In Italia si registra una forte crescita del tumore della prostata, la più frequente forma di cancro maschile nei Paesi Occidentali. Nel 2022 i nuovi casi l’anno sono stati 40.500 mentre erano 34.800 nel 2017. Un aumento del 16% in soli cinque anni che preoccupa gli specialisti dell’Associazione italiana di Oncologia medica (AIOM) riuniti a Bari per il Convegno Nazionale “News in GU Oncology” dedicato alle neoplasie genito-urinarie.

Diverse possono essere le cause di questo vero e proprio boom d’incidenza – ha sottolineato Saverio Cinieri, Presidente AIOM – Le cause sono molteplici e contribuisce il continuo invecchiamento generale della popolazione. Infatti le proiezioni, elaborate dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, confermano che i casi continueranno ad aumentare fino almeno al 2040. Ci sono poi le conseguenze nefaste del Covid che, proprio in questi giorni di ormai tre anni fa, ha bloccato il normale funzionamento della nostra sanità. Quindi le visite specialistiche, gli esami diagnostici e altri controlli medici sono stati rinviati per molti mesi. Oltre la prevenzione secondaria è stata in parte compromessa anche quella primaria visto il peggioramento degli stili di vita degli italiani costretti ai lockdown. Tutto questo ha portato a un incremento dell’impatto del tumore urologico, in linea con quanto avvenuto per molte altre patologie”.

Il ruolo dell’intelligenza artificiale

All’evento di Bari sono presentate le ultime novità medico-scientifiche emerse dall’ASCO Genitourinary Cancer (GU) Symposium. Il meeting si è svolto nelle scorse settimane a San Francisco e ha visto la partecipazione dei più importanti specialisti mondiali di uro-oncologia. Dagli Stati Uniti sono arrivate nuove conferme sull’intelligenza artificiale multimodale e sono stati presentati i dati di uno studio pubblicato di recente sul Journal of Clinical Oncology.

Queste nuove tecnologie sono utilizzate per sviluppare nuovi biomarcatori ,– aggiunge Camillo Porta, Professore Ordinario di Oncologia Medica all’Università Aldo Moro di Bari e Direttore della divisione di Oncologia Medica del Policlinico di Bari – attingendo sia ai dati clinici che all’imaging istopatologico digitale si ottengono informazioni prognostiche più dettagliate e anche una serie di parametri predittivi sulle possibili risposte ad alcuni trattamenti. In altre parole possiamo favorire la medicina oncologica personalizzata e prevedere se alcune terapie mirate sono efficaci, o meno, sul singolo caso. Quello americano è uno studio di fattibilità, un trial randomizzato di fase 3 che coinvolto oltre 1.000 uomini con carcinoma prostatico localizzato ad alto rischio. I primi dati emersi sono molto interessanti ma andranno confermati coinvolgendo altri gruppi di pazienti.

“I biomarcatori, creati grazie all’intelligenza artificiale, non sono però ancora utilizzabili nella pratica clinica quotidiana sia in Europa che negli Stati Uniti. Rappresentano comunque una prospettiva futura dalle grandi potenzialità e la ricerca deve proseguire”. “Il ricorso all’intelligenza artificiale è emblematico dell’importanza dell’innovazione in oncologia – ha proseguito Cinieri Teoricamente entro pochi anni potremmo essere in grado di identificare le migliori terapie tra tutte quelle disponibili”.

Si registrano importanti cambiamenti sul fronte della lotta al tumore della prostata – sottolinea Marcello Tucci, Direttore dell’Oncologia dell’Opedale Cardinal Massaia di Asti – Le evidenze scientifiche presentate al congresso ASCO GU aprono novità interessanti sull’utilizzo di terapie ormonali sia per la malattia ormono-sensibile che per quella resistente alla castrazione. Stiamo “raffinando” le cure utilizzabili sempre in un’ottica di una maggiore personalizzazione dei trattamenti. È una tendenza che è in corso da almeno vent’anni e che ci ha consentito di arrivare ad oltre il 90% di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi”.