Digitalizzazione: Italia al 17% degli obiettivi del PNRR, Germania a zero

Nel PNRR l’Italia ha a disposizione 48 miliardi di euro per digitalizzare imprese e PA (40 miliardi nella missione 1, dedicata alla digitalizzazione, e 8 miliardi nelle altre), cioè più di un terzo di tutte le risorse europee per il digitale nel Next Generation EU. Per dare un’idea, la Spagna ha avuto per il digitale 20 miliardi, la Germania 13 e la Francia 8.
Ma forse altrettanto importante è il fatto che dai dati aggiornati a dicembre 2022 l’Italia risulta anche il paese più avanti nell’attuazione dei progetti di digitalizzazione previsti dal PNRR: siamo al 17% di completamento dei target e milestone, contro il 10% di Spagna e Francia e addirittura lo zero di 15 Paesi tra cui nientemeno che la Germania.
Sono alcuni degli aggiornamenti emersi ieri nel convegno annuale dell’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano sullo “stato dell’arte” della componente dedicata al digitale del PNRR, e in particolare della digitalizzazione della Pubblica Amministrazione (PA), per la quale il piano riserva quasi 10 miliardi.
“A che punto siamo dopo un anno e mezzo? La sfida è enorme ma siamo messi bene, siamo il paese che percentualmente ha completato di più, il 17% di tutte le promesse di 5 anni”, ha commentato Luca Gastaldi, Direttore dell’Osservatorio Agenda Digitale e Membro della Segreteria tecnica per l’attuazione del PNRR presso la Presidenza del Consiglio. “Per fare un confronto, la Germania a fine 2022 non aveva ancora fatto niente, e ha spostato le sue milestone più avanti nel tempo”.
A che punto siamo dopo un anno e mezzo? La sfida è enorme ma siamo messi bene, siamo il paese che percentualmente ha completato di più
Indice DESI: l’Italia è salita al 18esimo posto, ma…
Cominciamo dallo stato di digitalizzazione generale del paese. Nell’edizione 2022 del DESI, l’indice europeo di digitalizzazione dell’economia e della società (di cui abbiamo ampiamente riferito qualche mese fa in questo articolo), l’Italia è risalita di due posizioni, rimanendo però nella parte bassa del ranking, al 18esimo posto su 27 Stati membri. Ancora lontano quindi da Spagna, Germania e Francia, e particolarmente indietro nella diffusione di competenze digitali e appunto nella digitalizzazione della PA, mentre è sopra la media per la connettività e la digitalizzazione delle imprese.
“Indietro eravamo, indietro siamo”, ha commentato Francesco Olivanti, ricercatore dell’Osservatorio, durante il convegno. “Non c’è motivo di essere troppo ottimisti o troppo pessimisti, c’è qualche segnale di ripresa, e gli indicatori su cui facciamo particolarmente bene o particolarmente male sono pochissimi”.
Indietro eravamo, indietro siamo. Non c’è motivo di essere molto ottimisti nè molto pessimisti
Il quadro quindi non è esaltante, ma potrebbe essere addirittura sopravvalutato. L’Osservatorio infatti per superare i limiti di completezza dei parametri del DESI ha elaborato i Digital Maturity Indexes (DMI), un framework di maturità digitale con 109 indicatori. E il risultato vede l’Italia ancora più in basso: al 22esimo posto per creazione dei fattori abilitanti all’attuazione dell’Agenda Digitale, al 20esimo per risultati ottenuti. Il nostro paese è sopra la media per copertura 5G, diffusione del cloud, fatturazione elettronica, ma si conferma in ritardo sulla digitalizzazione dei servizi pubblici.
Inoltre l’Osservatorio ha calcolato un DESI regionale, da cui emerge il solito ritardo sulla digitalizzazione delle regioni del Sud rispetto a quelle del Centro-Nord, ma anche – piuttosto a sorpresa – una sensibile arretratezza di queste ultime rispetto a Regioni europee simili (per caratteristiche del territorio e benessere economico) su tutti i parametri, tranne l’accesso alla banda larga.
Servizi pubblici digitali: a che punto siamo su open data, piattaforme, interoperabilità e cloud
Nel PNRR la PA ha un ruolo fondamentale, sia come oggetto di investimenti (almeno il 60% delle risorse è destinata a enti o imprese pubbliche), sia per l’attuazione del piano, visto che tutte le risorse sono gestite e rendicontate da Ministeri e altri enti pubblici.
Tutto ciò è coerente con l’impegno, in corso da vari anni, a realizzare un modello “Government as a Platform” con cui proporre la PA come piattaforma di innovazione, attraverso lo sviluppo ed erogazione di servizi pubblici digitali basati su 4 principali componenti: dataset e componenti condivisi, piattaforme centralizzate di servizi pubblici, modelli di interoperabilità applicativa basati su API e standard aperti, e soluzioni cloud per garantire scalabilità, controllo della sicurezza ed efficienza nella gestione di risorse e infrastrutture.
Nel 2022, spiega l’Osservatorio, si sono registrati importanti risultati su tutti questi componenti.
Per quanto riguarda i dataset, l’ANPR è ormai una soluzione consolidata, con tutti i Comuni italiani subentrati. Il Fascicolo Sanitario Elettronico, attivo dal 2019, non è ancora completamente operativo e interoperabile in tutte le Regioni, ma sono accessibili oltre 417 milioni di referti digitalizzati. E quasi 60.000 open data popolano il portale dati.gov.it, definita dall’Osservatorio un’eccellenza a livello europeo.
Per le piattaforme, pagoPA vede oltre 19.000 PA aderenti, oltre 400 prestatori di servizi di pagamento coinvolti e circa 650 milioni di transazioni effettuate per oltre 126 miliardi di euro. SPID è utilizzato da un maggiorenne su due, con oltre un miliardo di accessi nel 2022, mentre la CIE è stata usata 21 milioni di volte per accedere a servizi digitali. L’App IO nel 2022 è stata scaricata da oltre 32 milioni di italiani e le oltre 12.000 PA presenti nell’App offrono più di 170.000 servizi. Inoltre è partito un Proof of Concept della Piattaforma Notifiche Digitali (ne abbiamo parlato qui), che permetterà l’invio di notifiche con valore legale.
Per l’interoperabilità, la Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), attiva da ottobre, abiliterà lo scambio automatico di dati tra PA e favorirà l’interoperabilità di sistemi informativi e basi dati pubbliche, mentre il Progetto Mobility as a Service for Italy (MaaS) dedica 57 milioni del PNRR all’integrazione e interoperabilità di servizi di trasporto pubblico e privato.
Per l’infrastruttura cloud, è stato costituito il Polo Strategico Nazionale (PSN) (ne abbiamo parlato qui) che ospiterà i dati e servizi critici e strategici delle PA italiane, ed è iniziata la migrazione di dati e servizi di oltre 12mila enti locali, ma siamo ancora lontani dalla dismissione e razionalizzazione degli oltre 11.000 data center delle PA italiane.
Acquisti pubblici della PA, i tre punti su cui agire
Altro capitolo importante è l’aggiornamento sulla digitalizzazione degli acquisti pubblici della PA, che nel 2021 ha comprato lavori, servizi e forniture per circa 200 miliardi di euro. Qui i punti su cui agire secondo l’Osservatorio sono tre: digitalizzare l’intero processo di procurement pubblico, superare la dipendenza da pochi vendor, e ridurre i tempi di assegnazione delle gare.
Sul primo fronte, ll nuovo Codice dei contratti pubblici, che entrerà in vigore il prossimo 1 aprile, prevede un’accelerazione nella gestione degli appalti pubblici tramite piattaforme digitali interoperabili e qualificate.
Sul secondo, la PA acquista da aziende private sostanzialmente tutte le sue soluzioni digitali, 5,7 miliardi di euro nel 2021, ma il 67% della spesa pubblica in servizi digitali è concentrato su 50 fornitori, e il 31% su 5 soli fornitori.
Occorre ripensare ai meccanismi di progettazione delle gare pubbliche, troppo spesso sono disegnate per prevenire ricorsi e contenziosi
Quanto al terzo, oggi sono necessari mediamente 4 mesi e mezzo per assegnare una gara pubblica per soluzioni digitali. “Dobbiamo completare la riforma del Codice dei contratti pubblici, accelerando la loro digitalizzazione, e ripensare ai meccanismi di progettazione e risposta delle gare pubbliche, troppo spesso disegnate per prevenire ricorsi e contenziosi, e portare competenze di approvvigionamento all’interno di tutte le PA”, dichiara Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Agenda Digitale.
Occorrono una regia di coordinamento, e supporto per le PA locali
Tra le raccomandazioni dell’Osservatorio c’è la necessità di definire una regia di coordinamento sui temi dell’Agenda Digitale. Dalla banda larga alle competenze digitali agli interventi di digitalizzazione del PNRR, gli interventi sono molti e complessi, e richiedono la collaborazione in tempi stretti di molti attori pubblici e privati.
In particolare le PA locali (Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane, ASL e aziende ospedaliere), che gestiranno oltre 66 miliardi di euro del PNRR e molte delle risorse complementari, hanno bisogno di supporto nell’implementazione dei loro interventi. “È fondamentale fare gioco di squadra – dice Michele Benedetti, Direttore dell’Osservatorio Agenda Digitale – semplificando e razionalizzando le interazioni tra titolari e utilizzatori dei fondi, cercando di portare a sistema buone pratiche nell’implementazione e favorendo le aggregazioni tra enti locali. Altrimenti i divari di digitalizzazione tra i territori sono destinati ad aumentare”.
Agenda Digitale, inizia una nuova fase nell’attuazione
In conclusione il bilancio dell’Osservatorio è positivo: il DESI segnala qualche passo avanti, il PNRR mette a disposizione risorse imprevedibili fino a qualche anno fa, e mai viste come dimensioni, e inizia a concretizzarsi il modello di “Government as a platform”. Come abbiamo visto però gli elementi di preoccupazione e ritardo non mancano. Il tutto porta l’Osservatorio a parlare di inizio di una nuova fase nell’attuazione dell’Agenda Digitale dell’Italia.
Per l’Italia digitale, questa è la più importante chiamata della storia moderna
“Per l’Italia digitale, questa è la più importante chiamata della storia moderna – ha dichiarato Alessandro Perego, Direttore Scientifico degli Osservatori Digital Innovation -. Ora è necessario tradurre in realtà le ambizioni del PNRR, portando a termine nei tempi previsti gli interventi di digitalizzazione e accelerando sugli ambiti più critici, come lo sviluppo di competenze digitali tra la popolazione. Dobbiamo dedicare i prossimi mesi a raccordare visioni, risorse e sforzi che, se non ben allineati, rischiano di far perdere tempo ed energie cruciali”.