In marzo si è svolta la Giornata nazionale contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari. Un problema diventato più grave negli ultimi anni e che dal 2016 al 2020 ha registrato oltre 12.000 casi di violenza contro operatori sanitari.

Secondo i dati dell’Inail il 46% degli infortuni è concentrato nell’Assistenza Sanitaria (ospedali, case di cura, studi medici), il 28% nei Servizi di Assistenza Sociale Residenziale (case di riposo, strutture di assistenza infermieristica, centri di accoglienza, ecc.) e il 26% nell’Assistenza Sociale non Residenziale.

Nel 64% dei casi le aggressioni riguardano le donne.

I più esposti al rischio sono soprattutto i medici di Continuità Assistenziale, che sostituiscono i Medici di Famiglia la notte e nei giorni festivi, il 65% dei quali di sesso femminile.

Le ricerche condotte dimostrano che le condizioni di rischio non sono tanto determinate dalla gestione di pazienti in stato di alterazione, quanto da atti volontari perpetrati da persone “normali” che, grazie alla mancata conoscenza da parte del medico di Continuità Assistenziale dei loro dati personali, si sentono protette dall’anonimato.

Corsi e tecnologia

Oltre a dei corsi per la gestione delle situazioni critiche il Sant’Orsola e l’Azienda Usl di Bologna hanno fatto ricorso alla tecnologia avviando la sperimentazione del gilet anti-aggressione per gli operatori sanitari.

In caso di situazione difficile bisogna attivare lo speciale dispositivo che lancia un potente allarme sonoro, contestuale all’invio di una telefonata e di un messaggio con coordinate GPS alla vigilanza interna per il Sant’Orsola e alle Forze dell’Ordine per l’Azienda Usl di Bologna, con accensione di luci led lampeggianti.

Il sistema rileva, inoltre, se la persona è a terra o immobile per troppo tempo e in tal caso invia automaticamente la chiamata di emergenza. Il tutto in un gilet di 190g.

Il dispositivo consente due tipi di attivazione: volontaria schiacciando un pulsante o automatica in caso di un malore con o senza perdita di coscienza.

La tecnologia impiegata è quella del gilet anti-violenza D-One, progettato da D-Air Lab per i runner che si allenano di notte e in luoghi isolati.

È a partire da questo dispositivo che D-Air Lab e i professionisti del Policlinico di Sant’Orsola e della Usl stanno sviluppando il dispositivo Negroli, presidio innovativo per la sicurezza dei lavoratori che applica la tecnologia alle specifiche esigenze del contesto sanitario.

Ad aprile è cominciata la sperimentazione del gilet sul personale sanitario dell’ospedale e della Usl, in particolare su chi ha necessità di spostamenti notturni o lavora spesso in solitudine.

Per il Sant’Orsola si tratta di personale dei servizi Dialisi, Anatomia Patologica, Psichiatria, Anestesia e Rianimazione che per espletare l’attività e fornire consulenze ai pazienti ricoverati nei diversi padiglioni deve necessariamente spostarsi anche di notte e quasi sempre da solo.

L’Usl, invece, sperimenterà il gilet Negroli con gli operatori del 118, del Dipartimento di Salute mentale e Dipendenze Patologiche, e con i Medici di Continuità Assistenziale. La sperimentazione durerà almeno tre mesi e si prefigge di valutare l’utilità del presidio, il gradimento da parte degli operatori, la vestibilità e il confort.

Il progetto deve il suo nome a Filippo Negroli, uno dei più famosi produttori di armature del 1500, la cui bottega realizzava armature rinomate per la raffinatezza della fattura e la magnificenza dell’aspetto, tra le quali un’armatura da parata realizzata per Carlo V.