Realtà estesa: a che punto siamo, cosa manca e i problemi che ci attendono
La scorsa settimana Qualcomm ha offerto una presentazione completa sulla sua posizione odierna nei confronti della realtà mista (MR – Mixed Reality). Questo è uno sviluppo importante perché Qualcomm è il fornitore di tecnologia chiave per le soluzioni MR. Ad oggi, questo settore ha visto un successo crescente nel mondo professionale tra formazione, produzione e riparazione in particolare in ambiti come quello aerospaziale, dove il visore di realtà aumentata HoloLens di Microsoft è stato ampiamente adottato. Meta è il leader della realtà virtuale sul lato consumer del mercato grazie al suo visore Quest 2, ma sta faticando a far entrare i suoi prodotti (anche software) nello spazio professionale-industriale.
I quattro tipi di realtà estesa
In questo speciale abbiamo deciso di usare il termine realtà estesa come nome della classe principale, da cui dipendono le sottoclassi di VR/MR (realtà virtuale e realtà mista), realtà aumentata (AR) standalone, visori AR e smartglass. Il binomio VR/MR è ciò a cui pensiamo quando parliamo di immersività. Entrambe le tecnologia richiedono che l’intera immagine sia renderizzata, con la differenza però che nella VR tutto è immaginario mentre nella realtà mista l’immagine è in parte reale. Con la realtà virtuale, l’intera scena esiste solo nel software, nulla è reale e le telecamere di tracciamento esterne o direttamente nel visore sono per lo più utilizzate per impedire di farsi male andando a sbattere contro mobili o altri oggetti di arredamento in casa o in ufficio. La realtà mista, invece, utilizza le telecamere per riprendere l’ambiente circostante, per poi eseguire il rendering della scena con un mix di immagini generate al computer e immagini renderizzate di ciò che ci circonda.
Questa è potenzialmente la più realistica delle soluzioni miste, ma richiede un’enorme potenza di elaborazione, spesso soffre di problemi di latenza, l’hardware è piuttosto pesante e scomodo e tende a prestarsi a soluzioni connesse a un secondo dispositivo come un PC (non si parla quindi di standalone). Il binomio VR/MR è utilizzato soprattutto per la formazione immersiva (la US Space Force la sta usando ad esempio per l’addestramento alle battaglie nello spazio) e l’intrattenimento. Tra i visori migliori in questo ambito spiccano soprattutto i Varjo e il Reverb G2 di HP (ottima opzione entry-level).
Lo realtà aumentata standalone è ben rappresentata dagli occhiali smart HoloLens di Microsoft e ThinkReality A6 di Lenovo; questi ultimi sono simili agli HoloLens, ma hanno il merito di spostare parte del peso dalla testa alla vita per un migliore utilizzo sulla lunga distanza . Questa tecnologia proietta un’immagine renderizzata sulle lenti di occhiali trasparenti e consente alle immagini di fluttuare come fantasmi davanti agli occhi dell’utente. Utilizzata nella produzione e nell’assistenza sul campo (e con interessanti casi d’uso nel settore sanitario), la realtà aumentata standalone si è rivelata particolarmente utile per lavori produzione non ripetitivi e nell’ambito dell’industria aerospaziale.
Il visore AR è una variante di quanto sopra e in genere utilizza uno smartphone collegato via wireless a degli smartglass per ridurre i costi fornendo prestazioni e funzionalità simili; ci riferiamo ai Google Glass, il cui insuccesso ha però frenato per anni la produzione di altri prodotti simili. Infine, troviamo i cosiddetti occhiali “head-mounted display”. In questo caso il display prende il posto dello schermo dello smartphone o del PC. Questi prodotti sono utili per guardare video, in particolare quelli con contenuti che non si vuole che siano visti anche da altre persone. Un head-mounted display come il Lenovo ThinkReality A3 Smart è utilizzato non a caso per la formazione riservata in aree pubbliche o per fornire esperienze su grande schermo utilizzando dispositivi portatili. Anche se questo non è davvero un dispositivo AR, potrebbe evolversi in qualcosa di molto simile e fondersi con il segmento dei visori AR.
Cosa manca al momento
Nessuna di queste soluzioni è ancora veramente matura, ma oggi sia la VR/MR, sia l’AR standalone sono in produzione e stanno mostrando giorno dopo giorno la loro utilità in alcuni ambiti ben precisi. I visori AR, che come abbiamo già detto sono stati “paralizzati” dal flop dei Google Glass, e gli head-mounted display sono ancora agli inizi, ma avanzano rapidamente. Ciò che manca per l’immersione nella VR/MR è una strumentazione per l’intero corpo umano in modo da poterci muovere e interagire nel mondo virtuale come si farebbe nel mondo reale. La scansione delle mani con le fotocamere integrate non è ancora del tutto affidabile e l’uso di un controller esterno crea una disconnessione tra il modo in cui si desidera interagire con un mondo virtuale e il modo in cui è necessario reagire al suo interno. Questo è particolarmente problematico con la realtà mista perché si usano le mani per toccare oggetti reali e il controller per toccare oggetti renderizzati, il che rovina l’esperienza. Ciò che servirebbe davvero è un modo per portare senza soluzione di continuità una persona nel mondo virtuale e consentire a essa di utilizzare tutte le parti del suo corpo per interagire con quel mondo.
L’AR standalone ha invece avuto problemi con la solidità degli oggetti su cui stanno lavorando Qualcomm e altri produttori. Una volta che questi problemi saranno risolti, gli oggetti sottoposti a rendering appariranno più solidi e meno simili a immagini spettrali parzialmente trasparenti. Ma i casi d’uso permessi dall’AR standalone sono molto ben sviluppati e oggi rendono questa soluzione la più attraente tra tutte le altre. I visori AR hanno problemi simili all’AR standalone ma stanno funzionando ben al di sotto del loro potenziale, considerando che dovrebbe essere meno costosi dell’AR standalone offrendo però vantaggi simili.
Gli head-mounted display sono in circolazione dai primi anni 2000 e dovrebbero essere quindi avvantaggiati rispetto alle altre tipologie di prodotti. Il problema, in questo caso, è stato da sempre quello di mettere le persone a proprio agio nell’indossare occhiali smart e di fornire un modo per usarli per qualcosa di più della semplice visualizzazione di video. Potrebbero eventualmente sostituire i monitor (ma gli utenti avrebbero prima bisogno di un modo migliore di guardare in basso e vedere le loro mani e la scrivania) o addestrare le persone a digitare senza guardare la tastiera, ma al momento la loro utilità rimane limitata.
Cambiare il modo in cui interagiamo con la tecnologia
Queste soluzioni, man mano che maturano, cambieranno il modo in cui interagiremo con i nostri smartphone e PC. Una volta che si potrà fornire l’esperienza di un grande display sulle lenti di un paio di occhiali e portare in cloud opzioni come Windows 365, il nostro computer potrà spostarsi completamente nel cloud e avremo solo bisogno di un dispositivo wireless con connettività 5G/6G e non più di un PC completo. Questi dispositivi stanno già cambiando il modo in cui alcuni settori industriali formano i dipendenti e in cui costruiscono e riparano prodotti. Col tempo, ciò che è sulla nostra scrivania potrebbe cambiare completamente e persino persino rendere obsoleta la scrivania stessa.