OpenAI starebbe pianificando una significativa ristrutturazione del suo core business con l’obiettivo di trasformare l’attuale struttura in una società benefit for-profit che non sarà più controllata dal suo consiglio di amministrazione non-profit. Si conclude così un attrito tra le due anime dell’azienda che si era manifestato con prepotenza undici mesi fa, con il licenziamento del CEO Sam Altman e successivo reintegro in meno di una settimana.

Secondo fonti che Reuters ritiene affidabili, l’entità non-profit di OpenAI continuerà comunque ad esistere mantenendo una quota di minoranza nella nuova società for-profit. Questo cambiamento potrebbe avere implicazioni su come l’azienda gestisce i rischi legati all’intelligenza artificiale all’interno di una nuova struttura di governance.

Un aspetto rilevante di questa ristrutturazione riguarda il CEO Sam Altman, che per la prima volta riceverà una partecipazione azionaria nella società for-profit. Si stima che il valore dell’azienda dopo la ristrutturazione potrebbe raggiungere i 150 miliardi di dollari. Dovrebbe inoltre essere rimosso il tetto ai rendimenti per gli investitori.

Tre dimissioni pesanti nella dirigenza

Contestualmente alla diffusione della notizia della modifica di assetto societario, è arrivata anche quella delle dimissioni di Mira Murati, Chief Technology Officer di OpenAI e volto pubblico degli annunci più recenti. Nell’annuncio della sua dipartita su X, dopo aver ringraziato vertici e collaboratori di OpenAI, Murati ha detto di volersi prendere più spazio e tempo per le proprie sperimentazioni, connotandola come una scelta personale quindi.

Difficile però non fare un collegamento con i grandi cambiamenti in arrivo, e con i contemporanei annunci – sempre su X/Twitter – da parte di altre due persone di spicco nell’organico di OpenAI, Il Vice President della Ricerca Barret Zoph e il Chief Research Officer Bob McGrew.

Sam Altman ha pubblicato su X un post in cui saluta e ringrazia Murati, ma l’uscita di scena dell’intera dirigenza tecnologica e di ricerca sarà una brutta gatta da pelare per il CEO, che dovrà convincere gli investitori del fatto che l’azienda continua ad avere le competenze, le risorse e una strategia chiara per raggiungere la superintelligenza artificiale, o AI generale, vero Santo Graal e obiettivo di tutte le aziende del settore.

In questo senso, il passaggio a for-profit e la rimozione del tetto ai guadagni per gli investitori potrebbe fornire loro la spinta. Non è escluso che questa scelta sia conseguenza della fuga dei cervelli, e non il contrario.

OpenAi, una startup come le altre?

La nuova struttura potrebbe facilitare gli investimenti e l’operatività di OpenAI come una tipica startup, allineando OpenAI alle strutture societarie dei principali concorrenti come Anthropic e xAI di Elon Musk, registrate come società benefit. La mossa solleva però interrogativi sulla capacità di OpenAI di mantenere un equilibrio tra la ricerca di profitti e la missione originale, che era quella di sviluppare un’IA sicura e benefica per tutti.

La ristrutturazione segna un’evoluzione importante per OpenAI, nata nel 2015 come organizzazione di ricerca AI non-profit e che ha aggiunto l’entità for-profit OpenAI LP nel 2019 come sussidiaria. L’azienda ha guadagnato attenzione globale con il lancio di ChatGPT alla fine del 2022, diventando una delle applicazioni con la crescita più rapida nella storia.

Secondo le fonti, legali e shareholders sono al lavoro per definire i termini legali della transizione, ma la decisione finale sulla ristrutturazione dovrà essere approvata dal consiglio di amministrazione non-profit, composto da nove membri.

Con il lancio di ChatGPT ormai quasi due anni fa, OpenAI ha dato una svolta all’intera industria ICT, portando prepotentemente sulla scena la IA generativa e più in generale il machine learning. Il suo assetto e orientamento strategico avranno forti impatti sullo sviluppo globale del mondo digitale. Sarà quindi il caso di tenere la sua evoluzione sotto stretta sorveglianza.