Intel sostituita da Nvidia nel più famoso indice di Borsa USA

intel nvidia
Intel esce dal Dow Jones Industrial Average (DJIA) dopo 25 anni, segnando una tappa fortemente simbolica nel suo declino.

Dopo un’era durata 25 anni, Intel sarà sostituita da Nvidia nell’indice blue-chip Dow Jones Industrial Average (DJIA). Un'”uscita di scena” che segna una trasformazione significativa nel mercato dei semiconduttori e che rappresenta un ulteriore colpo per la storica azienda USA, che sta attraversando una fase di forte difficoltà.

Un tempo leader incontrastata del settore, Intel ha perso terreno negli ultimi anni, cedendo il primato produttivo alla rivale TSMC e perdendo l’occasione di partecipare all’espansione dell’IA generativa, a causa di scelte sbagliate come il rifiuto di investire in OpenAI. Le azioni di Intel sono crollate del 54% quest’anno, rendendola la peggiore del DJIA e con il prezzo delle azioni più basso nell’indice.

Questa notizia arriva a un giorno di distanza dalle previsioni ottimistiche di Intel per il futuro dei suoi settori PC e server. Sebbene l’azienda abbia prospettato un fatturato trimestrale superiore alle stime, ha anche ammesso che dovrà affrontare molte sfide per migliorare. Secondo Susannah Streeter, responsabile dei mercati presso Hargreaves Lansdown, la perdita dell’inclusione nel Dow Jones rappresenta un duro colpo reputazionale per Intel e comporta l’esclusione dai fondi ETF che seguono l’indice, con un possibile impatto negativo sul prezzo delle azioni.

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Lo scorso anno Intel ha registrato un fatturato di 54 miliardi di dollari in calo di quasi un terzo rispetto al 2021, quando Pat Gelsinger ha assunto la guida dell’azienda come CEO. Gli analisti prevedono che Intel chiuderà quest’anno con la prima perdita netta dal 1986 e il valore della compagnia è sceso sotto i 100 miliardi di dollari; una cifra nettamente inferiore rispetto a Nvidia, che ha raggiunto i 3,32 trilioni di dollari di capitalizzazione posizionandosi come la seconda azienda più ricca al mondo.

Solo quest’anno, le azioni Nvidia sono raddoppiate in valore, rendendo l’azienda un punto di riferimento assoluto per il mercato dell’IA. Inoltre, lo split azionario di 10 a 1 avvenuto a giugno ha reso le azioni più accessibili agli investitori retail, facilitando il suo ingresso nell’indice Dow Jones. Intel, d’altro canto, non è riuscita a guadagnare quote significative nel mercato dei chip per l’IA e si trova ora a dover competere in un settore dove Nvidia è sempre più in testa, in quello che possiamo tranquillamente definire un cambiamento epocale che rispecchia il passaggio dal modello tradizionale dei processori alle nuove tecnologie IA.

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Microsoft continua l’escalation degli investimenti per sostenere l’IA

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Come Alphabet, Meta e AWS, anche Microsoft sta stanziando decine di miliardi per costruire data center, con vincoli sempre più severi su tutti gli altri costi.

Microsoft sta affrontando una forte domanda di servizi di IA e cloud, ma non dispone di sufficiente capacità nei suoi data center per soddisfarla. Di conseguenza, la crescita di Azure continuerà a rallentare nel trimestre attuale, una previsione che ha portato le azioni dell’azienda a registrare giovedì il maggior calo giornaliero degli ultimi due anni.

Per risolvere il problema, Microsoft sta investendo somme massicce per espandere la propria infrastruttura; come riportato da Bloomberg, solo nei tre mesi conclusi il 30 settembre ha infatti destinato 14,9 miliardi di dollari alla costruzione di data center, una cifra che supera di gran lunga le spese annuali di capital expenditure (capex) di pochi anni fa.

Microsoft non è comunque la sola a spendere in questo modo. Nello stesso periodo, Alphabet ha investito 13,1 miliardi di dollari, Meta Platforms 8,3 miliardi e Amazon 22,6 miliardi, con previsioni di raggiungere i 75 miliardi per il 2023, destinando gran parte di questi fondi all’infrastruttura cloud di Amazon Web Services.

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Questo massiccio dispendio di risorse da parte di Microsoft non ha incontrato il favore di tutti gli investitori, alcuni dei quali sono preoccupati per l’impatto sui margini e per il rallentamento di Azure. Inoltre, i ritardi nell’espansione dei data center rischiano di lasciare spazio ai concorrenti, proprio mentre i clienti iniziano ad acquistare nuovi strumenti di IA generativa. Anche OpenAI, partner cruciale di Microsoft, è impaziente di avere a disposizione la capacità di calcolo necessaria per sostenere i suoi modelli avanzati.

L’IA generativa richiede infatti una quantità elevata di risorse di calcolo, imponendo quindi a Microsoft di trovare soluzioni più efficienti. L’azienda sta ottimizzando l’utilizzo di unità grafiche e migliorando il layout dei server per massimizzare la resa riducendo il consumo energetico e idrico. Come ha spiegato il CFO Amy Hood, Microsoft si sta concentrando sul diventare il provider più efficiente in termini di calcolo per megawatt.

Attualmente, solo la metà della spesa cloud e IA di Microsoft è legata alla domanda dei clienti, mentre il resto è destinato a investimenti a lungo termine come nuovi data center. Le spese per chip e server possono essere ridotte in caso di rallentamento della domanda, ma costruzioni come data center sono più difficili da riconvertire.

Hood ha ricordato che Microsoft ha già affrontato trasformazioni simili, come il passaggio dal software pacchettizzato al cloud. La strategia attuale è investire massicciamente in capex per IA contenendo altre spese, inclusi i costi del personale. Lo stesso Satya Nadella, CEO di Microsoft, vede nell’IA un cambio generazionale della tecnologia e il vero rischio è investire troppo poco anziché troppo.

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