In collaborazione con Progettare per la sanità Edra

Al Gemelli Training Center arriva una nuova generazione di simulatori

Al Gemelli Training Center arriva una nuova generazione di simulatori
Presentata una serie di modelli per la formazione di studenti e specializzandi per apprendere in sicurezza manovre mediche, rianimatorie e chirurgiche

Al Gemelli training center arriva una nuova generazione di simulatori Simbodies della Accurate, per l’apprendimento di manovre e procedure chirurgiche in situazioni molto simili alla realtà (anche delle emergenze), per apprendere in sicurezza manovre mediche, rianimatorie e chirurgiche, anche in condizioni a elevato impatto emotivo). L’obiettivo è formare i giovani medici in maniera sempre più moderna ed efficace, tenendo conto sia dell’emotività che bisogna imparare a gestire in situazioni emergenziali, sia dell’importanza del saper lavorare in squadra.

Studenti e specializzandi – spiega Raffaele Landolfi, Direttore del Gemelli Training Centerdevono avere solide conoscenze teoriche ma, prima di applicarle al paziente, devono imparare delle tecniche appropriate, devono cioè saper fare, anche in condizioni difficili. L’apprendimento di quello che noi chiamiamo capacità pratiche oggi, a differenza del passato, si può acquisire su un simulatore, in modo da preservare il paziente da possibili errori o manovre non strettamente necessarie. Oggi è possibile sperimentare su un simulatore, fino ad apprenderla nei minimi dettagli, una tecnica chirurgica, una ‘manovra’ ostetrica o da rianimatore, prima di eseguirla su un paziente in carne ed ossa. Al Gemelli utilizziamo da tempo dei manichini, per l’apprendimento pratico di una serie di manovre. Ma la straordinaria novità che presentiamo è l’applicazione di queste tecniche in contesti di simulazione avanzatissima, che consentono l’apprendimento in condizioni difficili, emergenziali, come in caso di traumi, di incidenti stradali o di catastrofi naturali e non (incendio in ospedale, amputazioni d’emergenza), lavorando in squadra con altre persone. Condizioni che mettono alla prova la tenuta psicologica e l’efficienza del lavoro del medico in condizioni difficili insomma. Manichini iperrealistici sui quali lavorare con la realtà virtuale, attraverso degli appostiti ‘occhiali’, per realizzare esperienze immersive di grande impatto, che danno la sensazione di trovarsi a operare un paziente vero”.

I manichini iperrealistici resteranno a disposizione degli studenti del Gemelli e dell’Università Cattolica, all’interno di corsi appositamente organizzati. “Ogni sei mesi – prosegue Landolfiavremo a disposizione anche tutti gli aggiornamenti e i nuovi software; il ritmo di innovazione di queste tecnologie di apprendimento è impressionante e anche molto più rapido di quello delle vere tecnologie mediche. Tra l’altro la simulazione può essere utilizzata non solo per rendere più efficiente l’apprendimento ma anche per migliorare la valutazione delle conoscenze e delle capacità dei futuri medici”.

Anche la realtà virtuale

Tra i vari manichini presentati oggi, c’è Victoria, un simulatore avanzato di parto dotato di un modulo di realtà aumentata e progettato per aiutare gli studenti a colmare il divario tra teoria e pratica con una curva di apprendimento particolarmente veloce. Utilizzando la più recente tecnologia di visualizzazione olografica, sovrapposta al simulatore-paziente, sarà possibile collegare conoscenze teoriche e abilità pratiche, attraverso un’esperienza formativa completamente nuova. I discenti potranno gestire in totale sicurezza le varie situazioni di parto complicato (come il parto podalico, quello distocico di spalla, le emorragie), oltre a eseguire in simulazione un parto cesareo. Accanto a questo, era presente anche uno skill trainer ad alta fedeltà, “Sophie e la sua mamma”, un simulatore di parto completo.

Per il settore rianimazione, c’erano i simulatori iperrealistici Simbodies con moduli trauma, il simulatore avanzato Apollo con il modulo ecografia; il simulatore Lungsim per la ventilazione meccanica, il Blocksim che insegna a fare le anestesie loco-regionali e EigenFlow, il simulatore per Ecmo (Extracorporeal Membrane Oxygenation), il sistema che in questi due anni ha aiutato a sopravvivere all’insufficienza respiratoria grave di tanti pazienti con Covid-19.

Nella sessione realtà virtuale sono stati presentati tra gli altri dei software 3D di anatomia virtuale con visori Oculus Quest, dei simulatori di ecografia, il software Verima Educational per la segmentazione di Tac e risonanze magnetiche in ologrammi per la formazione e il planning all’intervento chirurgico.

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Gruppo San Donato, un CRM per gestire i pazienti internazionali

GSD Denti Sukhneva
“Vogliamo testare il software sul patient journey più complesso che abbiamo, e distinguerci dai concorrenti evidenziando la qualità organizzativa oltre che quella clinica”

Il caso del Gruppo San Donato (GSD) esposto al recente Salesforce Live di Milano (qui il reportage dell’evento) presenta diversi elementi di interesse in tema di digitalizzazione della sanità, sia per l’ambito di applicazione, che è la divisione pazienti internazionali del gruppo, sia per le stesse dimensioni di GSD, che è il più grande gruppo ospedaliero privato italiano, con 56 strutture, tra cui gli ospedali San Raffaele e Galeazzi di Milano e il Policlinico San Donato, oltre 7700 medici, e 4,7 milioni di pazienti annui.

La divisione pazienti internazionali di GSD offre servizi clinici appunto a cittadini esteri, nell’ambito di un business – il turismo sanitario, o “medical tourism” – che vede milioni di persone in tutto il mondo viaggiare in cerca di cure che nel loro paese sono inaccessibili, o più care a parità di qualità, o hanno tempi d’attesa troppo lunghi: dalle protesi dentarie alle operazioni cardiache, fino ai trattamenti antitumore sperimentali. Solo per citare un paio di fonti, secondo Fortune Business Insights questo mercato vale 14 miliardi di dollari e cresce del 21% medio annuo, secondo Statista addirittura oltre 54 miliardi.

In questa divisione il Gruppo San Donato ha implementato una customizzazione di Salesforce Health Cloud, che per ora permette la vista unica del paziente e di tutte le sue informazioni – anagrafica, esami e referti sanitari, cartella clinica, documenti amministrativi, eccetera – con possibilità per il personale di definire e portare avanti il piano di cura (care plan), in vista di ampliamenti funzionali nei prossimi mesi. L’utilizzo della piattaforma è estendibile ai pazienti e a vari utenti esterni, come assicurazioni, partner del turismo sanitario, medici curanti locali, eccetera.

Con Marco Denti, Head of Software Factory & Innovation ICT di GSD, e Yulia Sukhneva, International Marketing and Communication di GSD, abbiamo approfondito qualche dettaglio di questo progetto.

Come nasce l’idea di sperimentare un CRM nella divisione pazienti internazionali?

Sukhneva: avevamo bisogno di un sistema affidabile per ricevere e custodire i dati di questi pazienti, che devono mandarci la documentazione clinica da altri paesi. L’email non è un canale sicuro, qualche paziente per sua scelta usa whatsapp, qualche altro wetransfer, ma in prospettiva non possiamo permetterci di non avere uno strumento adeguato per gestire queste pratiche.

Altro motivo importante è che ci sono tanti ospedali con medici competenti nel mondo e in Italia, ma pochi hanno un servizio strutturato per pazienti internazionali. In questo caso quando l’offerta clinica è più o meno equivalente, un sistema CRM può aiutare a distinguersi rispetto ai concorrenti.

Germania, Spagna, Israele, Turchia hanno lavorato molto sul turismo medicale, noi crediamo che con un sistema CRM si possa far percepire al cliente la qualità del servizio anche dal punto di vista organizzativo oltre che clinico.

Un terzo motivo è che questo progetto non richiedeva tanti investimenti: ci aspettiamo che in un anno si ripaghi.

Denti: Sul lato IT abbiamo visto la possibilità di sviluppare un MVP (Minimum Viable Product, ossia progetto pilota, ndr) su questo tipo di paziente molto particolare, per testare Salesforce sul “patient journey” più complesso e particolareggiato che viene gestito in GSD.

Perché il paziente internazionale è così particolare?

Denti: l’ufficio internazionale di GSD si occupa di pazienti esteri nell’ambito del business chiamato turismo sanitario. Per fare solo un esempio, il flusso di pazienti russi verso le strutture sanitarie in Germania è arrivato a valere 4 miliardi di euro l’anno. Le strutture italiane di eccellenza non hanno niente da invidiare a quelle tedesche. Quello che manca è il contorno, cioè il marketing delle capacità e dei risultati sanitari, e la capacità di gestione logistica di questi pazienti: parliamo in alcuni casi di persone che stanno in Italia settimane per operazioni complesse e riabilitazioni e si portano dietro la famiglia, che va gestita attraverso appositi servizi di conciergerie.

Quanto incide sul fatturato di GSD questo business?

Sukhneva: è partito 7 anni fa e non rappresenta ancora una percentuale significativa, rispetto al fatturato di 1,7 miliardi annui del gruppo, ma è in crescita. L’anno scorso abbiamo gestito circa 4000 pazienti internazionali. L’anno più critico è stato il 2020 per via dei lockdown, ma con la riapertura nel 2021 siamo subito tornati ai livelli di prima. I mercati principali sono costituiti dai Paesi MENA (Medio Oriente e Nord Africa, ndr), mentre al secondo posto abbiamo sempre avuto la Russia e i paesi ex-sovietici, che hanno affrontato una crisi passeggera negli ultimi mesi a causa della situazione geopolitica. Dopo lo shock iniziale tuttavia il flusso sta tornando ai consueti ritmi.

Come erano gestiti i pazienti interrnazionali prima di questo progetto?

Denti: fino a due mesi fa l’ufficio internazionale lavorava con strumenti di produttività personale. Come IT vogliamo offrire le migliori soluzioni a disposizione, per cui abbiamo fatto un lavoro di software selection, e Salesforce Health Cloud ci è sembrata la soluzione più adatta, perché è una piattaforma solida e strutturata, ma con notevoli gradi di libertà nella configurazione, cosa che ci serviva perché questo tipo di processo è molto personalizzato, richiede un continuo lavoro di riadattamenti e fine tuning. E poi ha tempi di adozione ridotti ed è semplice da usare: non possiamo affidare a infermieri e medici strumenti complicati, devono poter accedere a tutte le informazioni del paziente da tutti i canali in modo semplice, anche in un gruppo complesso come il nostro, con 19 ospedali e decine di cliniche.

Chi sono gli utenti del nuovo sistema?

Denti: un po’ tutto l’ospedale. Lo utilizza il patient manager, la persona dell’ufficio internazionale che prende il lead, il primo contatto del paziente, e organizza il viaggio in Italia, ma anche tutti coloro che entrano in contatto con il paziente nel suo percorso di cura. Quindi il medico, in collaborazione tra team diversi per capire qual è la soluzione clinica migliore, gli infermieri per aggiungere informazioni sui farmaci e sul percorso di riabilitazione, e l’amministrazione sia per la parte di preventivazione che di fatturazione. Insomma il percorso di questo tipo di paziente va a toccare tutte le aree aziendali e ha una componente fondamentale ovviamente di patient experience complessiva sia sanitaria che logistica.

Ci sono integrazioni anche con altri sistemi aziendali?

Denti: al momento no. L’importante per noi, visto che il Covid ha rallentato anche l’attività dell’ufficio internazionale, era andare in produzione il prima possibile, senza tutte le integrazioni con gli altri sistemi lungo il processo. Però l’obiettivo ora è duplice: estendere il sistema internamente nell’ospedale, e darlo come strumento a più medici possibile, in modo da poter offrire ai pazienti un servizio migliore. E poi capire in corso d’opera quale sia l’ordine di priorità più indicato per le decine di integrazioni che dovremo fare.

Salesforce era già utilizzato all’interno di GSD?

Denti: no. Non abbiamo ancora un CRM centralizzato. Abbiamo altri progetti in corso al momento, di digitalizzazione, di disintermediazione dei sistemi che il paziente deve usare per entrare in contatto con noi. Alcune cose le abbiamo anche realizzate con la Software Factory interna, per esempio la prenotazione delle prestazioni ambulatoriali in solvenza e in convenzione, e il download dei referti.

Per quanto riguarda il CRM, in alcuni ospedali come il San Raffaele abbiamo soluzioni locali. Stiamo lavorando sull’idea di un sistema centralizzato: è un tema complesso perché è tecnico ma è anche organizzativo, e abbiamo 19 ospedali molto diversi tra loro, come dimensioni, collocazione geografica e specializzazioni.

A che punto siete del progetto?

Sukhneva: abbiamo terminato la fase 1, entro poche settimane partirà la fase 2, che comprende la parte di customer satisfaction, le valutazioni del paziente, e probabilmente funzioni di visualizzazione delle immagini integrata, marketing, analytics ed e-commerce.

Aziende:
Salesforce
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