Twitter licenzia il 10% dei lavoratori rimanenti

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Secondo quanto riportato dal New York Times, l'ultima tornata di licenziamenti di Twitter riguarda anche il personale tecnico.

Secondo un report pubblicato domenica dal New York Times, circa il 10% della restante forza lavoro di Twitter, compreso il personale incaricato di mantenere la piattaforma funzionante, ha scoperto di essere stato licenziato durante il fine settimana.

Secondo il report, circa 200 tra data scientist, product manager e ingegneri che si occupano di questioni non certo secondarie come l’affidabilità del sito sono stati licenziati, pochi giorni dopo che l’azienda ha messo offline alcune delle sue infrastrutture di comunicazione interna. Questi tagli sono gli ultimi dei numerosi che hanno afflitto Twitter dall’acquisizione da parte di Elon Musk alla fine del 2022. Al momento di scrivere, meno di 2.000 dipendenti lavorano ancora in Twitter rispetto ai circa 7.500 presenti prima dell’operazione di privatizzazione dell’azienda.

Secondo quanto riportato dal NYT, Twitter ha chiuso l’istanza di Slack all’inizio della scorsa settimana, rendendo più difficile la comunicazione tra i dipendenti e alcuni di essi hanno scoperto di essere stati licenziati solo dopo essere stati esclusi dai sistemi di Twitter, compresi account e-mail e computer portatili. Inoltre, nel fine settimana è stata chiusa una piattaforma chat di Google gestita dall’azienda per i suoi dipendenti.

Anche Esther Crawford, responsabile di Twitter Blue (il servizio di verifica dell’azienda che aveva iniziato a far pagare agli utenti una tariffa mensile per ottenere l’ambita “spunta blu” sui loro profili) è stata vittima dell’ultima tornata di licenziamenti, secondo quanto riportato da molti. Crawford, tra l’altro, è stata la fondatrice di un’applicazione social per la condivisione dello schermo chiamata Squad e acquistata da Twitter nel 2020 per una cifra non rivelata.

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Subito dopo l’acquisizione, Musk ha attuato licenziamenti su larga scala che, in alcuni casi, hanno interessato interi reparti. Da allora in Twitter si sono susseguiti altri licenziamenti e molti altri dipendenti hanno lasciato l’azienda dopo che il nuovo CEO ha lanciato un ultimatum ai dipendenti rimasti, dicendo che avrebbero dovuto lavorare in modo “estremamente duro” se volevano continuare.

Una richiesta di commento inviata a Twitter non ha ricevuto risposta al momento della pubblicazione di questo articolo. I licenziamenti di Twitter arrivano mentre molte altre aziende tecnologiche, alle prese con un’economia globale incerta e un rallentamento della crescita dei ricavi, hanno aumentato il ritmo dei licenziamenti quest’anno. Dopo aver registrato un’impennata di assunzioni durante la pandemia, quando i lockdown hanno favorito il passaggio al lavoro a distanza e l’aumento dell’e-commerce e delle comunicazioni online, ora queste stesse aziende (compresi big come Facebook, Amazon e Microsoft) si trovano ad affrontare un calo dei ricavi.

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Vertiv, un team dedicato a medie imprese e PA: “Sul territorio insieme al canale”

Andrea Faeti, sales enterprise account director Italia di Vertiv
I trend di investimento sui data center in Italia tra co-location, cloud provider e aziende utenti secondo Andrea Faeti, Sales Enterprise Account Director per l’Italia

“A partire dal 2020 in Italia abbiamo visto grandi investimenti sui data center sia dei player che offrono co-location, sia dei cloud service provider, cosa che prima succedeva solo negli altri paesi europei. Milano è diventata la location a più alta crescita in Europa”.

Sui trend di investimento in Italia sui data center, un punto di vista da “addetto ai lavori” è quello di Andrea Faeti (nella foto), da novembre Sales Enterprise Account Director di Vertiv per l’Italia, cioè responsabile della neo-costituita struttura diretta di Enterprise Account, che si occupa di medie imprese e di PA. Struttura particolarmente importante in Italia quindi, dove lavorerà a stretto contatto con i partner di vendita indiretta.

“Nella recente riorganizzazione l’azienda ha differenziato due gruppi di account, strategic ed enterprise”, spiega Faeti. “I primi saranno seguiti da una struttura sovranazionale, perché sono multinazionali che tendono a standardizzare le strategie di data center tra paese e paese. I secondi sono di ambito nazionale, nel caso dell’Italia tutta la PA e clienti anche medio piccoli”.

La struttura di Enterprise Account, continua il manager, seguirà i clienti sul territorio insieme ai partner. “Negli ultimi anni Vertiv ha fatto grandi investimenti sul canale (ne abbiamo parlato qui, ndr), su un ecosistema di partner in grado di sviluppare soluzioni, integrare tecnologie e prodotti di fascia bassa, fornire servizi. L’incidenza delle vendite indirette sta crescendo molto, anche se è ancora relativamente piccola, e accelererà ancora anche grazie a questa nuova struttura Enterprise Account”.

Data center, ma non solo

La componente più importante dell’offerta Vertiv riguarda i data center (“non abbiamo solo gli UPS ma anche il thermal management, le soluzioni per rack, la piattaforma software di gestione, e con le recenti acquisizioni copriamo anche la parte elettrica e meccanica”), ma non solo.

“Il focus del mercato italiano è sulle soluzioni di fascia media, che comunque sono un ambito molto ampio, si va da soluzioni da qualche decina di KW per raffreddare il piccolo data center aziendale, a pacchetti da qualche MW, ed è difficile dire quale oggi sia più richiesta. E poi abbiamo anche molte soluzioni industriali che vanno oltre il data center, per la business continuity di processi mission critical in settori come sanità, manifatturiero, retail, telco”.

Lo scenario di mercato in Italia, continua Faeti, presenta diversi motivi di ottimismo: “Conosciamo tutti le previsioni sull’uso dei dati, sugli investimenti nella trasformazione digitale della PA e connessi al PNRR”. Ma anche criticità macroeconomiche, e grande incertezza: “Non tutti i settori aumenteranno gli investimenti, ma comunque ci aspettiamo di crescere”.

Medie imprese, la preferenza ora va alla co-location

In particolare per i data center il quadro è quello accennato all’inizio. Più precisamente calano gli investimenti delle aziende utenti su data center propri, e crescono fortemente quelli degli operatori specializzati: fornitori di co-location e cloud service provider.

Nel caso delle aziende utenti, “se prendiamo la classica media impresa italiana multinazionale che gestisce tutto dal data center in Italia, la preferenza ora va alla co-location: queste realtà non investono più in Data Center proprietari, ma mettono le proprie macchine in Data Center gestiti da terzi, e passano sul cloud almeno una parte delle applicazioni. Questa è la tendenza prevalente, poi ci sono ancora aziende che investono in data center proprietari, magari perché sono in settori fortemente regolamentati, per esempio il bancario”.

Business servizi, un punto di forza in Italia

In particolare Vertiv conta molto sulla componente servizi, in cui anche il canale è coinvolto, sulla fascia dei prodotti più piccoli: il produttore ha creato una struttura EMEA proprio per la delivery dei servizi insieme a partner di canale appositamente certificati.

“I servizi sono sempre stati un punto di forza di questa azienda, in particolare in Italia, dove pesano più della media europea, proprio perché abbiamo una grande tradizione, a partire dalla parte UPS, che richiede un approccio ai servizi importante e su cui eroghiamo anche il remote maintenance: poco meno della metà delle entrate da servizi sono un business ripetitivo, con retention altissima”.

Nel caso di applicazioni critiche, sottolinea Faeti, la risposta del vendor non può essere solo la tecnologia. “Oggi il concetto di servizio deve andare oltre la riparazione e manutenzione, proponendosi per mantenere le prestazioni degli apparati ai massimi livelli: un approccio che è anche più coerente con le strategie di sostenibilità. Molte macchine e apparati oggi consentono di fare upgrade via software o firmware, per aggiornare le funzioni senza dover cambiare l’hardware”.

Remote maintenance: “Spesso ci accorgiamo del problema prima del cliente stesso”

Il servizio di remote maintenance, per esempio, “spesso ci permette di accorgerci di problemi prima del cliente stesso. Abbiamo collegati oltre 5000 apparati in italia in gran parte via rete. Sono macchine, sia di raffreddamento sia UPS, sempre interfacciate con una sala operativa. Forniscono comunicazioni periodiche di routine, che servono per analisi di trend storici, ma anche predittive, perché si possono individuare chiaramente alcuni trend”.

In questo modo quando c’è un evento, per esempio l’aumento anomalo della temperatura della sala, o un fermo su una macchina, la sala controllo analizza il flusso di dati in tempo reale, chiama il cliente e può immediatamente reagire. “Se può interviene direttamente da remoto, o informa il tecnico, che quando va dal cliente ha già tutte le informazioni diagnostiche e può portare i ricambi giusti, mentre prima doveva andare per capire cosa era successo”.

Quello su cui sta investendo Vertiv, conclude Faeti, è stabilire attraverso servizi di questo livello una vera partnership con il cliente, “che ci consenta di visitarlo regolarmente, e fare da consulenti sulla gestione del ciclo di vita delle macchine”.

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