Electrospider, l’unica biostampante 3D che ricrea tessuti biologici compatibili con l’uomo
Realizzare organi biologici artificiali per sostituire quelli che non funzionano è uno degli obiettivi della ricerca biomedica. In sostanza si tratta di avere bio-stampanti 3D in grado di stampare campioni di tessuto umano tridimensionali. Un obiettivo al quale lavorano numerosi laboratori in giro per il mondo e che ha visto anche mettere a punto una stampante con i mattoncini del lego. Succede all’Università di Cardiff nel Galles dove al costo di circa cinquecento sterline un team di ricercatori ha messo a punto uno strumento pubblicando anche il progetto per replicarlo.
Il lavoro degli esperti britannici ha un senso perché fino a oggi i costi per questo tipo di stampanti sono molto alti. La stampante per ora è in grado di realizzare campioni di tessuto cutaneo umano, ma secondo chi l’ha costruita cambiando ugello e cartuccia è possibile ottenere altri tessuti.
L’esperienza di SolidWorld
Anche in Italia abbiamo molto da dire sull’argomento. Merito di SolidWorld che a settembre consegnerà il primo esemplare di Electrospider, biostampante 3D in grado di realizzare riproduzioni di cellule e tessuti umani con tecnologia additiva. Nata da un progetto sperimentale e brevettata in Europa, Cina e Usa, la biostampante sarà ora prodotta in serie presso il polo tecnologico di SolidWorld Group a Barberino Tavarnelle, nei pressi di Firenze, dove opera la società Bio3DPrinting. La stampante, realizzata grazie alla collaborazione tra Bio3DPrinting, società del Gruppo SolidWorld, ed il Centro di Ricerca E. Piaggio dell’Università di Pisa, è stata acquistata nel primo esemplare da uno dei maggiori centri ospedalieri e di ricerca medica italiano situato nel Nord Italia con un ordine che ha un valore totale di circa 650mila euro.
Grazie alla nuova apprecchiatura è possibile lavorare con diversi tessuti cellulari umani realizzando diversi strati della pelle in un ambiente sterile e controllato. Grazie alla elettrofilatura è possibile stampare la struttura di supporto al tessuto, in materiale biocompatibile e gli idrogel cellulari di diverse tipologie di cellule umane ottenute da sviluppo in vitro delle cellule del paziente.
Secondo Roberto Rizzo, fondatore e presidente di SolidWorld Group, Electrospider è la prima biostampante sul mercato mondiale che unisce la tecnologia estrusiva, con un filamento continuo di materiale di base, a quella di elettrofilatura, in grado di realizzare intrecci di fibre con diametri estremamente ridotti, tipicamente inferiori al micron, fino a pochi nanometri sui quali sviluppare i tessuti cellulari.
Le applicazioni
Unica biostampante 3D al mondo in grado di ricreare tessuti biologici compatibili con l’essere umano grazie alla stampa di idrogeli innovativi caricati con cellule del soggetto, Electrospider può avere diverse applicazioni: in ambito biomedico, l’obiettivo a lungo termine è di ricostruire organi e tessuti da trapianto partendo dalle cellule del paziente stesso o anche da consanguinei, riducendo sensibilmente i tempi di ospedalizzazione. In particolare, oggi Electrospider è molto utile in ambito oncologico, in quanto è in grado di realizzare strutture di tessuto più piccole per testare l’efficacia della terapia per poi applicarle sul paziente. In campo farmacologico e cosmetico, la replica dei tessuti consente di testare farmaci, creme e prodotti, rendendoli più sicuri per l’uomo. Infine, può essere utilizzata anche nel settore moda, dove sarà possibile realizzare accessori e articoli di pelletteria partendo dalla biopsia degli animali.
Al momento la stampante è in grado di piccole porzioni di pelle da utilizzare nel caso di trapianti per le ustioni o frammenti di ossa per ricostruire alcune parti in caso di asportazioni per interventi su tumori. Ma l’applicazione più utilizzata riguarda il test di nuovi farmaci o le cure chemioterapiche.
Il lavoro di SolidWorld va anche in altre direzioni come testimonia il nuovo prototipo di simulatore aortico per accesso endovascolare, completamente in 3D. Uno strumento in grado di replicare fedelmente le strutture dell’aorta e delle patologie di un paziente a partire dalle immagini diagnostiche (TAC e RM). Tramite tecnologia additiva, il simulatore crea una fedele riproduzione della struttura vascolare dall’aorta alle arterie femorali.
A partire dalle immagini diagnostiche (l’esito di una Tac), il software elabora le informazioni e le trasmette alla stampante 3D (modello: Stratasys J750 Digital Anatomy), la quale stampa una copia perfetta delle strutture vascolari utilizzando resine fotosensibili specifiche per il settore biomedicale. Il simulatore aortico può essere utilizzato per effettuare training chirurgici. I medici potranno quindi essere adeguatamente preparati alle operazioni di accesso endovascolare, potendo fare prove di intervento direttamente sulla riproduzione delle strutture arteriose, per arrivare a posizionare uno stent all’interno dell’aorta, nell’area dove è presente l’aneurisma, con lo scopo di ripristinare la normale circolazione sanguigna dell’arteria.
Il simulatore aortico è stato sviluppato da Bio3DModel in collaborazione con Emiliano Chisci, dell’Ospedale San Giovanni di Dio di Firenze. Un progetto che vede anche la partecipazione del Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Milano e di Francesco Cavaliere. “Si tratta di un progetto davvero innovativo, che, pur essendo all’inizio, sta già dando riscontri e risultati davvero soddisfacenti – racconta Chisci – Per un medico poter avere un simulatore realistico da un punto di vista sia morfologico che biomeccanico è essenziale. Grazie alla costante collaborazione con Bio3DModel e le sue tecnologie di stampa 3D medicale, già il primo prototipo è stato un grande passo in avanti, rispetto agli strumenti utilizzati in passato per il trattamento dello stesso genere di patologia”.
I modelli 3D realistici hanno, e avranno ancora di più in futuro, un ruolo centrale per l’ambito della chirurgia, sia dal punto di vista didattico-educativo che formativo. Avere la possibilità di prepararsi, esercitarsi e confrontarsi anche con altri medici, partendo da un simulatore realistico, permette non solo di migliorare le abilità medico-chirurgiche, ma soprattutto di ridurre i tempi di intervento e di conseguenza anche i rischi per i pazienti e i costi di ospedalizzazione.
Tutti fattori che spingono a investire tempo e risorse verso la creazione di modelli 3D per test clinici sempre più performanti: “Avere la possibilità di tagliare e suturare le simulazioni create grazie alla stampa 3D medicale è un fattore importantissimo – conclude Emiliano Chisci – inoltre, il modello di aorta creato in collaborazione con Bio3DModel è ancora più realistico, in quanto circondato da un gel trasparente che mima l’anatomia circostante, in modo da avvicinarsi ad una reale simulazione di accesso endovascolare sul paziente”.
Il progetto australiano
In Australia stanno invece lavorando su un nuovo robot che potrebbe essere utilizzato per stampare in 3D cellule direttamente all’interno del corpo umano. Lo studio è della University of New South Wales di Sidney, che ha pubblicato su Advanced Science i risultati dove viene spiegato che attualmente, i costrutti 3D vivi sono creati al di fuori del corpo umano, incubati in vitro per la maturazione prima dell’impianto, oppure stampati esternamente in 3D e poi impiantati in vivo con grandi interventi chirurgici in campo aperto.
Una delle principali sfide è la mancata corrispondenza tra i costrutti vivi stampati esternamente e la superficie del tessuto di destinazione durante il processo di impianto. Poiché i biomateriali sono normalmente costituiti da strutture morbide e fragili, possono verificarsi danni strutturali durante la manipolazione manuale, il trasferimento e il trasporto. Anche gli elevati rischi di contaminazione dovuti all’esposizione diretta alla piattaforma di fabbricazione e all’ambiente circostante, insieme al requisito di un ambiente rigorosamente sterile durante il processo di stampa, sono problemi importanti. “Per superare le sfide associate al processo di incubazione in vitro, al bioreattore scadente e al disadattamento della superficie, le tecniche di bioprinting in situ, in cui i biomateriali viventi vengono depositati direttamente sui tessuti bersaglio, si sono affermate come una soluzione promettente”, scrive lo studio.
La bioprinter 3D miniaturizzata e flessibile (F3DB) è stata progettata per veicolare direttamente biomateriali multistrato sulle superfici di organi e tessuti interni. “La nostra tecnologia dirompente è caratterizzata da una testina di stampa ad alto grado di libertà (DOF, Degrees of Freedom) e da un braccio robotico morbido, montati su un corpo lungo e flessibile simile a un serpente. Il dispositivo può potenzialmente accedere ad aree confinate e difficili da raggiungere all’interno dei corpi viventi attraverso piccole incisioni cutanee o gli orifizi naturali dell’uomo (per esempio, bocca e ano)”.
F3DB condivide un’architettura simile a quella dei sistemi chirurgici flessibili esistenti attraverso una configurazione master-slave. Il braccio robotico morbido con tre DOF di movimento di flessione ed estensione è stato sviluppato utilizzando funzionalità avanzate di attuatori idraulici morbidi, mentre la testina di stampa 3D con tre DOF di movimento è montata sul braccio robotico per formare una bioprinter 3D completa. Il dispositivo è completamente attuato con muscoli artificiali morbidi e controllato da un modello di inversione cinematica, un nuovo modello di isteresi non lineare e un controllore basato sull’apprendimento automatico. Le capacità di stampa sono state valutate con un rene fresco di maiale e un colon artificiale utilizzando vari materiali come cioccolato alimentare, elastomero siliconico liquido, gel composito e biomateriale con diversi modelli e superfici.