Business Intelligence: 8 segreti per una strategia di successo
Brian Jackson, CIO della Texas Tech Credit Union, vuole aumentare la quantità di dati utilizzati dai dipendenti per prendere decisioni. Per farlo, continua a mettere a punto la strategia di business intelligence (BI) dell’azienda lanciata nel 2014 con una implementazione iniziale di strumenti BI. In questi otto anni, Jackson ha lavorato con i suoi colleghi dirigenti per far maturare il programma. Sono passati a una nuova piattaforma software BI di Domo, hanno formato sempre più lavoratori e hanno sviluppato un piano per far progredire ulteriormente l’uso dei dati e dell’intelligence.
Tutte queste mosse hanno aiutato la Texas Tech Credit Union a sfruttare i dati più spesso e in modo più efficace in tutta l’organizzazione e un punto di svolta è stato indurre i lavoratori a interrogare i dati formulando le richieste come vere e proprie domande orientate al business. Jackson non è certo il solo a focalizzarsi sui dati e sul loro valore, tanto che un recente sondaggio su oltre 700 leader aziendali condotto dalla società di analisi tecnologiche Unsupervised ha rilevato che il 71% delle aziende ha implementato una strategia di BI con lo scopo di prevedere il business, migliorare l’esperienza del cliente, ottenere un vantaggio competitivo, accelerare l’analisi dei dati e ottenere più decisioni basate sui dati.
E i loro investimenti in BI stanno dando i loro frutti, con il 94% delle aziende intervistate che ha visto aumentare le entrate dopo l’implementazione di strumenti BI. I leader aziendali hanno indicato l’aumento delle entrate, la crescita del volume delle vendite, il miglioramento del servizio clienti, l’aumento della produttività e il maggior numero di nuovi clienti come i primi cinque vantaggi derivati dall’uso della BI. Una migliore gestione della supply chain, una maggiore soddisfazione dei dipendenti e una maggiore fidelizzazione dei clienti sono stati i successivi tre vantaggi citati.
Tuttavia, i leader aziendali hanno anche riconosciuto le sfide insite nei loro programmi di BI. Secondo il sondaggio, i primi 10 ostacoli al successo della BI includono problemi relativi al software, mancanza di budget adeguato, mancanza di formazione e competenze, mancanza di strategia, obiettivi strategici poco chiari e mancanza di adozione da parte dell’intera azienda. Questi risultati mostrano che un programma BI di successo non riguarda solo la tecnologia e di seguito vi riportiamo otto passi essenziali che possono aiutare a superare queste sfide se ci si vuole incamminare verso una strategia di BI di successo.
Considerare l’infrastruttura esistente quando si seleziona uno strumento BI
Ashley Fitzgerald, direttore senior per la scienza dei dati e l’analisi presso Appnovation, una società di consulenza digitale, ha lavorato con un cliente che aveva acquistato un pacchetto di BI multimilionario che non poteva connettersi ai database dell’azienda, nemmeno tramite API. L’azienda ha così dovuto creare appositi strumenti di integrazione per consentire il flusso di dati.
Quella tecnologia aggiuntiva ha aggiunto costi e complessità inutili al prodotto, che avrebbero potuto essere evitati essendo più attenti all’infrastruttura esistente, al software BI disponibile, ai limiti di ciascuno e all’impatto che avrebbero avuto sull’implementazione.
Jackson è d’accordo, affermando che in passato anche la sua organizzazione aveva un’applicazione BI difficile da scalare e tale da richiedere competenze tecniche specializzate difficili da trovare. Quindi, quando l’organizzazione ha cercato una nuova soluzione, “trovare quella migliore che potessimo sfruttare con l’infrastruttura esistente era la cosa più importante per noi”, afferma Jackson.
Considerare gli obiettivi di business quando si scelgono gli strumenti BI
I requisiti dell’infrastruttura IT non dovrebbero essere gli unici che influenzano la selezione degli strumenti di BI, afferma Sri Manchala, CEO di Trianz, una società di gestione di servizi IT. Il CIO e il personale IT dovrebbero sollecitare i lavoratori che utilizzeranno il software BI a capire a che tipo di domande stanno cercando di rispondere e come vogliono ricevere risposte a tali domande.
“Bisogna trascorrere abbastanza tempo con il reparto business per capire quali sono le sue priorità e che tipo di informazioni e visualizzazioni stanno cercando. A questo punto toccherà all’IT capire come soddisfare queste esigenze”. Tali informazioni aiuteranno a identificare di quali archivi di dati l’azienda avrà bisogno per le proprie esigenze di BI, quali tipi di interfaccia potrebbero essere più utili per gli utenti e quali caratteristiche e funzioni soddisferebbero meglio le esigenze aziendali.
Portare la due diligence nel processo di procurement
“In una certa misura, gli strumenti di BI sono diventati prodotti di base” afferma Chris Herman, analista senior e specialista in contratti presso Swingtide, una società di consulenza e gestione IT. Ciò potrebbe alleviare un po’ la pressione sul processo di selezione e procurement, perché “quando in un mercato tutto funziona ragionevolmente, non si sta rischiando un disastro completo”.
Ma quando i CIO e i team di procurement prendono delle scorciatoie nel processo di contratto per questo motivo, possono ritrovarsi tra le mani un prodotto che non soddisferà le aspettative aziendali. Herman consiglia alle aziende di essere diligenti quando stipulano contratti per i loro sistemi di BI come lo sono per le altre applicazioni aziendali, con richieste competitive di proposte, accordi sul livello di servizio dettagliati e risultati chiari.
Coltivare una cultura che si fida dei dati
Le organizzazioni che desiderano che i dati influiscano veramente sulle decisioni devono coltivare una cultura che abbracci quella visione e costruire un’infrastruttura che la supporti, afferma Sanjay Srivastava, chief digital officer della società di servizi di trasformazione aziendale Genpact.
I leader aziendali devono dimostrare agli utenti business che possono fidarsi dei dati e, quindi, delle risposte prodotte dai loro strumenti di business intelligence. “Avere questa fiducia nei dati è estremamente importante”, afferma Srivastava. I leader aziendali devono anche dimostrare il valore apportato dai dati, gestendo l’utilizzo della BI per le esigenze aziendali quotidiane.
Non abbreviare la gestione del cambiamento e la formazione
Allo stesso modo, i leader aziendali che desiderano ottimizzare il valore delle proprie iniziative di BI devono incorporare la gestione del cambiamento nelle proprie strategie e includere un’adeguata formazione degli utenti, afferma Fitzgerald. Questo, però, non succede sempre. “La gente spesso pensa che basti accendere un interruttore della luce per avere un programma BI di successo. Anche se si è creata la piattaforma perfetta con dati puliti, solo una piccola percentuale delle aziende pensa alla formazione, all’adozione e all’ottimizzazione”.
Secondo Fitzgerald ci vogliono in genere da tre a sei mesi di gestione del cambiamento e formazione per garantire che uno strumento di BI venga utilizzato appieno, sottolineando che “dobbiamo dire alle persone cosa devono considerare per guidare il loro processo decisionale. Esaminate le loro attività quotidiane e cercate di capire dove debba (o non debba) essere utilizzato uno strumento BI”.
Fitzgerald ha lavorato con un’azienda di dispositivi medici che aveva meno del 10% dei suoi venditori che utilizzava una piattaforma BI di recente implementazione, ma ha scoperto che proprio questi lavoratori vendevano di più. I dirigenti dell’azienda hanno quindi mostrato il successo di questi early-adopter e fatto in modo che questi ultimi tenessero sessioni di formazione per insegnare ai loro colleghi come anche loro avrebbero potuto utilizzare la BI per migliorare le prestazioni lavorative.
Democratizzare i dati e responsabilizzare l’utente
“Lo sappiamo tutti: l’analisi dei dati è preziosa solo se risponde alle domande a cui dovete rispondere”, afferma Srivastava, secondo il quale i CIO devono mettere la capacità di “esplorare e interrogare i dati nelle mani dell’utente business”. Ciò significa fornire, ad esempio, funzioni che consentono agli utenti di visualizzare i dati in modi che facilitino i consigli o li portino a nuove query. Secondo Srivastava questa è la democratizzazione dei dati, che avviene quando i CIO “costruiscono strumenti che possono essere utilizzati non solo dai data scientist ma anche dagli utenti business”.
Mettere la governance nella strategia BI
Gli strumenti BI dovrebbero portare i dati a quanti più lavoratori in tutta l’azienda; un’accessibilità che può creare una maggiore visibilità in tempo reale nell’azienda ma potrebbe anche creare rischi per la privacy e la sicurezza se non adeguatamente gestita con i necessari controlli.
La governance dovrebbe riguardare la privacy e la sicurezza dei dati, nonché la conformità normativa, ma secondo Herman la governance dovrebbe includere anche procedure per verificare l’efficacia degli strumenti di BI nel loro ciclo di vita, in modo che i CIO possano identificare gli adeguamenti, i miglioramenti e gli aggiornamenti necessari.
Iterare e avanzare
Come molto altro nell’IT e nel business in generale, una strategia BI efficace comporta miglioramenti iterativi e progressi maggiori verso usi più avanzati dei dati, come l’analisi predittiva e prescrittiva. I dati sono un viaggio e non una destinazione, quindi l’IT dovrebbe continuare a svolgere un ruolo di supporto strategico per comprendere gli strumenti e le tecnologie in evoluzione, con lo scopo di supportare la capacità degli utenti aziendali di accedere e utilizzare i dati.
Kateryna Dubrova, analista di ricerca presso ABI Research, è d’accordo, sottolineando che il programma BI dovrebbe essere in grado di cambiare insieme alle priorità di trasformazione. “L’approccio migliore per la BI è quello iterativo, che porta anche all’espansione quando le unità business scelgono dove o se la BI può soddisfare le loro esigenze. La strategia dovrebbe essere considerata come un processo dinamico e inarrestabile che può prendere qualsiasi decisione futura nel mondo degli affari”.