Talenti IT: le nuove esigenze dei professionisti e la risposta delle aziende
Se “empatia” è stata la parola chiave del 2021, oggi nell’ambiente di lavoro le persone cercano attenzione a sostenibilità, inclusione e crescita personale. E’ la nascita della “relatable organizazion”, l’azienda empatica, connessa e sostenibile, come la definisce la società di ricerca Mercer nel report Global Talent Trends 2022. L’indagine ha coinvolto circa 11mila manager, professionisti HR e lavoratori per capire le sfide attuali del mondo del lavoro e come le aziende intendono affrontarle. La continua mancanza di talenti IT, unita al fenomeno delle Grandi Dimissioni, richiede infatti nuove strategie per coinvolgere e trattenere i talenti.
Considerando il settore tecnologico, le priorità degli HR italiani per i prossimi due anni sono aumentare l’agilità, pianificare strategie di buy/build/borrow dei talenti e investire in programmi di upskilling e reskilling. Per il 39% l’ostacolo principale alle strategie di trasformazione aziendale è il turn over, mentre il 45% dei lavoratori dichiara di voler cambiare lavoro a breve. D’altro canto, un CEO su due dichiara di aver difficoltà a trovare i talenti giusti per la forte competizione sul mercato.
“Oggi le aziende devono affrontare diverse sfide e ogni leader le affronta con strumenti diversi, in un contesto di profonda stanchezza delle persone, che chiedono equilibri e modalità di lavoro differenti rispetto al passato”, conferma Elena Braida, Leader della HR Transformation Practice di Mercer Italia. “La mancanza di talenti IT è un problema che coinvolge tutte le aziende. In questo scenario complesso, la tecnologia può fare da abilitatore per accelerare e semplificare i processi di trasformazione e rendere le aziende più attrattive”.
Una sola azienda, tante esigenze e priorità diverse
Dalla fotografia del Global Talent Trends emerge una apparente distanza tra le priorità di CEO, manager, HR e lavoratori.
I CEO, ancora preoccupati della pandemia, sono orientati alla resilienza del business e all’accelerazione della iniziative di trasformazione digitale, in parte rallentate dalla difficoltà di reperire le competenze necessarie. Gli executive stanno affrontando una importante fase di cambiamento, ma lamentano di non avere gli strumenti necessari e il problema del taglio dei costi, fattori che ostacolano l’innovazione. “Gli executive inoltre dicono che ci sono troppe distrazioni per le persone, che vengono ‘tirate per la giacchetta’ e sono distratte da troppe iniziative e attività”.
Impegnati su una nuova modalità operativa di pianificazione del lavoro, i responsabili HR stanno affrontando i temi di upskilling e reskilling. “Gli HR sono chiamati a indirizzare le politiche di build – buy – borrow, ovvero capire quali competenze sviluppare internamente, quali prendere da fuori o da altri”.
“Oggi tutte le aziende chiedono competenze digitali, non sono le aziende del settore tecnologico, quindi c’è grande competizione. Le figure più ricercate sono data scientist e Chief digital officer, ma sono figure nuove e quindi è necessario capire come misurare queste competenze e come trovarle sul mercato”, sottolinea Braida. “Sui tavoli delle HR ci sono tutte queste tematiche, con maturità diverse a seconda delle aziende. Le digital native in questo momento sono avvantaggiate, le aziende più tradizionali fanno fatica a reperirle perché è sono attrattive sul mercato”.
E cosa chiedono i lavoratori? “La parola chiave è l’employee experience: oggi le persone cercano un’esperienza unica e vicina al proprio fabbisogno. Dal report, e dal dialogo diretto con le aziende, emergono situazioni di stanchezza e burn out, che si sommano alla complessità organizzativa. Per questo i lavoratori chiedono la semplificazione dei processi e di poter accedere ai servizi aziendali in maniera facile e da qualsiasi luogo”.
La crescita personale e professionale vanno di di pari passo, e il modo in cui le aziende rispondono a queste esigenze determina la volontà di restare o cercare un nuovo lavoro. “I talenti scelgono aziende che permettono di far evolvere e maturare le loro competenze. Questo significa riuscire a dare un’esperienza unica sia verso l’interno, ai propri dipendenti, sia verso l’esterno, a chi fruisce dei prodotti e dei servizi dell’azienda”.
La tecnologia come fattore di semplificazione e armonia
“In questo contesto, la tecnologia può essere un fattore abilitante e armonizzante nel percorso di trasformazione. Non risolve la complessità, ma favorisce, semplifica e accelera il rinnovamento dei processi”, afferma Elena Braida.
Nel biennio 2020-21, le aziende hanno investito in strumenti di collaborazione e comunicazione, strumenti per gestire lavoro ibrido e remoto, sistemi di HCM (Human Capital Management). “A seguito della pandemia, le aziende hanno investito in nuovi strumenti digitali, che hanno supportato il business ma hanno anche introdotto un cambio culturale”.
Per il 2022 le principali voci di investimento sono strumenti di pianificazione della forza lavoro, a supporto di politiche di build/buy/borrow, e strumenti di ascolto delle persone. “Emerge sempre più la necessità di avvicinarsi alle persone, che chiedono un’experience diversa e un miglior bilanciamento vita-lavoro. Attraverso gli strumenti digitali i professionisti HR possono avviare progetti di employee engagement, survey, focus group: raccogliere e ascoltare la voce delle persone per promuovere iniziative che possano colmare eventuali gap e prevenire dimissioni e turnover”.
La “nuova pelle” della funzione IT
“Oggi l’IT è una funzione in grande trasformazione, si è rinnovata e ha dovuto in certo senso ‘cambiare pelle’ per rispondere a sfide importanti, sia verso l’interno che verso l’esterno dell’azienda. Se fino a qualche anno fa l’IT serviva l’interno con i classici strumenti e tool di supporto per le operazioni, oggi con la trasformazione digitale ci sono necessità e pretese uniche da parte dei dipendenti, molto impattanti sull’IT. Per soddisfare queste richieste, alcune aziende hanno istituito la figura del Chief digital officer”, dice Elena Braida. E ci sono sfide anche verso anche l’esterno, ovvero il business e le funzioni di linea, dove si richiedono investimenti, iniziative e successi importanti.
Per raggiungere gli obiettivi diventano fondamentale il dialogo e l’interazione tra le diverse funzioni. “L’IT si trova a lavorare ancor più vicino alle altre funzioni aziendali, per poter soddisfare sia le esigenze dei clienti interni, i dipendenti, sia le richieste aziendali”.
“La parola chiave è la collaborazione tra IT e funzione servite, un elemento importante su cui le aziende si trovano a livelli di maturità differenti”, conclude Elena Braida. “Solo se IT, HR e management sono veramente integrati, capiscono i rispettivi vincoli e fabbisogni, mettono a sistema forze e competenze verticali, le iniziative di trasformazione digitale possono aver successo”.