All’Iit il neurone è artificiale
Un team di ricercatori e ricercatrici del centro di Napoli dell’Istituto Italiano di Tecnologia – Iit, coordinati da Francesca Santoro, ricercatrice Iit, capo gruppo presso Forschungszentrum Juelich (Germania) e Professoressa presso Rwth Aachen (Germania), ha sviluppato in laboratorio un modello di neurone artificiale funzionalizzato in modo da mimare la composizione di una membrana cellulare. Lo studio, condotto in collaborazione con l’Università Federico II di Napoli e Rwth Aachen, è stato pubblicato sulla rivista internazionale Advanced materials.
L’ingegneria neuromorfica è un settore della ricerca in fermento e sono numerose le strategie che vengono sondate da gruppi di scienziati e scienziate in tutto il mondo per migliorare la comunicazione tra neuroni compromessa dalle malattie neurodegenerative sempre più frequenti a causa dell’invecchiamento medio della popolazione.
Ingannare le cellule
Il team Iit ha mascherato un dispositivo neuromorfico come una cellula, riproducendo in laboratorio le caratteristiche del doppio strato fosfolipidico tipiche della membrana cellulare sul chip, mirando a due obiettivi: “ingannare” le cellule del sistema nervoso a riconoscere il dispositivo come parte del loro ambiente biologico e dunque avere minor probabilità di rigetto e ottenere migliori risultati in termini di conduzione dell’impulso nervoso tra cellula biologica e chip elettronico biomimetico.
“Il vantaggio di una membrana biomimetica è duplice. Non solo il tessuto biologico non risentirebbe dello shock indotto da un corpo esterno, ma la struttura fosfolipidica di queste funzionalizzazioni dona ai dispositivi elettronici la capacità di tenere memoria degli stimoli esterni, imitando il comportamento plastico dei neuroni” afferma Ugo Bruno, ricercatore Iit e primo autore dello studio.
Lo studio dimostra infatti, che la piattaforma funzionalizzata presenta una memoria a breve termine emulando la plasticità di una sinapsi biologica.
Le sinapsi sono caratterizzate da plasticità, come il pongo sono in grado di adattarsi in base alla modificazione dell’ambiente interno e esterno e di mantenere memoria delle modifiche apportate. Cambiano continuamente per numero e intensità, in un perpetuo equilibrio che consente al cervello di valorizzare alcuni stimoli tralasciandone altri.
Il prossimo obiettivo è di elaborare un dispositivo neuromorfico provvisto di una membrana cellulare più complessa e più simile a quella di una cellula nervosa in grado di rilasciare e ricevere neurotrasmettitori.
Considerando che queste piattaforme biomimetiche sono in grado di replicare le funzioni principali delle sinapsi biologiche, potrebbero essere impiegate come modelli in vitro per studiare i complessi meccanismi neuronali alla base di patologie neurodegenerative e delle disfunzioni sinaptiche.
Nuove ricerche
I promettenti risultati dello studio gettano le basi per nuove ricerche utili al futuro della medicina nell’ambito delle malattie neurodegenerative dove i dispositivi bioibridi funzionalizzati potrebbero introdurre o ripristinare le connessioni neuronali danneggiate, ma anche nell’ambito delle amputazioni, dove questi dispositivi potrebbero fare da ponte tra le terminazioni nervose biologiche preservate e i circuiti delle protesi artificiali robotiche di nuova generazione.
“L’ingegneria neuromorfica – aggiunge Francesca Santonro – è un settore tra i più recenti e in continua evoluzione. Noi ci occupiamo di ricerca di base, quindi di indagare e caratterizzare nuovi meccanismi e dispositivi con la speranza che possano essere un punto di partenza per le tecnologie del futuro. Questo studio valida l’idea di mascherare un dispositivo artificiale con le caratteristiche peculiari delle membrane cellulari consolidando la teoria di utilizzare dispositivi neuromorifici che, benché artificiali, potrebbero effettivamente essere integrati all’interno dei tessuti biologici”.