%) e tessile (da 6,5% a 15%).