Chip e pasticcio tessera sanitaria: ma se abolissimo la scadenza?
La crisi nella produzione e consegna dei semiconduttori colpisce anche la pubblica amministrazione, che non riesce ad approvvigionarsi dei microchip da inserire nelle tessere sanitaria/carte nazionali dei servizi da distribuire ai cittadini. Chi ha una carta in scadenza se ne vedrà recapitare una priva del chip necessario alle funzioni più avanzate per l’identità, l’accesso ai servizi in rete e la firma digitale.
Per consentire l’utilizzo di queste funzionalità, verrà estesa fino alla fine del 2023 la validità delle tessere scadute. La procedura non è automatica e richiede che l’utente abbia un lettore di smart card compatibile e utilizzi uno strumento software disponibile, purtroppo, solo per Windows (a questa pagina ci sono le istruzioni e il link per scaricare il programma). Dopo l’aggiornamento da farsi necessariamente su un computer Windows, la carta sarà utilizzabile come in precedenza anche su sistemi macOS e Linux.
La procedura ha anche altre complicazioni: prevede che la vecchia carta non sia ancora scaduta, di conoscere i codici PIN e PUK che sono stati inviati insieme alla carta, sei anni fa, e i software da installare variano in base a dei numeri di serie stampati sulla carta stessa.
Se si è riusciti a prorogare la validità della vecchia carta, sarà comunque necessario avere sempre con sé anche la nuova carta senza chip che sarà inviata per posta. La vecchia tessera sarà infatti utilizzabile solo per le operazioni digitali che utilizzano il PIN, mentre per altre operazioni – come l’accesso ai certificati verdi Covid – sarà necessario utilizzare le informazioni della tessera nuova.
Ma perché la tessera sanitaria deve avere una scadenza?
Alla sua introduzione il sistema della tessera sanitaria e carta nazionale dei servizi era sicuramente all’avanguardia, tanto che si è dovuto attendere parecchi anni prima che fossero disponibili dei servizi centrali in grado di sfruttarne appieno le funzionalità, molte delle quali in ogni caso sono utilizzate da una ridotta parte della popolazione (fondamentalmente, solo da chi ha bisogno di apporre firme digitali).
Alcune funzioni legate all’identità sono infatti state rimpiazzate dallo SpID, che non richiede di avere un lettore di smart card.
La vera domanda però è: perché la tessera sanitaria deve essere sostituita ogni sei anni, anche se funziona benissimo, con considerevoli costi per la pubblica amministrazione? Se è stato possibile prorogare di quasi un anno e mezzo i certificati digitali presenti nel microchip, perché non possiamo decidere di prorogarli di 10, 20 anni, a vita?
Ora, sicuramente in alcuni casi ci sono validi motivi per sostituirle (per gli immigrati ad esempio viene emessa una tessera sanitaria che ha la stessa scadenza del permesso di soggiorno; l’evoluzione tecnologica potrebbe portare alla necessità di avere chip differenti, per esempio per il supporto dei sistemi contactless). Ma in tutti gli altri casi, perché sostituire circa 10 milioni di carte all’anno quando le informazioni che contengono non sono cambiate?
Se il problema è che alcuni processi interni della PA prevedono una scadenza, cambiamo i processi invece delle tessere. E non mi si venga a dire che è per evitare che la carta venga utilizzata quando il proprietario è deceduto o si è trasferito: ci sono senz’altro modi per fare questa verifica su questioni importanti, ma soprattutto: questo significa che riteniamo tollerabile che di una carta si possa abusare tranquillamente per anni e anni prima che venga sostituita?
In molti altri paesi europei la tessera sanitaria, così come altri documenti di identità, vengono sostituiti solo in caso di smarrimento, furto o danneggiamento. Se si può fare altrove, possiamo farlo anche qui.
Con il passaggio al Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0 la pubblica amministrazione centrale sta riprendendo in parte il controllo sulle linee di indirizzo per la progettazione e l’utilizzo dei servizi sanitari per i cittadini, attualmente distribuiti in modo disomogeneo in seguito al decentramento regionale introdotto con la (sciagurata, a mio avviso) riforma del Titolo V della Costituzione. Non sarebbe male cogliere l’occasione per ripensare un sistema più efficiente ed economico per gestire una cosa molto piccola, ma che sta nelle tasche di tutti i cittadini.