L’ONU ha reso disponibile il Digital Economy Report 2024 redatto dall’UNCTAD, il principale organo sussidiario permanente dell’Organizzazione delle Nazioni Unite operante nei settori del commercio, sviluppo, finanza, tecnologia, imprenditoria e sviluppo sostenibile.

Una preoccupazione pressante che emerge dal report è il crescente fabbisogno energetico e idrico della digitalizzazione. Dal 2018 al 2022, il consumo di elettricità da parte di 13 dei maggiori operatori di data center è infatti più che raddoppiato e, in tutto il mondo, si stima che nel 2022 i data center abbiano consumato una quantità di energia pari a quella della Francia: 460 terawattora (TWh) di elettricità. L’Agenzia Internazionale dell’Energia prevede che il loro consumo energetico raddoppierà fino a 1.000 TWh nel 2026.

Tale consumo può mettere a dura prova le reti elettriche locali. Ad esempio, i data center di Singapore rappresentavano circa il 7% della domanda di energia elettrica del Paese nel 2020, mentre in Irlanda tale quota raggiungeva il 18% nel 2022. Anche le tecnologie legate alle criptovalute sono ad alta intensità energetica. Ad esempio, il consumo energetico globale del mining di Bitcoin è aumentato di 34 volte tra il 2015 e il 2023, raggiungendo una stima di 121 TWh.

Nel 2022, 13 dei maggiori operatori di data center hanno consumato elettricità quanto l’intera Francia.

Nel 2022, 13 dei maggiori operatori di data center hanno consumato elettricità quanto l’intera Francia.

Lo stesso consumo di acqua per la digitalizzazione sta crescendo, il che è motivo di preoccupazione in un mondo in cui due miliardi di persone non hanno ancora accesso all’acqua potabile. Nel 2022, i data center e gli uffici di Google hanno consumato più di 21 milioni di metri cubi di acqua, ma anche le nuove tecnologie, come l’IA generativa, richiedono sempre più acqua potabile per il raffreddamento dei server.

Negli Stati Uniti, un quinto dell’impronta idrica diretta dei server dei data center proviene da bacini idrografici che sono sottoposti a stress idrico da moderato a elevato. Secondo l’UNCTAD, comprendere l’impronta energetica e idrica dell’IA e delle criptovalute è fondamentale per valutare l’impatto ambientale di tali tecnologie.

Tali operazioni dovrebbero essere alimentate, per quanto possibile, da elettricità a basse emissioni di carbonio. Gli operatori devono inoltre continuare a migliorare l’efficienza energetica e idrica dei data center, limitando al contempo gli sprechi generati dalla frequente sostituzione delle apparecchiature. Allo stesso tempo, la possibilità di migliorare ulteriormente l’efficienza in queste aree rimane incerta, in parte anche a causa dei limiti fisici dei transistor, ovvero i “mattoni” fondamentali dei dispositivi elettronici.

 

data center

Un altro tema di grande e stringente attualità emerso dal report è quello dei minerali critici. Man mano che i dispositivi digitali diventano più complessi, richiedono più risorse minerarie. I telefoni utilizzavano 10 elementi della tavola periodica nel 1960, 27 nel 1990 e 63 nel 2021.

Di conseguenza, la domanda di minerali critici per le tecnologie digitali e a basse emissioni di carbonio è in continuo aumento. Secondo la Banca Mondiale, ad esempio, la domanda di cobalto, grafite e litio dovrebbe aumentare del 500% entro il 2050.
Garantire l’accesso ai minerali critici è sempre più una priorità strategica per molti Paesi, il che finisce con l’intensificare la concorrenza globale e aumentare il rischio di sfide geopolitiche in un mercato altamente concentrato.

Nel 2022, la Repubblica Democratica del Congo ha prodotto il 68% del cobalto mondiale, l’Australia e il Cile il 77% della produzione di litio e il Gabon e il Sudafrica il 59% del manganese. La Cina gestisce oltre la metà della lavorazione globale di alluminio, cobalto e litio e quasi il 100% della grafite naturale.

La Cina gestisce quasi il 100% della grafite naturale.

La Cina gestisce quasi il 100% della grafite naturale.

Se i Paesi in via di sviluppo ricchi di risorse sono in grado di aggiungere più valore ai minerali estratti, di utilizzare efficacemente i proventi delle materie prime e di diversificare in altre parti della catena del valore e in altri settori, l’aumento della domanda di minerali e metalli necessari per la digitalizzazione può essere sfruttato come un’opportunità di sviluppo.

In questo contesto, è fondamentale invertire gli squilibri commerciali, per cui i Paesi in via di sviluppo esportano minerali grezzi e importano manufatti a più alto valore aggiunto, contribuendo a uno scambio ecologicamente iniquo. È inoltre indispensabile ridurre al minimo gli impatti ambientali e sociali negativi, compresi i problemi legati ai diritti umani.

Per realizzare un’economia digitale più inclusiva e sostenibile dal punto di vista ambientale, è necessaria una risposta politica globale equilibrata che cerchi di raggiungere un consumo e una produzione responsabili e sostenibili e che rifletta gli interessi sia degli esportatori, sia degli importatori di materie prime.