Nutanix e il canale in Italia: specializzazione, autonomia, MSP e… distribuzione
Nata come pioniere dell’hyperconverged infrastructure (HCI), Nutanix sta attraversando un periodo di transizione dopo la decisione di puntare tutto sulla vendita di solo software in modalità subscription, proponendosi come fornitore di una piattaforma multicloud ibrida aperta e software-defined, “che rende il cloud invisibile”. In Italia la società è presente ormai da 10 anni, con sedi a Roma e Milano, e un ecosistema di partner coordinato dai tre distributori Computer Gross, Exclusive Networks e Systematika.
Dallo scorso febbraio Benjamin Jolivet – già regional manager e in precedenza channel manager di Citrix in Italia – è Director Channel Sales Sud Europa di Nutanix: con lui abbiamo parlato dei più recenti sviluppi della strategia di canale di Nutanix in Italia, e delle iniziative per coinvolgere i partner sulla nuova direzione strategica.
Come procede l’implementazione del partner program Elevate, che avete lanciato due anni fa?
Stiamo lavorando soprattutto sul consolidamento del programma. Non prevediamo di introdurre grandi cambiamenti nel breve termine, perché dobbiamo dare il tempo al programma di dispiegare i suoi effetti: i trend di canale hanno una certa inerzia.
Una delle priorità al momento è insistere sulla specializzazione dei partner, in un contesto in cui Nutanix si sta proponendo ai clienti come riferimento per le strategie di architettura multicloud. Questo richiede competenze non banali, perché andiamo ben al di là della singola soluzione tecnologica. Elevate è pensato per supportare questo posizionamento strategico, incentivando i rapporti di lungo periodo tra partner e cliente, e i modelli di consumption tipici del cloud.
Un altro pilastro di Elevate è l’autonomia dei partner, che è l’altra priorità su cui ci stiamo impegnando nel Sud Europa e in Italia. È un programma nel programma che incentiva con maggiori margini i partner che generano e gestiscono in modo autonomo le opportunità di business su soluzioni Nutanix, minimizzando il nostro coinvolgimento diretto. È un modo per selezionare i partner su cui investire di più, e stiamo introducendo un altro livello di enablement per dare loro la capacità di gestire dall’inizio alla fine i progetti più complessi, in cui l’azienda utente trasforma i propri modelli operativi attraverso la nostra infrastruttura.
In questo programma Autonomy sono coinvolti anche partner italiani?
Sì. Oggi siamo nella fase 1 del programma, abbiamo selezionato 11 partner in Italia, scelti per le loro competenze e per la volontà di impegnarsi su Nutanix con tutta l’organizzazione. Nella fase 2 verranno coinvolti altri 7 partner. Si tratta soprattutto di VAR: l’autonomia presuppone partner con profonde competenze verticali e che indirizzano nuovi clienti. A loro proponiamo programmi di enablement a livello executive, e pianificazione congiunta a livello strategico. Vogliamo essere sicuri che siano capaci di gestire anche le fasi più tecniche di dimensionamento e quotazione dei progetti e seguire la trattativa fino alla fine.
Una componente del programma Elevate riguardava i service provider: a che punto siete?
Su MSP Elevate siamo ancora in fase di “adolescenza”, ma a livello di regione Sud Europa stiamo per accelerare. Abbiamo un bel programma MSP, ma penso ci sia una grossa opportunità per i nostri partner, e anche per noi, di costruire qualcosa di molto più ambizioso. Ho creato un team per consultare i partner, e i primi MSP che hanno aderito, per migliorare il programma, capire come possiamo essere più pertinenti per il loro business, avendo bene in mente che in questo momento ci sono forti pressioni del mercato per spingere gli MSP a puntare tutto sul cloud.
Gli MSP vengono criticati perché fanno leva su data center proprietari che non innovano abbastanza, ma va detto che in questo modo sono stati capaci di costruire servizi davvero ben bilanciati, con un rapporto costi/benefici vantaggioso sia per loro che per i clienti, e che spostandosi sul cloud perdono un po’ di controllo su questi “economics”.
In questo scenario la nostra proposizione si basa su una serie di alleanze, con gli hyperscaler ma anche con operatori come OVHCloud, che propongono un bare metal che permette a un MSP di estendersi nel cloud con un livello più alto di controllo degli economics e di prevedibilità nel lungo periodo. Insomma, il programma MSP Elevate per noi è un elemento di opportunità e di investimento: saremo molto più presenti in questo ambito nei prossimi mesi.
È un programma per partner che avete già o è aperto anche a nuovi partner specialisti MSP?
Vogliamo certamente offrire l’opportunità ai partner consolidati. Aiutarli ad andare verso il modello MSP significa introdurli nella nostra visione di supporto al cliente nel suo percorso verso il multicloud. Nel contempo però lavoreremo anche con operatori che non erano nostri partner prima. Quindi è una strategia mista, rivolta a un core di nostri partner che vogliamo portare in quella direzione, senza forzare nessuno, e anche a operatori che sono veri e propri MSP ma che finora non avevano Nutanix come offerta fondamentale.
Un paio d’anni fa era stata lanciata anche l’offerta Cloud Bundles per i partner che si rivolgono alle PMI: è ancora attiva?
L’obiettivo era facilitare l’adozione di questa fascia di mercato con prodotti entry-level, e vale tuttora, anche perché sul mercato italiano siamo ancora ben lontani dalla saturazione su questa offerta: stiamo facendo diversi ragionamenti per ottimizzarla, nei nostri prossimi annunci di agosto ce ne sarà uno dedicato a Cloud Bundles.
Quale è il filo conduttore di tutte queste iniziative?
Nutanix sta costruendo un ecosistema di alleanze che mostra dove vuole andare. Dietro il nostro motto di far diventare il cloud invisibile c’è una visione completa per aiutare i clienti a far funzionare un’infrastruttura multicloud. Spostare applicazioni attraverso container, su diversi cloud o data center, non è banale a vari livelli. Non siamo gli unici, ma ci distinguiamo per come stiamo accelerando sulle partnership che rendono concreta questa visione.
Dopo aver lavorato tanto sull’infrastruttura, ora rivolgeremo sempre più attenzione a chi fa l’applicazione, al mondo degli sviluppatori. Ci sono diverse modalità di sostenere la fruibilità dell’applicazione, che offrono spazi molto interessanti per i nostri partner e clienti.
È soddisfatto della struttura del canale in Italia?
Non sto puntando ad avere più partner possibile. La direzione in cui stiamo andando richiede tante competenze e tanto impegno. Preferisco avere partner molto convinti, che si impegnano a seguire la trasformazione, piuttosto che un ecosistema attendista, che crede solo ai volumi che possiamo portargli.
Il canale italiano ha eccellenti capacità di essere vicino al cliente, di avere relazioni di lunga durata. È in forte evoluzione e consolidamento, ma pone anche delle difficoltà non banali quando si propone una discussione sul cambiamento e sull’innovazione.
Detto questo, meno del 10% del fatturato di Nutanix arriva dalla vendita diretta: crediamo da sempre nel canale, abbiamo livelli di soddisfazione notevoli dei partner, e vogliamo mantenere a livelli di eccellenza la qualità dei nostri partner program, investendo per migliorare la marginalità dei partner, aggiornare le loro competenze, e renderli più autonomi.
In questo momento stiamo investendo particolarmente sulla distribuzione, a cui alcuni non credono più, sostenendo che andrà a sparire. Noi invece crediamo che il ruolo dei distributori sia insostituibile per i loro servizi di consolidamento che rendono la vita più facile ai partner. Pensiamo al lavoro di selezione e aggregazione sui loro marketplace: forse solo qualche grande VAR è in grado di farlo, non certo le aziende utenti. E poi qui in Italia c’è tutto il discorso dell’interazione con la PA, oggi con il PNRR più che mai ricca di opportunità. Ma chi può sostenere un operatore IT rispetto alla PA e ai suoi tempi, se non i distributori con la loro massa critica?