Business intelligence: 6 sfide che i team IT devono affrontare
Ogni giorno, organizzazioni di ogni tipo sono sommerse da dati provenienti da una grande varietà di fonti e tentare di dare un senso a tutto ciò può essere soverchiante. In questo scenario una solida strategia di business intelligence (BI) può aiutare a organizzare il flusso di dati e garantire agli utenti business l’accesso a informazioni aziendali fruibili.
“Entro il 2025, si stima che avremo 463 milioni di terabyte di dati creati ogni giorno” afferma Lisa Thee, responsabile del settore Data for Good presso Launch Consulting Group. “Affinché le aziende rimangano in contatto con il mercato, siano reattive e creino prodotti che si connettono con i consumatori, è importante sfruttare le informazioni che emergono quotidianamente da questa mole di dati”.
Il software di business intelligence aiuta le aziende a fare proprio questo, inserendo i dati giusti in report analitici e visualizzazioni in modo che gli utenti possano prendere decisioni informate. Ma senza il giusto approccio all’implementazione di questi strumenti, le organizzazioni devono ancora affrontare diversi problemi per massimizzare il valore e raggiungere gli obiettivi aziendali.
Ecco sei sfide comuni che le aziende devono affrontare in ambito BI e come l’IT può superarle.
Bassi tassi di adozione da parte degli utenti
È fondamentale per le organizzazioni che desiderano realizzare i vantaggi degli strumenti di BI ottenere immediatamente il buy-in da tutte le parti interessate, poiché qualsiasi riluttanza iniziale può comportare bassi tassi di adozione. “Il problema numero uno per il nostro team di BI è convincere le persone che la business intelligence aiuterà a prendere vere decisioni basate sui dati” afferma Diana Stout, analista aziendale senior presso Schellman, un valutatore globale della sicurezza informatica con sede a Tampa, Florida.
Per ottenere il buy-in dei dipendenti, il team di Stout crea dashboard di BI per mostrare loro come possono facilmente connettersi e interagire con i dati, oltre a visualizzarli in modo utile e significativo. “Ad esempio, supponiamo che uno stakeholder pensi che una determinata linea di prodotti sia la più redditizia”, afferma Stout. “Posso costruire una dashboard e mostrargli che ciò che pensa è corretto, oppure posso dimostrare che si sbaglia e perché”. Ciò consente agli utenti di vedere il valore dell’adozione di strumenti di BI.
Determinare quale metodo di delivery si adatta meglio
Esistono molti modi tradizionali gestiti dall’IT per fornire report e approfondimenti provenienti dai dati. Ma utilizzando strumenti di BI self-service, con dashboard e interfacce utente più intuitive, le aziende possono semplificare i loro processi consentendo ai manager e ad altro personale non tecnico di gestire meglio i report e, quindi, ricavare maggiore valore aziendale dai dati.
Ci possono essere, tuttavia, ostacoli all’adozione dell’approccio self-service. Avere troppo accesso in molti reparti, ad esempio, può portare a una “cucina piena di cuochi inesperti” che aumentano i costi ed espongono l’azienda a problemi di sicurezza dei dati. Il controllo centralizzato e standardizzato sull’implementazione degli strumenti è fondamentale. E per farlo correttamente, l’IT deve governare bene i dati.
A causa di questi compromessi, le organizzazioni devono assicurarsi di selezionare l’approccio di business intelligence più adatto per l’applicazione aziendale in questione. “Abbiamo più di 100.000 collaboratori che lavorano per noi” afferma Axel Goris, responsabile globale dell’analisi visiva presso Novartis, multinazionale farmaceutica con sede a Basilea, in Svizzera. “Una sfida chiave per noi è stata l’organizzazione della delivery, perché un’azienda farmaceutica è altamente regolamentata”.
Un modello di distribuzione BI gestito dall’IT, spiega Goris, richiede un grande sforzo che non funzionerebbe per alcune parti dell’azienda. “Questo perché si pensa che sia eccessivamente complesso e perché tutti vogliono muoversi più velocemente ed essere più agili. E se l’IT è il punto di riferimento per la delivery, allora l’IT diventa un collo di bottiglia perché non siamo abbastanza grandi per accontentare tutti”.
Per affrontare questa sfida, Novartis ha implementato entrambi i tipi di delivery della business intelligence: il metodo gestito dall’IT e l’approccio self-service gestito dal business. “Con quest’ultimo, forniamo le piattaforme e gli strumenti adatti e consentiamo all’azienda, entro determinati parametri, di fare da sola e di utilizzare i suoi fornitori preferiti e questo è un metodo molto popolare”, afferma Goris, aggiungendo che alla fine tutto si riduce a determinare “come possiamo servire tutti nell’azienda o consentire agli utenti di BI di servirsi da soli in modo scalabile”.
Integrare o meno i dati
Man mano che le organizzazioni si trovano a dover integrare dati provenienti da una varietà di origini dati sia on-premise, sia nel cloud (il che può essere un processo complicato e dispendioso in termini di tempo), aumenta la richiesta di semplificare il processo di configurazione. Ma molti trovano altre soluzioni. Lionel LLC, ad esempio, importatore americano di treni giocattolo e modellini ferroviari con sede in North Carolina, utilizza il suo ERP come sistema di registrazione, come precisa il CIO Rick Gemereth.
“La nostra unica fonte di dati è NetSuite e abbiamo il nostro intero ERP e il nostro e-commerce basati su NetSuite”, afferma Gemereth. “Uno dei vantaggi di questa impostazione è che non dobbiamo mettere insieme dati provenienti da fonti diverse”. Tuttavia, ciò che funziona per Lionel potrebbe non funzionare altrove. Stout, ad esempio, spiega come Schellman stia affrontando l’integrazione della gestione delle relazioni con i clienti (CRM) e dei dati finanziari.
“Molti software di business intelligence provengono da un data warehouse in cui si caricano tutte le tabelle di dati che sono il back-end dei diversi software”, afferma. “Oppure si ha uno strumento di BI come Domo (che usiamo anche noi) in grado di funzionare come un data warehouse. Potete connettervi al software e lo inserirà in una tabella. Il risultato è che avete tutte quelle tabelle in un unico posto in modo da poter prendere le informazioni in modo più semplice e meno dispersivo”.
Jim Hare, VP e analista di Gartner, ricorda che alcune aziende pensano di dover prendere tutti i dati nei silos all’interno dei sistemi in varie business unit e scaricarli in un data lake. “Ma ciò che devono davvero fare è ripensare radicalmente il modo in cui i dati vengono gestiti e resi accessibili; mi riferisco al concetto di data fabric”.
Definito come un fattore abilitante per l’accesso senza attriti alla condivisione dei dati in un ambiente di dati distribuito, il data fabric mira ad aiutare le aziende ad accedere, integrare e gestire i propri dati indipendentemente da dove sono archiviati utilizzando grafi di conoscenza semantica, gestione attiva dei metadati e machine learning incorporato. “Il data fabric consente ai dati di risiedere in diversi tipi di repository nel cloud o on-premise”, afferma Hare. “Si tratta di essere in grado di trovare dati rilevanti e collegarli attraverso un grafo di conoscenza. E la chiave di questo è la gestione dei metadati”.
Permettere alla perfezione di essere un freno
Si è soliti pensare che le aziende debbano lavorare con dati di alta qualità per raccogliere le informazioni necessarie per prendere le migliori decisioni aziendali. Ma questo non è del tutto esatto, afferma Nicole Miara, responsabile della trasformazione digitale presso LKQ Europe GmbH, una filiale di LKQ Corp e distributore leader di ricambi aftermarket automobilistici con sede a Zugo, in Svizzera. Solo perché pensate che i dati non siano della massima qualità, non significa che non abbiano valore.
Quando si tratta di prendere decisioni, il desiderio di un’azienda di ottenere dati perfetti può rallentare i suoi sforzi in ambito BI tra il tempo speso a raccoglierne il più possibile o a correggere i dati incompleti. È difficile avere dati perfetti, ma è possibile per le organizzazioni lavorare e analizzare dati imperfetti per iniziare a tradurli in informazioni utili al business. A tal proposito, Miara cita Project Zebra, un think tank open source composto da leader aziendali, accademici e tecnologi che lavorano per il miglioramento della supply chain, grazie al quale è stata in grado di utilizzare dati imperfetti per prendere valide decisioni aziendali e migliorare significativamente la supply chain.
“I dati non devono essere sempre e per forza perfetti”, afferma Miara. “Bisogna avere un approccio graduale. Inoltre, non è possibile fare previsioni se non si dispone del livello di dati di base”. Ad esempio, LKQ Europe stava cercando di sfruttare i suoi dati, compresi i dati di vendita, per migliorare le sue operazioni di supply chain alla luce dei 35 mesi di disruption che ha subito a causa della pandemia. Tuttavia, la società aveva dati sulla sua cronologia delle vendite solo per circa 12 mesi.
“Abbiamo preso i dati delle fatture e non avevamo ulteriori informazioni sulle nostre vendite; abbiamo quindi preso quei dati di vendita imperfetti e abbiamo cercato di trovare correlazioni con la nostra attività futura”, continua Miara. “Ma volevamo capire se potevamo migliorare le nostre previsioni per prevedere la domanda basandoci solo su quei dati. Alla fine abbiamo scoperto che i nostri dati imperfetti si correlavano molto bene con i segnali esterni, come l’inflazione e l’indice di occupazione”.
Affrontare la resistenza al cambiamento
La gestione del cambiamento è stata la lotta numero uno che Happy Feet International ha affrontato implementando la business intelligence, afferma Nick Schwartz, CIO del produttore di pavimentazioni con sede a Ringgold, in Georgia. L’industria della pavimentazione è un “neonato tecnologico” e, come tale, molte aziende in questo settore non usano la tecnologia. In effetti, quando Schwartz è entrato a far parte dell’azienda tre anni fa, i venditori non usavano nemmeno la posta elettronica su base giornaliera poiché erano più a loro agio a condurre affari al telefono.
“Le persone sono abituate a fare le cose in un certo modo”, dice Schwartz. “Le fanno così da anni e ti chiedono perché stai cercando di farle in un modo diverso. Quindi, dobbiamo semplificare il più possibile l’esperienza per questi lavoratori all’antica e sforzarci di più a livello di formazione e training tecnologico”.
Coerenza della governance dei dati
Le organizzazioni devono infine assicurarsi di disporre di processi di governance dei dati maturi, tra cui la gestione dei dati master e la governance intorno a metriche chiave e indicatori chiave di prestazione (KPI), afferma Justin Gillespie, chief data scientist di The Hackett Group, una società di consulenza e ricerca.
“Sentiamo tutti vere e proprie storie dell’orrore”, dice Gillespie. “Ogni azienda con cui parlo ha lo stesso problema; le persone vengono alle riunioni con numeri diversi e trascorrono tutto il tempo a discutere su come hanno ottenuto il proprio numero. Avere un set centralizzato di KPI e metriche certificati dall’organizzazione è fondamentale”. La governance riguarda anche la standardizzazione degli strumenti e delle piattaforme, secondo Gillespie. “Dal punto di vista degli strumenti e delle tecnologie, le aziende dovrebbero standardizzare un set di strumenti e quindi creare una competenza attorno ad esso”.