L’IA in Italia cresce del 30% ma le aziende la usano poco: ecco come rimediare
Esattamente un anno fa, il 3 novembre 2022, è stato presentato ChatGPT, e da allora di intelligenza artificiale si parla e si scrive tantissimo, soprattutto sull’evoluzione di queste tecnologie, sui potenziali rischi nel loro utilizzo, e sulle dimensioni del mercato IA. Ma mettendosi dal punto di vista di una piccola o media impresa italiana, è difficile trovare indicazioni su come applicare l’IA nella propria specifica realtà.
Con questa convinzione, Anitec-Assinform nei giorni scorsi, in un evento che ha visto intervenire operatori del settore, aziende utenti, università e istituzioni, ha presentato il white paper “L’IA in azione”. Un rapporto di oltre 100 pagine che fa il punto sulle tecnologie e sul mercato IA in Italia, ma soprattutto si focalizza sull’uso dell’IA con case history e scenari di applicazione verticali.
“Questo è il terzo white paper del gruppo di lavoro IA di Anitec-Assinform, perché ormai siamo oltre le fasi di studio e sperimentazione, ed è il momento di concentrarsi sull’utilizzo”, ha spiegato Roberto Saracco, il coordinatore del gruppo di lavoro. “Queste tecnologie sono in rapidissima evoluzione, e i case study aumentano, aprendo continuamente nuove prospettive”.
Dal 2020 il mercato IA in Italia è più che raddoppiato
Per le dimensioni del mercato il white paper fa riferimento all’ultimo rapporto Anitec-Assinform, secondo cui il mercato dell’IA in Italia ha raggiunto 435 milioni di euro nel 2022, e salirà a 570 milioni nel 2023, con crescite oltre il 30% annuo, le più alte dell’intero mercato digitale italiano. In pratica dal 2020 il volume d’affari dell’IA in Italia è più che raddoppiato (+128%), e manterrà crescite simili fino almeno al 2026, quando raggiungerà 1,2 miliardi di euro.
Nonostante questi tassi di crescita però è un mercato ancora molto piccolo: 435 milioni sono solo lo 0,6% del mercato digitale italiano. Inoltre l’IA è utilizzata solo nel 6,2% delle imprese italiane con almeno 10 addetti. Un dato che rimane basso soprattutto a causa delle piccole aziende (5,4%), mentre quelle grandi hanno un tasso di utilizzo del 24,3%.
“Le aree a più alta crescita dell’IA sono chatbot (dove ci aspettiamo una evoluzione impressionante nei prossimi anni) e robotic process automation”, ha detto Saracco, “e i settori più attivi sono Banking e Media-Telecom, entrambi con investimenti oltre 80 milioni di euro, in crescita oltre il 30%, seguiti da Sanità, Manifatturiero e Assicurazioni, con tassi di crescita significativi e volumi di mercato tra 30 e 50 milioni”.
“Le persone che usano l’IA toglieranno il lavoro a quelle che non la usano”
Sintetizzando al massimo, la conclusione principale del white paper “L’IA in azione” è che il potenziale dell’IA è indiscutibile, ma nelle imprese italiane è usata troppo poco, e spesso non come leva competitiva.
“Questo divario secondo noi è dovuto a una serie di fattori, tra cui la scarsa consapevolezza delle potenzialità dell’IA, l’erronea percezione che sia una tecnologia troppo complessa o inaccessibile, e una formazione accademica troppo teorica, mentre servono soprattutto competenze di applicazione dell’IA nelle imprese per risolvere problemi di business”, ha sottolineato Saracco.
Il problema quindi è complesso e sfaccettato. “Prima di tutto occorre formare professionisti con background tecnico, capaci di applicare le tecnologie IA alle problematiche quotidiane delle PMI italiane: un fronte su cui gli ITS possono essere d’aiuto”.
Ma c’è anche un problema di capacità del management aziendale di integrare l’AI nella transizione digitale dell’impresa e nell’ammodernamento dei processi. Poi sono da chiarire gli impatti a livello dei singoli: “L’IA non toglierà il lavoro alle persone”, ha commentato Saracco. “Saranno le persone che usano l’IA che toglieranno il lavoro a quelli che non la usano”.
E infine c’è il livello delle strategie istituzionali, che si sviluppa su due fronti, quello delicatissimo della regolamentazione, che deve assicurare usi etici e sicurezza senza soffocare l’innovazione, e quello degli investimenti in infrastrutture digitali, ricerca e formazione, sia specialistica che di base.
“Sviluppo del capitale di conoscenza e competenze digitali, risorse e strumenti di sostegno all’innovazione, regole semplici ed equilibrate: sono questi i principali ingredienti per far sì che l’Italia benefici al massimo dell’intelligenza artificiale”, ha detto Marco Gay, presidente di Anitec-Assinform.
“L’avvio del Centro nazionale sull’IA di Torino è un tassello chiave in questa strategia, così come l’AI Act avrà un ruolo chiave per indirizzare gli investimenti. Come Associazione abbiamo attivato da tempo molte iniziative per sensibilizzare le imprese sulle opportunità dell’IA, ad esempio insieme a Piccola Industria di Confindustria stiamo realizzando un roadshow che in due anni toccherà tutte le regioni italiane”.