Telefonia mobile: AT&T, Verizon e T-Mobile negano trattative con Amazon

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I principali operatori USA, e anche la stessa Amazon, hanno smentito le voci di accordi per offrire servizi di telefonia mobile a basso costo ai membri di Amazon Prime

I principali operatori di telefonia statunitensi (AT&T, Verizon e T-Mobile) hanno dichiarato ufficialmente di non essere in trattativa con Amazon per offrire servizi di telefonia mobile a basso costo ai membri del servizio Prime. Venerdì scorso le loro azioni erano scese (Verizon e AT&T di oltre il 3% e T-Mobile del 6,4%) dopo che Bloomberg News aveva riportato una notizia secondo cui Amazon stava negoziando con i tre operatori per ottenere i prezzi all’ingrosso più bassi possibili, in modo da offrire piani a 10 dollari al mese o meno ai membri Prime (nell’articolo di parlava anche di un possibile legame con Dish Network).

“Stiamo sempre valutando la possibilità di aggiungere ulteriori vantaggi per i membri Prime, ma non abbiamo in programma di aggiungere la connettività mobile in questo momento”, ha detto un portavoce di Amazon in risposta a una domanda di Reuters. Dish non ha risposto alle richieste di commento di Reuters, mentre AT&T, Verizon e T-Mobile, attraverso i rispettivi portavoce, hanno negato questa possibilità.

Amazon potrebbe portare grandi sconvolgimenti nel settore delle telecomunicazioni, in quanto, da grande colosso quale è, potrebbe offrire piani più economici in un paese con tariffe dati tra le più alte al mondo. “Amazon potrebbe scompigliare la concorrenza” ha dichiarato Christopher Ali, professore di telecomunicazioni presso la Penn State University. “Potremmo davvero vedere i prezzi della telefonia mobile, il che sarebbe un’ottima cosa”.

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Brandon Nispel di KeyBanc Capital Markets ha affermato che Dish Network, un operatore relativamente nuovo nel settore, potrebbe essere il partner più probabile per Amazon. Secondo Nispel, un accordo consentirebbe a Dish di accedere a finanziamenti che potrebbero aiutare a costruire la propria rete, mentre è improbabile che gli altri vettori collaborino con Amazon perché ovviamente non vogliono cambiare lo status quo del settore.

Non a caso, dopo la notizia di Bloomberg, le azioni di Dish sono salite del 17% ed erano già salite il mese scorso, dopo che secondo il Wall Street Journal Dish era in trattativa per vendere i suoi piani wireless attraverso Amazon. Per Amazon, un accordo simile potrebbe attirare più clienti verso il servizio Prime in un momento in cui la sua crescita nei mercati chiave, compresi gli Stati Uniti, è in calo.

“Questa mossa potrebbe apportare diversi vantaggi, tra cui migliorare i tassi di fidelizzazione dei membri Prime, permettere di aumentare leggermente i costi di abbonamento annuali e fornire ad Amazon un canale diretto per il lucrativo mercato multimiliardario della vendita e del finanziamento degli smartphone” ha dichiarato Michael Ashley Schulman, chief investment officer di Running Point Capital Advisors.

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Oracle Cloud, come sta andando in Italia

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All’Oracle Technology Summit di Milano una panoramica sui progetti di cloud infrastrutturale più diffusi in Italia, e le testimonianze dei clienti italiani: Aria, Sisal e Bitron

Si è svolta nei giorni scorsi a Milano l’edizione italiana dell’Oracle Technology Summit, l’evento annuale per aggiornare partner e clienti sull’evoluzione dei prodotti e soluzioni della multinazionale californiana.

Nell’intervento principale Andrea Sinopoli, VP e Cloud Tech Country Leader di Oracle (nella foto), ha spiegato gli impatti di questa evoluzione sul mercato italiano. Sinopoli ha iniziato ricordando gli investimenti di Oracle nel cloud – oltre 20 miliardi di dollari negli ultimi 7 anni – che hanno portato a creare 41 cloud region nel mondo, tra cui quella di Milano, una delle prime a offrire anche servizi SaaS.

Circa 550 imprese italiane usano il Cloud di Oracle

“Nella Cloud region di Milano abbiamo registrato un aumento del 50% del consumo di cloud anno su anno: circa 550 imprese italiane usano il cloud di Oracle. Di queste, circa 350 sono SMB, mentre 192 sono di livello Enterprise, il 24% delle quali nel settore servizi finanziari e il 21% nella PA”.

Dal punto di vista di Oracle, le tipologie di progetti cloud più diffuse in Italia sono nuovi modelli di sourcing (svuotamento di data center), grandi consolidamenti, modernizzazione dei sistemi legacy, nuove piattaforme dati, e servizi digitali innovativi, tipicamente AI e Machine Learning.

“Invece i fattori che più influenzano la domanda di cloud sono inflazione e costi energetici, obsolescenza tecnologica sempre più pervasiva e rilevante, e il PNRR che offre risorse per accelerare la digitalizzazione e, tramite il PSN (a cui collaboriamo da un anno e mezzo), la “cloudizzazione” del paese”.

Le tre colonne dell’offerta Oracle Cloud Infrastructure

La strategia cloud di servizi tecnologici infrastrutturali, continua Sinopoli, si basa su Oracle Cloud Infrastructure (OCI), e ha tre colonne portanti: multicloud, hyperscaling cloud, e cloud distribuito.

“Il multicloud è nato dalla partnership con Microsoft Azure (12 regioni interconnesse), il cloud distribuito è la nostra unicità, possiamo portare il cloud dove serve al cliente con diverse opzioni, da Exadata Cloud@Customer alle nuove “cloud region sovrane” di Madrid e Francoforte che – attraverso un “realm” di public cloud sovrano completamente isolato dagli altri – saranno riservate alle realtà con i requisiti più stringenti di residenza del dato entro l’Unione Europea. Infine con l’hyperscaling cloud abbiamo recuperato velocemente il gap sul mercato cloud, offrendo anche tutti i servizi Oracle SaaS”.

Le caratteristiche tecniche di OCI, ha sottolineato Sinopoli, riducono sensibilmente il cloud waste, lo spreco di risorse cloud acquistate in eccesso detto anche “overprovisioning”, che secondo alcuni studi equivale a oltre il 30% dei servizi cloud acquistati.

Infine l’intelligenza artificiale: “Oracle sta investendo soprattutto su tre filoni: un motore di AI nel database che automatizza e ottimizza l’operatività, la possibilità di integrare AI nelle applicazioni per avere insight, e una data platform moderna per creare e gestire algoritmi di AI/ML”.

“Decision dilemma”, le difficoltà del processo decisionale in azienda

Tema completamente diverso – lo stato dell’arte nel processo decisionale quotidiano delle aziende – per l’intervento successivo, in cui Michele Porcu, VP EMEA Business Value, Service & Strategy di Oracle, ha commentato i risultati della recente ricerca “Decision Dilemma”, basata su 14mila interviste.

Ne emerge che il numero di decisioni da prendere ogni giorno è aumentato di 10 volte negli ultimi 3 anni – il 74% ne prende più di 100 al giorno – per cui il 59% soffre appunto di “decision dilemma”, con impatti sia personali (sulle scelte di vita), sia professionali.

“L’89% dei business leader dice che il crescente numero di fonti di dati ha limitato il successo delle loro organizzazioni, il 72% ammette che la mancanza di fiducia nei dati li ha bloccati nel prendere decisioni, il 70% preferirebbe che l’AI decidesse al posto loro”, ha detto Porcu.

“Da questo scenario emerge la necessità di un approccio di “decision intelligence”, basato su strumenti di supporto al processo di valutazione, comprensione, follow up, affinamento di dati e informazioni: il processo decisionale va considerato come un vero e proprio processo di business”.

Il caso Aria

L’Oracle Technology Summit di Milano ha visto molti altri interventi, ovviamente soprattutto tecnici, ma per brevità qui concludiamo soffermandoci sulle testimonianze di tre clienti italiani.

Uno è Aria, la società di Regione Lombardia che progetta e gestisce le infrastrutture fisiche e digitali degli enti regionali, gli acquisti di quelli sanitari (5 miliardi/anno), e si occupa anche di governance dei sistemi ICT. “L’obiettivo è di portare tutti i sistemi della regione in cloud, siamo partiti da quelli della sanità: 10mila macchine virtuali, con qualche miliardo di transazioni database all’anno”, ha detto all’evento Lorenzo Gubian, Direttore Generale di Aria.

“Grazie alla semplicità della migrazione su OCI, abbiamo potuto dismettere quasi completamente i nostri principali due data center: abbiamo scelto una strategia multicloud, con il cloud Oracle che ospita e gestisce le basi dati critiche, mentre lo strato applicativo è gestito con AWS, grazie a un’integrazione a bassa latenza fra i due cloud provider”.

Il caso Sisal

Altra testimonianza è stata quella di Alberto Clemente, Responsabile architetture e ingegneria di Sisal, il noto operatore di lotterie, scommesse, giochi online e slot machine. Sisal opera a livello internazionale (Italia, Marocco e Turchia) nel canale retail con 47mila punti vendita, e su quello online con circa 1,8 milioni di consumatori.

Nel post-pandemia ha deciso di spostare online parte del business, con un modello hybrid cloud basato su on premise, hyperscaler e fornitori cloud di nicchia, con OCI utilizzata soprattutto per far girare applicazioni in contenitori Kubernetes.

Clemente ha anche parlato di una applicazione di AI e ML sviluppata su Oracle Cloud in ottica di “gioco responsabile”, per individuare, attraverso pattern di gioco riconoscibili, i comportamenti borderline dei giocatori e prevenire rischi di ludopatia.

Il caso Bitron

Infine il caso Bitron, multinazionale piemontese tra i primi 20 produttori mondiali di meccatronica, con 17 sedi di produzione e R&S in Italia e nel mondo, su tre continenti.

All’Oracle Technology Summit di Milano, Federico Perrero, Direttore Qualità e Digitalizzazione dei processi, ha raccontato due progetti. Il primo è lo sviluppo di un’app di controllo dei componenti elettronici in ingresso basata su strumenti di AI/ML del Cloud Oracle per ridurre gli errori di codifica e prevenire problemi di supply chain. Il secondo, in ambito ESG/sostenibilità, è un sistema basato su integration e analytics del Cloud Oracle per dare ai dipendenti un’indicazione dell’impronta di carbonio di un prodotto in tempo reale. Con impatti quindi sulle commesse da accettare, modificare o rifiutare, a fronte degli alti standard di sostenibilità che Bitron si è imposta.

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