Reti internet, Roma punta a diventare l’hub del Mediterraneo
Il traffico dati e la domanda di connettività internet in Italia continuano ad aumentare, facendo del nostro paese un mercato sempre più appetibile per gli operatori del settore. I grandi cloud service provider, gli ISP di accessi e contenuti, i costruttori delle infrastrutture – cavi e data center – che stanno investendo in massa su Milano già da anni, ora hanno iniziato a farlo anche in altre città italiane come Genova e Bari, ma soprattutto Roma.
In questo periodo infatti la capitale è sede di diversi progetti infrastrutturali, sia in superficie (data center) sia come punto di arrivo di dorsali di telecomunicazioni sottomarine, che se seguiti da altri nei prossimi anni potrebbero farne un centro di riferimento del bacino del Mediterraneo per i servizi internet in grado di mettere in discussione la consolidata egemonia di Marsiglia.
Questi i temi principali dell’edizione 2023 dell’evento annuale di Namex, il principale internet exchange point (IXP) dell’Italia centrale e meridionale, tenutosi pochi giorni fa al Gazometro di Roma (nella foto) con 470 partecipanti di 256 aziende. “Siamo andati ben oltre i numeri che ci aspettavamo, è un segno dell’interesse per questi temi, che di solito sono in secondo piano rispetto alla comunicazione di massa”, ha detto Renato Brunetti, presidente di Namex, introducendo l’evento.
Namex, a Roma 4 data center e un punto di presenza nel nuovo Campus di Aruba
“Roma finora era sempre stata una “cenerentola” dal punto di vista delle infrastrutture digitali, ma siamo a un momento di svolta: mentre procede in modo abbastanza spedito la stesura della fibra, sono in corso ben tre progetti di data center “neutrali”, che Roma non aveva mai avuto, con investimenti da centinaia di milioni, e due progetti di cavi sottomarini”. Un riferimento quest’ultimo alle dorsali Blue (di Google, Omantel e Telecom Italia Sparkle) – che parte da Aqaba in Giordania, e arriva a Genova e Marsiglia – e Unitirreno, di Unidata, che parte da Mazara del Vallo e arriva a Genova.
Dopo l’intervento di Paolo Aielli, Direttore Generale del Comune di Roma, che ha parlato del progetto di un’ulteriore infrastruttura abilitante per Roma, stavolta pubblica, e cioè una rete 5G per servizi critici ai cittadini (sicurezza, telecamere, sensori ambientali e di traffico, ecc.), ha preso poi la parola Maurizio Goretti, il CEO di Namex (qui una sua recente intervista a DigitalWorld).
“Namex ha una lunga storia, è nato come consorzio neutrale di ISP per far parlare le reti dei provider con l’accesso e dei provider con i contenuti: oggi siamo oltre 170 consorziati con 221 reti collegate (ASN)”, ha spiegato Goretti. “In continuità con gli scorsi anni stiamo crescendo su tutti i fronti: +15% sulle ASN, +24% sul fatturato, +50% sul picco di traffico giornaliero nel 2022. La killer application di quest’anno è stata il calcio in live streaming, con la serie A su Dazn e la Champions League su Amazon Prime Video”.
Namex offre due principali tipi di servizi – peering e colocation “carrier neutral” – e ha quattro data center a Roma (il quarto è stato inaugurato da meno di un mese), “ai quali si aggiunge, è un annuncio di oggi, un nuovo Punto di Presenza presso l’Hyper Cloud Data Center di Aruba (IT4) a Roma, il più grande campus Data Center in costruzione a Roma, che si estenderà su 74mila mq in 5 edifici, per un totale di 30 MW di potenza IT”.
A questa presenza a Roma si sono aggiunti poi negli ultimi anni due piccoli IXP a Bari e Napoli, e un punto di interscambio in Albania con 20 ISP e 2 content provider. “Noi li chiamiamo edge IXP: per come è fatta internet, i contenuti vanno portati il più vicino possibile agli utenti per ottimizzarne la fruizione”.
“Il baricentro del traffico internet europeo si sposta verso Sud”
“Siamo molto fiduciosi per il futuro, sono in costruzione nuovi campus di data center a Roma con ordini di grandezza di 20mila mq e 20 MW, e speriamo presto in qualche Region dei grandi cloud provider, dopo quelle di Milano e Torino”, ha continuato il CEO di Namex. “Con i nuovi cavi sottomarini si sta aprendo una direttrice Est-Ovest che sposta il baricentro del traffico internet europeo verso Sud: speriamo che Roma diventi davvero il punto di riferimento al centro del Mediterraneo come auspicava il significato originario del nome Namex, che sta per Nautilus Mediterranean Exchange Point”.
L’evento ha visto poi molti interventi e due tavole rotonde sui temi più caldi del momento – la “via della seta” dei cavi sottomarini nel Mediterraneo, con Islalink, Sparkle, Retelit, Unitirreno, Exa e Medusa Submarine Cable System, e l’espansione dei data center in Italia, con Aiip, IDA, Rai Way, Digital Realty, Unicenter e Data4 – nonché una serie di workshop tecnici nel pomeriggio, peraltro tutti disponibili in video sull’account YouTube di Namex.
Qui per ragioni di brevità ci soffermiamo solo su due altri momenti dell’evento. Uno è l’intervento di Alan Mauldin, Research Director di Telegeography, società di ricerca specializzata sul settore telecom, molto nota nel settore per le sue mappe dei cavi sottomarini e delle infrastrutture cloud – che ha delineato un quadro incoraggiante del ruolo dell’Italia nell’attuale mappa dell’interconnettività.
L’altro è il dibattito tra Elisabetta Romano, Chief Network Operation & Wholesale Officer di TIM, e Flavio Arzarello, Public Policy Manager, Economic and regulatory policy, Italy di Meta (il gruppo di Facebook, Instagram e Whatsapp), sulla cosiddetta “fair share”, cioè la tesi per cui gli OTT dovrebbero pagare alle telecom una compensazione per gli investimenti che queste ultime fanno nelle reti che veicolano il traffico internet.
Il 20% degli investimenti in cavi sottomarini nei prossimi 2 anni toccherà l’Italia
“Come sappiamo la domanda di banda continua ad aumentare, in Europa è cresciuta del 40% annuo tra 2018 e 2022, il che significa un raddoppio ogni due anni”, ha detto Mauldin di Telegeography. “L’Europa grazie alla sua posizione geografica è un grande hub di telecomunicazioni e connessioni, da cui dipendono fortemente anche Africa e Medio Oriente per collegarsi col resto del mondo, e per questo avere un ruolo importante in Europa nel settore telecom è particolarmente strategico”.
In quest’ottica, ha aggiunto l’analista, tra 2023 e 2025 sono previsti investimenti in cavi sottomarini per 10 miliardi di dollari, di cui quelli con almeno un estremo in Italia valgono 2 miliardi, il 20% del totale. “I tradizionali punti di approdo dei cavi sottomarini in Italia sono Bari e la Sicilia, ma quelli in corso di stesura e pianificati puntano a siti nuovi soprattutto Genova e Roma, e gli IXP italiani si stanno attrezzando con siti contigui ai punti di approdo: Ge-Dix in pianificazione, Namex a Roma e Bari, De-Cix e Mix-It a Palermo”.
Quanto alle Cloud region, per ora sono tutte a Milano (AWS, Google Cloud, Oracle, Microsoft), e Torino (ancora Google Cloud, grazie alla partnership con Tim/Noovle), mentre anche Mauldin ha confermato l’intensificazione delle attività di costruzione di data center nell’Italia centrale, “con installazioni di Exa, Retelit, Unidata e diversi altri a Roma e di Tim/Noovle ad Acilia”.
“Fair share”, le posizioni opposte di TIM e Meta
Passando al dibattito sulla “fair share”, Elisabetta Romano di TIM e Flavio Arzarello di Meta hanno sintetizzato in poche battute le rispettive posizioni, che sono risultate come si poteva immaginare molto distanti.
“Paradossalmente gli operatori telecom vedono il traffico crescere continuamente, ma non ottengono ritorni, perché l’estrema competitività del mercato ha portato a riduzioni di tariffe fino al 40% in 10 anni”, ha detto Romano. “In questa situazione non riusciamo a investire, e i grandi generatori di traffico come Google, Meta e gli altri OTT, che beneficiano dei nostri investimenti nelle reti, dovrebbero in qualche modo contribuire”.
Romano ha espresso fiducia sulla consultazione pubblica lanciata dalla UE sul tema, nonostante la contrarietà di alcuni Paesi, mentre le argomentazioni di Arzarello come anticipato sono state praticamente opposte.
“È vero che l’utente non potrebbe fruire dei nostri contenuti senza accesso a internet, ma è anche vero che gli accessi sarebbero molti meno se i nostri contenuti non fossero disponibili”, ha detto il manager di Meta. “Diamo già un contributo su due fronti, le dorsali oceaniche e gli stessi IXP, i punti di interscambio, in cui siamo presenti con cache e peering per portare i dati più vicini ai fruitori finali. Un eventuale contributo da parte nostra e degli altri OTT ci farebbe diventare in qualche modo clienti delle telecom, e questo introdurrebbe una distorsione sul mercato”.