Lavoro ibrido, un mercato da un miliardo di dollari: le opportunità per gli operatori IT
Il lavoro ibrido (o agile, remote working, o smart working, comunque lo vogliamo chiamare) ha avuto un vero e proprio boom all’inizio della pandemia, quando per moltissime organizzazioni è stato l’unico modo per continuare l’attività. Ma cosa succederà ora che il Covid-19 non è più un ostacolo per le normali attività quotidiane?
Molte multinazionali in verità stanno richiedendo ai dipendenti di ritornare almeno parzialmente in ufficio (qui per esempio abbiamo parlato del caso di Amazon), ma in realtà il trend che sta prevalendo a livello mondiale vede un sostanziale aumento degli investimenti in tecnologie e servizi per abilitare i nuovi modelli di lavoro agile.
Gli investimenti in Future of Work quest’anno sono in aumento del 18,8%
Secondo la recente “Future of Work – Spending Guide” di IDC, infatti, le organizzazioni pubbliche e private nel mondo aumenteranno del 18,8% i loro investimenti in modelli “Future of Work”, cioè in tecnologie e servizi per la trasformazione dello spazio di lavoro e l’abilitazione di modelli di digital workspace, spendendo quasi un miliardo di dollari. Spesa che salirà gradualmente fino ad arrivare a circa 1,5 miliardi nel 2026.
Non solo: secondo l’indagine “Future Enterprise Resiliency & Spending Survey”, sempre di IDC, il 37% dei decision maker a livello mondiale considerano ormai i nuovi modelli di lavoro ibridi e remoti come parte integrante delle pratiche aziendali quotidiane, grazie a postazioni sempre più interconnesse e a spazi di lavoro digitali intelligenti.
I tre pilastri del Future of Work
IDC definisce il “Future of Work” come un cambiamento fondamentale verso nuovi modelli di lavoro basati su luoghi di lavoro fisici riprogettati e spazi di lavoro digitali senza confini, che promuovono nuove skill ed esperienze di lavoro, e la collaborazione human-machine. Un cambiamento basato su tre pilastri: Spazio, Augmentation, e Cultura.
Spazio riguarda tutte le tecnologie, servizi e metodologie che permettono di adattare l’ambiente di lavoro ai nuovi modelli ibridi, e rappresenta il 60% degli investimenti nel Future of Work. Gli investimenti in tecnologie in questo caso devono abilitare l’accesso alle risorse aziendali e la collaborazione, in modo smart, dinamico, connesso e sicuro, indipendentemente da luogo e ora.
L’augmentation riguarda l’abilitazione del nuovo digital worker, e rappresenta circa un terzo degli investimenti Future of Work, di cui oltre metà nell’hardware e nel software di cui i lavoratori hanno bisogno per essere produttivi e potersi focalizzare sulle attività a maggior valore aggiunto e sull’innovazione. Parliamo di tecnologie come AI, robotica, process automation, augmented e virtual reality (AR/VR). L’augmentation è il pillar a più forte crescita, circa il 23% medio annuo fino al 2026 secondo IDC.
Il terzo pilastro, la Cultura, si focalizza sul coinvolgimento dei lavoratori e sulla loro formazione in modo che conseguano le più aggiornate skill digitali. Rappresenta circa il 5% degli investimenti Future of Work, di cui quasi due terzi in servizi IT e di business per supportare modelli di innovazione continua, e aumentare l’agilità dell’organizzazione.
Future of Work, gli investimenti in IT: 300 milioni in hardware e 280 milioni in software
Dal punto di vista tecnologico, la più grande area di investimenti Future of Work nel 2023 sarà l’hardware: le organizzazioni nel mondo spenderanno oltre 300 milioni di dollari in dispositivi endpoint, hardware enterprise, infrastructure as a service (IaaS), robot e droni. Segue il software (circa 280 milioni), che è anche l’area a maggior crescita del Future of Work (quasi il 22% medio annuo fino al 2026), grazie alla spesa delle organizzazioni in enterprise application, content e collaboration, analytics, AI, applicazioni HR, sicurezza, e ovviamente sviluppo e deployment del software.
Invece gli investimenti in servizi IT e di business a supporto di iniziative Future of Work saranno di circa 185 milioni di dollari.
La Future of Work Spending Guide di IDC contiene molte altre informazioni, come la spesa in Future of Work per aree geografiche, gli approfondimenti in dettaglio degli investimenti in Spazio, Augmentation e Cultura, e 26 use case.
Di tutti questi temi si parlerà all’evento IDC Future of Work Forum 2023, dal titolo “Un approccio purpose-driven per l’azienda del futuro” (qui l’agenda), in programma a Milano il prossimo 22 marzo all’Hotel NH Collection Milano City Life. CI si può iscrivere a questo link.
Le opportunità per service provider, system integrator, ISV, reseller e distributori europei
IN particolare con Fabio Rizzotto, VP, Europe South Lead, Consulting and Custom Solutions, IDC Italy, abbiamo approfondito le prospettive del Future of Work nella nostra regione, l’Europa occidentale (Western Europe).
“Le imprese europee ritengono che gli scenari congiunturali e le evoluzioni del business continueranno ad affermare i principi del remote e hybrid work, dell’employee experience, dell’automazione, per citare i principali”, spiega Rizzotto.
“Di conseguenza le tecnologie a supporto di queste esigenze continueranno ad essere quelle abilitanti la collaborazione in tutte le sue forme e dimensioni, le soluzioni di intelligent workspace, gli strumenti per l’automazione di task, processi e workflow”.
I service provider, system integrator, ISV, reseller e distributori europei e italiani in particolare quindi hanno a disposizione un ampio ventaglio di opportunità a seconda della propria vocazione e del modello di relazione con i vendor.
“Tutte le tecnologie citate offrono opportunità”, sottolinea Rizzotto. “Spazi di crescita sono previsti per tutte le tecnologie citate e in generale per le soluzioni di nuova generazione che sfruttano il potenziale di paradigmi data-driven, AI, automazione, augmentation. Con il cloud e i marketplace che affermano il proprio ruolo diventa importante per i partner accrescere il concetto di “valore” sempre più ricercato dai clienti”.
Un ambito particolare di opportunità è quello dei servizi legati al cloud: disegno, integrazione, migrazione, trasformazione cloud-based. “Non trascurabile il fatto che in Europa un terzo dei partner dell’ecosistema ha nel proprio modello di business anche un’offerta di managed services, fondamentali per rispondere alla domanda di gestione delle operation nel quadro degli ambienti complessi hybrid e multicloud”.
Gli use case
Infine abbiamo chiesto a Rizzotto un use case per ciascun pillar (space, augmentation, culture) in cui sviluppare expertise può essere un vantaggio competitivo per un service provider o system integrator.
“Nell’ambito “space” che governa l’ambiente di lavoro distribuito, ibrido e convergente, le esigenze di gestione e controllo sono fondamentali quindi sicurezza e analytics sono esempi di discipline su cui vengono richieste competenze e capacità all’ecosistema dei partner”.
Augmentation invece mette al centro il concetto di amplificazione delle capacità umane in un contesto technology-driven: “La workflow automation e i modelli di AI-empowerement sono esempi di capability cross-funzionali che rispondono non solo al concetto di operational efficiency e di iper agilità ma anche di governance e compliance in molti contesti regolamentati”.
La sfera “culture” infine apre a opportunità in tutti i campi del digital learning e di tutti i servizi a supporto della crescita delle competenze umane, soft skills, declinate anche in chiave di co-creation. “Rientrano nel quadro più generale della Future Enterprise e della modernizzazione organizzativa”, conclude Rizzotto, “anche le forme di democratizzazione dell’innovazione abilitate da soluzioni no-code / low-code”.