In collaborazione con Progettare per la sanità Edra

Medicina: precisione e personalizzazione con la stampa 3D

Medicina: precisione e personalizzazione con la stampa 3D
Quello fra stampa 3D e il settore della sanità è un rapporto che cresce nel tempo e che ha avuto un forte sviluppo con la pandemia.

Quello fra stampa 3D e sanità è un rapporto che cresce nel tempo e che ha avuto un forte sviluppo con la pandemia. Michelin, per esempio, ha fornito in un mese 10.000 visiere facciali in policarbonato, sterilizzabili e riutilizzabili, a due dei più grandi policlinici universitari francesi e poi ha messo a disposizione gli stampi a chi li volesse utilizzare.

Nei primi tempi della pandemia, quando mancava l’attrezzatura negli ospedali, in molti si sono messi al lavoro per sopperire alla carenza di forniture ufficiali.

Così a Napoli, grazie all’Università della Campania, è stata avviata la produzione di visiere Shield per gli operatori degli ospedali e in Francia sessanta stampanti 3D sono state messe all’opera per realizzare sempre le visiere.

La carenza di materiali sanitari essenziali – dovute principalmente alle lunghe catene di approvvigionamento ripetutamente interrotte dalla pandemia – hanno aumentato la consapevolezza del valore di avere capacità di stampa 3D nel luogo dove sono effettuate le cure.

In questo modo, offrendo velocità e versatilità, i laboratori 3D hanno potuto adattarsi alla nuova situazione spostando l’attenzione dalla stampa di modelli anatomici per la pianificazione chirurgica alla stampa di dispositivi di protezione individuale.

L’innovazione spinge il mercato

Piccoli episodi dovuti all’emergenza che sono però la spia di un settore che si sta muovendo con velocità e che, secondo le stime di ResearchAndMarkets relative al mercato dei dispositivi medici di stampa 3D dovrebbe raggiungere 5,1 miliardi di dollari entro il 2026 da 2,4 miliardi di dollari nel 2021, con un Cagr del 16,3% durante il periodo di previsione.

La crescita del mercato è dovuto soprattutto ai progressi tecnologici; i crescenti investimenti e finanziamenti pubblici e privati stanno guidando il mercato globale dei dispositivi medici di stampa 3D che rischia però di essere ostacolato da quadri normativi complessi che ritardano l’approvazione di nuovi dispositivi.

La tecnologia viaggia più veloce degli organismi regolatori. I produttori di dispositivi, è l’analisi del report, stanno ottenendo profitti significativi dai servizi rispetto alle vendite di stampanti e materiali.

Al fine di sostenere in questo mercato altamente competitivo, diversi fornitori offrono servizi di abbonamento pay-as-you-go, una scelta che ha portato alla crescita del segmento software e servizi.

Sulla base dell’applicazione, il mercato dei dispositivi medici di stampa 3D è segmentato in strumenti chirurgici, protesi e impianti standard, protesi e impianti personalizzati, prodotti di ingegneria tessutale, apparecchi acustici, dispositivi medici indossabili/impiantati, e altri apparecchi.

Il segmento delle protesi e degli impianti personalizzabili rappresentava la quota maggiore del mercato nel 2020, mentre l’uso della stampa 3D negli impianti craniomaxillofacciali sta aumentando in campo medico e dentistico.

Grazie a questa tecnologia vengono fissate piastre e viti bioresorbibili e di piccole dimensioni, che aiutano a mantenere la forma 3D dell’osso nello scheletro craniofacciale.

Questi impianti possono essere prodotti in modo rapido e economico e sono sterilizzabili. Lbm (Laser beam melting) è la tecnologia più comunemente usata per la fabbricazione di parti in metallo e plastica, come protesi o impianti di piccole dimensioni, strumenti chirurgici e impalcature porose nell’ingegneria dei tessuti e si dimostra la tecnologia più adatta per la produzione di piccole parti, come le cappette dentali e le parti ibride delle macchine per la chirurgia minimamente invasiva, grazie alla sua elevata precisione.

La crescita di questo segmento è attribuita all’idoneità per una vasta gamma di materiali disponibili per la stampa 3D, e non richiede la post-elaborazione dei materiali.

I campi di applicazione

Le possibilità di applicazione della stampa 3d nella sanità sono numerose. Gli impianti ortopedici – dispositivi medici utilizzati per sostituire chirurgicamente un’articolazione o un osso mancante – sono una delle applicazioni che beneficiano maggiormente di questa tecnologia.

Oggi è possibile infatti realizzare una vasta gamma di impianti, compresi quelli spinali, dell’anca, del ginocchio e del cranio. Grazie alla flessibilità di progettazione offerta da questo tipo di tecnologia, gli impianti possono essere progettati con strutture superficiali porose facilitando un’integrazione più rapida tra un osso vivo e l’impianto artificiale. Altro settore di interesse è la chirurgia personalizzata.

Il 3D infatti è sempre più utilizzato per sviluppare modelli di organi e strumenti chirurgici specifici per il paziente, utilizzando le immagini mediche del paziente. Anche i modelli anatomici sono una delle applicazioni più adottate nell’industria medica.

La crescita è favorita dalla maggiore accessibilità del software medico Cad/Cam e delle stampanti 3D desktop a basso costo. In questo modo più ospedali possono aprire laboratori di stampa.

In questi laboratori, i professionisti medici possono produrre modelli tridimensionali ad alta precisione per assistere nella pianificazione pre-chirurgica. I modelli anatomici tridimensionali infatti aiutano i chirurghi a valutare meglio le decisioni di trattamento e a pianificare gli interventi in modo più accurato.

Il Rady Children’s Hospital negli Stati Uniti, per esempio, ha creato un 3D Innovations Lab, dove gli ingegneri medici stampano decine di modelli a settimana. Preparando l’intervento chirurgico utilizzando un modello stampato in 3D, i chirurghi possono ridurre il tempo che un paziente trascorre in sala operatoria. Questo processo porta alla diminuzione delle complicazioni e un migliore risultato a lungo termine per il paziente.

La personalizzazione a basso costo è il driver che guida l’adozione della stampa 3D per i dispositivi medici e dentali. Una stampante 3D richiede solo un file digitale per produrre un dispositivo, il che rende possibile personalizzare un design più facilmente e produrre molti dispositivi diversi in un unico lotto. Inoltre, la tecnologia può essere utilizzata per creare protesi su misura per l’anatomia del paziente, migliorando così la vestibilità della protesi.

La situazione italiana

In Italia la situazione non è da meno. Se ne è parlato anche la recente Congresso nazionale della Società italiana di traumatologia e ortopedia pediatrica (Sitop), dove Pasquale Guida, direttore del reparto di Ortopedia del Santobono di Napoli ha spiegato come “Grazie alla scansione Tac con le acquisizioni tridimensionali e attraverso la collaborazione bio ingegneristica della stampante tridimensionale, il chirurgo arriva al tavolo operatorio con un programma operatorio correttivo già delineato nei minimi dettagli e sicuramente rispondente alle necessità del caso”.

Rispetto alle due dimensioni delle radiografie il salto qualitativo è importante anche perché Non sempre è possibile ottenere una perfetta visione frontale e laterale e sono possibili falsi positivi e falsi negativi”.

L’uso della tecnologia tridimensionale consente invece “una ricostruzione dell’aspetto reale dell’osso in altezza, larghezza e profondità. Il chirurgo potrà effettuare una pianificazione sia dei tagli chirurgici sia degli strumenti di sintesi che utilizzerà sul piccolo paziente, scegliendo grazie al modellino quelli più appropriati ed effettivamente rispondenti alle misure del piccolo paziente nei tre piani dello spazio. Sarà un intervento chirurgico più rapido e soprattutto più preciso”.

L’ospedale Pediatrico Santobono è stato il primo Centro a pubblicare un lavoro scientifico sul Journal Pediatric Orthopedic inglese sull’utilizzo di questa tecnologia nei bambini.

“Dopo avere ottenuto l’autorizzazione dal Comitato etico – ha spiegato Guida -, grazie alla collaborazione con il Cnr, siamo partiti con l’allestimento all’interno del nostro Ospedale di un laboratorio con stampanti tridimensionali, scanner e con un’attiva collaborazione con ingegneri biomedici. La prima esperienza ha visto la realizzazione di un tutore in materiale plastico bivalva in alternativa all’apparecchio gessato per fratture di radio su di una popolazione di circa 40 bambini”.

La stampa 3D è utile anche per le patologie tumorali. Dove prima era previsto il sacrificio dell’arto oggi si tende a salvarlo. L’ospedale napoletano in collaborazione con Flavio Fazioli dell’Istituto oncologico del Pascale e con il polo oncoematologico del Pausilipon, è riuscito a creare un centro nel quale vengono trattati con la tecnica del salvataggio dell’arto osteosarcomi e sarcomi di Ewing.

Grazie alla stampa 3D è possibile stabilire con precisione la quantità di osso da resecare e la tipologia di tagli, per poi impiantare l’osso proveniente da banca con trapianto biologico oppure, dopo esserci confrontati con il laboratorio di biomeccanica, una protesi totalmente artificiale che, oltre a tutto il resto, ha un enorme beneficio economico. Le tre dimensioni sono utili anche per il piede torto congenito. Un 20-25% di casi arriva infatti tardivamente alla diagnosi o tende a recidivare. In quei casi per stabilire il tipo di trattamento da fare, la stampante 3D è di grandissimo aiuto.

L’esperienza di Vicenza

Anche il San Bortolo di Vicenza è impegnato sul fronte dell’innovazione. L’ospedale ha adottato su vasta scala la nuova tecnologia. Dopo una sperimentazione in cardiochirurgia si è passati all’utilizzo nei dieci reparti di chirurgia nei casi di interventi ritenuti difficili.

Il progetto, realizzato grazie al sostegno di aziende del territorio, Confindustria Vicenza e della Fondazione San Bortolo, prevede una serie di vantaggi come ha spiegato Salvatore Barra, direttore sanitario dell’Ulss 8 Berica: “I chirurghi possono vedere più chiaramente aree e situazioni che sarebbero difficili da identificare con la sola diagnostica per immagini: in questo modo possono studiare meglio l’intervento e decidere con maggiore cognizione di causa la metodica più adatta. Con il modello 3D infatti possiamo osservare in modo tangibile l’anatomia del paziente, l’origine e l’angolazione dei principali vasi sanguigni, la sede e l’origine delle lesioni. Vi è poi un altro beneficio, non trascurabile: il modello si è rivelato di grande aiuto nello spiegare al paziente e ai suoi familiari l’anomalia diagnosticata e come l’equipe chirurgica intende procedere, perché il paziente può finalmente vedere dove sta il problema e di fatto toccarlo con mano. L’ultimo aspetto riguarda la didattica: sicuramente poter disporre di una serie questi modelli, ciascuno rispondente ad un caso concreto, è un prezioso strumento per migliorare la preparazione dei nuovi chirurghi”.

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Terapia genica a Roma e Milano

Terapia genica a Roma e Milano
L’Italia in questo segmento vanta una posizione di eccellenza a livello internazionale: sono diverse le terapie avanzate frutto di ricerche all'avanguardia Made in Italy.

Fornire all’organismo una copia corretta del gene difettoso o un altro gene che possa compensarne il malfunzionamento nelle cellule colpite dalla malattia.

È questo l’obiettivo della terapia genica che, come spiega l’osservatorio sulle terapie avanzate, è un concetto che nasce alla fine degli anni ‘80 con le nuove tecniche del Dna ricombinante che permettono di costruire pezzi di Dna contenenti sequenze geniche desiderate.

Con il sequenziamento del genoma e l’avanzare delle biotecnologie sono comparsi i primi risultati nelle sperimentazioni sull’uomo e le prime terapie geniche autorizzate.

Il ruolo del Made in Italy

L’Italia in questo segmento vanta una posizione di eccellenza a livello internazionale: sono diverse le terapie avanzate frutto di ricerche all’avanguardia Made in Italy. L’ultimo esempio arriva dallo studio pubblicato sul New England Journal of Medicine a opera degli scienziati dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma coordinati da Franco Locatelli.

Betibeglogene autotemcel (beti-cel) – più noto con il nome di Zynteglo – ha dimostrato essere utile nel correggere il difetto alla base della malattia genetica. Una correzione che ha portato le persone affette da beta-talassemia a non dover ricorrere più a trasfusioni di sangue.

Un risultato storico che si mantiene nel tempo. A quasi tre danni dalla terapia il 90% dei beta-talassemici coinvolti nella sperimentazione non ha necessitato di alcun intervento.

La beta-talassemia è un gruppo di malattie rare del sangue in cui, a causa di un difetto genico, la produzione di emoglobina è fortemente ridotta o del tutto assente.

La cura consiste in continue e periodiche trasfusioni di sangue che espongono il malato a notevoli effetti collaterali, primo fra tutti un eccessivo accumulo di ferro che può arrivare a danneggiare i diversi organi.

Per questa ragione, oltre alle trasfusioni che hanno l’obbiettivo principale di mantenere adeguati livelli di emoglobina, occorre una terapia ferro-chelante e trattamenti di supporto per gestire le altre complicanze della malattia.

Altra possibilità è il trapianto di midollo da donatore compatibile, una cura possibile solo in un numero limitato di casi. Meno del 40% dei pazienti possiede infatti un donatore compatibile. E ora c’è la terapia genica che prevede il prelievo delle cellule staminali del sangue periferico dei malati.

Successivamente, per ristabilire il corretto funzionamento di queste cellule e dei globuli rossi in cui possono differenziarsi, si inserisce al loro interno una copia funzionante del gene della beta-globina (β-globina AT87Q). Infine le cellule staminali corrette vengono nuovamente infuse nei pazienti per via endovenosa, così da favorire il loro attecchimento nel midollo osseo.

Gli studi di Milano e Perugia

Anche a Milano stanno percorrendo questa strada grazie anche al contributo dell’Università di Perugia. L’obiettivo era di sviluppare l’unica terapia esistente in grado di curare i bambini affetti dalla Leucodistrofia Metacromatica (Mld), una malattia genetica rara fino a oggi incurabile e letale nei primi anni di vita.

La terapia ha ricevuto l’approvazione dall’Agenzia Europea del Farmaco (Ema), diventando un farmaco per terapia genica, il Libmeldy. I risultati ottenuti con il farmaco su 29 bambini affetti da Mld sono stati pubblicati recentemente da The Lancet.

La terapia è stata messa a punto presso il Telethon Institute for Gene Therapy – Ospedale S. Raffaele di Milano in collaborazione con Orchard Therapeutics (Uk) e consiste nel trapianto di midollo di cellule staminali emopoietiche autologhe del paziente, corrette geneticamente con la tecnica della terapia genica, al fine di ripristinare la funzione del gene difettivo.

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