PNRR: Italia prima in Europa per investimenti nel digitale

Si chiama Addressing the challenges of the digital transition in national Recovery and Resilience Plans ed è un nuovo studio realizzato dal team di ricerca dell’Istituto per la Competitività (I-Com) per la Commissione per i problemi economici e monetari (ECON) del Parlamento europeo. La ricerca prende in esame lo stato d‘implementazione del PNRR in riferimento agli investimenti nel digitale, analizzandone la distribuzione delle risorse, evidenziando possibili traiettorie di miglioramento e fornendo spunti di policy. Lo studio copre cinque principali aree della transizione digitale: connettività, digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, Intelligenza Artificiale e Industria 4.0, cybersecurity e competenze digitali.
Stando ai dati della Commissione europea, l’Italia riserva alla transizione digitale quasi un terzo dei fondi del PNRR (26,7%), ma si posiziona al primo posto per investimenti in termini assoluti con 27 miliardi di euro, seguita dalla Spagna (18 miliardi). I maggiori sforzi dei piani dei paesi UE sono rivolti alla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e delle imprese, così come alla formazione in competenze. Mancano, invece, investimenti specifici nella formazione in cybersecurity e misure per una maggiore partecipazione femminile alle discipline STEM. Il rispetto dei tempi è in ogni caso cruciale: a ottobre 2022 solo 10 paesi hanno raggiunto gli obiettivi necessari all’erogazione dei fondi. Per l’Italia è un’occasione da non perdere.
La possibilità di accedere alla rete è un passo fondamentale per il processo di digitalizzazione dell’Unione europea. La fornitura via via maggiore di servizi informatici, così come lo sviluppo e l’impiego di nuove tecnologie richiedono infrastrutture sempre più performanti e diffuse sul territorio. Nel 2021 la banda ultralarga copriva il 70% dei civici europei, il 60% in più rispetto all’anno precedente. Eppure, stando al rapporto DESI 2022, l’8,5% delle case in aree rurali ancora non è coperto da alcuna rete fissa e il 32,5% è escluso dalla copertura in fibra ottica. Tra le principali misure adottate dai Paesi membri ci sono gli investimenti a supporto delle infrastrutture fisse capaci di fornire connettività ad almeno 100 Mbps (in Italia almeno 1 Gbps) e, per quanto riguarda il mobile, dei corridoi 5G europei (investimenti previsti da Lettonia, Belgio, Italia e Bulgaria). In particolare, secondo lo studio, l’Italia risulta essere il Paese che dedica l’ammontare maggiore di risorse alle reti (circa 6,7 miliardi), seguita dalla Spagna (circa 4 miliardi).
La maggior parte degli investimenti dei Paesi membri sono destinati alla digitalizzazione della PA, ovvero più di un terzo delle risorse. Tutti i piani, in particolare, prevedono misure per lo sviluppo di infrastrutture cloud per favorire la gestione dei dati e l’accesso ai servizi pubblici da parte di cittadini e aziende. L’obiettivo del Decennio digitale europeo è di rendere disponibili online il 100% dei servizi pubblici fondamentali e di far sì che l’80% dei cittadini sia in possesso di identità digitale. L’Italia riserva alla digitalizzazione dei servizi pubblici ben 11,7 miliardi di euro, quasi il doppio rispetto alla Germania e più di 4 volte le risorse messe in cantiere per la PA dalla Francia (2,6 miliardi), che pure rappresentano la quota maggiore dei propri investimenti in digitale.
La digitalizzazione della PA va di pari passo con la trasformazione digitale delle imprese, dagli incentivi finanziari a sostegno dell’adozione delle tecnologie digitali fino alla semplificazione delle procedure burocratiche e riduzione dei costi amministrativi. Italia, Austria e Danimarca risultano i paesi più attivi per sostenere le PMI nel processo di innovazione, con il PNRR italiano che su questo versante prevede investimenti per ben 18,7 miliardi di euro (ancora primo posto in Europa in termini di risorse dedicate).
“Nella maggior parte dei PNRR elaborati dai Paesi membri, incluso quello italiano, mancano però piani e investimenti specifici nello sviluppo di tecnologie essenziali come l’intelligenza artificiale” sottolinea Stefano da Empoli, presidente I-Com e autore dello studio insieme a Lorenzo Principali, Alessia Marcobelli ed Elisa Starnoni. “Nonostante la mole di risorse e all’opposto di quello spagnolo, che punta molto sull’intelligenza artificiale, il PNRR italiano rappresenta certamente un’occasione perduta sotto questo profilo. Ma più in generale, a livello europeo, traspare con pochissime eccezioni la totale mancanza di una visione comune che richiederebbe innanzitutto progetti condivisi sovranazionali o quantomeno coordinati tra più Stati membri”.
Qualsiasi step nel percorso di digitalizzazione delle nostre società sarebbe inoltre vanificato senza un rafforzamento progressivo della cybersecurity. Ancora una volta, nonostante si tratti della voce che nel PNRR presenta le dimensioni minori tra le 5 aree osservate, l’ammontare dedicato dell’Italia in cybersecurity (623 milioni, quasi il doppio della Francia) costituisce di gran lunga l’investimento maggiore rispetto a quelli osservati nei programmi degli altri Stati membri.
Passando invece alle competenze digitali, il rapporto annuale sul RRF della Commissione europea riporta che il 20% della spesa in digitale è destinata proprio alle risorse umane. Tutti i Paesi prevedono misure per aumentare le abilità informatiche nella popolazione, sia nel campo professionale che in quello dell’istruzione. L’Italia si posiziona al primo posto per investimenti in nuove competenze con più di 4 miliardi di euro, seguita da Francia (1.783 milioni di euro) e Polonia (oltre 1.500 milioni di euro). La ricerca, tuttavia, mette in luce la mancanza di riforme più strutturate finalizzate a garantire una maggiore partecipazione delle donne, soprattutto nelle discipline STEM, e raggiungere un pieno equilibrio di genere. Solo pochi Paesi, inoltre, hanno pianificato iniziative per colmare il divario nelle opportunità aperte dalla transizione digitale, in primo luogo per i gruppi più vulnerabili e gli over 65, i quali rischiano di rimanere indietro.
In conclusione, lo studio I-Com fornisce diversi spunti di policy. Riguardo alla PA, l’effettiva digitalizzazione dei servizi pubblici richiederebbe innanzitutto maggiore fiducia dei cittadini nei nuovi strumenti che essi stessi sono chiamati a usare. A tal fine, sarebbe necessaria una campagna di comunicazione in grado sia di aumentare la consapevolezza dei nuovi processi e dei reali vantaggi, sia di mettere in primo piano il ruolo di cittadini in qualità di utenti. In secondo luogo, in numerosi Piani europei mancano ancora investimenti in formazione sulla cybersecurity; servirebbero quindi maggiori sforzi, soprattutto nella Pubblica Amministrazione, affinché gli utenti-cittadini-lavoratori siano formati e istruiti sui rischi e sulle conseguenze degli attacchi informatici. Infine, la ricerca evidenzia come il RRF abbia avuto ben pochi effetti positivi su uno dei campi più rilevanti a livello strategico come l’intelligenza artificiale, per cui l’Europa peraltro si è posta ambiziosi obiettivi.