Data management e analytics, la spesa in Italia sale del 20% a 3,42 miliardi
Nel 2024 le imprese italiane private e pubbliche spenderanno 3,42 miliardi di euro in risorse infrastrutturali, software e servizi connessi alla gestione e analisi dei dati. Una spesa in crescita del 20% che conferma ancora una volta lo stato di salute di questo segmento dell’IT, che nei dati di quest’anno inizia a mostrare i primi impatti concreti del boom dell’intelligenza artificiale.
È il principale responso della nuova edizione – la diciassettesima – dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics del Politecnico di Milano, presentato ieri. “Se il 2023 è stato l’anno della fascinazione per la Generative AI, il 2024 è l’anno dell’implementazione delle prime iniziative a livello internazionale. Questo ha avuto una ricaduta diretta sulle scelte d’investimento anche in Italia, sia in termini di tecnologie per la gestione dei dati, sia nella volontà di sperimentare nuove applicazioni”, ha detto Carlo Vercellis, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio, al convegno di presentazione del report.
Le grandi imprese (da 250 addetti in su) si confermano il traino del mercato, con il 75% della spesa, mentre solo il 19% viene dalle piccole e medie imprese (PMI) e il 6% dalla pubblica amministrazione (PA). PMI e PA però quest’anno fanno segnare crescite degli investimenti superiori alla media: rispettivamente +27% e +25%.
Anche la ripartizione per settori conferma trend noti da tempo: il finanziario (banche e assicurazioni) rappresenta un terzo della spesa in gestione e analisi dei dati, il manifatturiero un quarto, seguito dal comparto telco/media con il 16%.
“Nonostante il difficile contesto geopolitico, le grandi aziende continuano a investire in tecnologie e servizi di Data Management & Analytics, e anche una parte delle medie imprese sta finalmente accelerando nel percorso”, ha sottolineato Alessandro Piva, Responsabile della Ricerca.
“La sfida a questo punto è costruire una propria strategia personalizzata basata su tre elementi: una buona gestione e usabilità dei dati, la capacità di innovare attraverso progetti di Data Science, cioè di advanced analytics, e una cultura di utilizzo strategico e pervasivo dei dati”.
Grandi imprese, solo una su 4 è soddisfatta della qualità dei dati
L’Osservatorio ha approfondito lo stato d’avanzamento delle grandi imprese italiane su questi tre punti con un’indagine su 115 realtà con almeno 250 dipendenti.
Per quanto riguarda il Data Management, è cresciuta ancora la quota di grandi imprese che hanno ruoli e responsabilità ben definite in questo campo (46% contro il 25% del 2021) e che hanno introdotto tecnologie e metodologie di efficientamento e automazione della gestione dei dati.
Solo il 24% però dichiara di riuscire a garantire alta fruibilità e qualità dei dati aziendali.
Per l’usabilità dei dati, l’adozione di strumenti di Business Intelligence è ormai consolidata (93%), e cresce il loro uso anche tra i dipendenti non specialisti (3 aziende su quattro).
Grandi imprese, il 36% ha un team interno di advanced analytics
Passando ai progetti di advanced analytics, rimane stabile (73%) la quota di grandi imprese che ha avviato almeno una sperimentazione, “ma questo non deve ingannare perché tre su 4 di queste realtà hanno aumentato di molto i progetti in corso”, spiega Piva, “e questo principalmente per due motivi: le richieste del business, e la volontà di sperimentare la generative AI”.
Inoltre il 36% delle grandi aziende (era il 21% nel 2021) ha un team interno di Data Science al servizio di tutta l’organizzazione.
Quanto all’approccio strategico ai dati, il 39% ha definito una Data Strategy unitaria, e il 20% ha attribuito a un manager dedicato (Chief Data Officer o simili) la responsabilità di implementare tale strategia.
Maturità della data strategy: crescono le realtà avanzate
L’Osservatorio ha anche fatto il punto sullo stato di maturità della data strategy nelle grandi aziende italiane con il suo DSI, data strategy index, che valuta gli ambiti data architecture, data governance, data science, business intelligence, data culture.
“Ne emerge che le imprese con data strategy avanzata sono il 23% (l’anno scorso erano il 20%), e le immature sono l’11% (erano il 16%), ma nessuna azienda raggiunge punteggio massimo: il percorso è ancora molto lungo”, ha detto Piva.
PMI, 8 su 10 fanno analisi dati, ma sono carenti nell’integrazione
Un altro capitolo del report è dedicato alle PMI, con un’indagine su 559 imprese italiane tra 20 e 249 addetti. Ne risulta che il 79% delle PMI (era il 74% nel 2023) svolge attività di analisi dati, almeno a livello descrittivo. Una crescita lenta ma costante negli ultimi tre anni.
I dati analizzati sono soprattutto amministrativi e provenienti dal sistema gestionale o ERP. Solo il 15% utilizza dati provenienti dal web o dai profili social per attività di marketing.
Ma la principale criticità è nell’integrazione dei dati: il 78% delle PMI non integra diverse fonti o lo fa solo manualmente, tramite importazioni ed esportazioni. Tre aziende su 4, tra quelle che svolgono analisi dati almeno descrittive, stanno sperimentando anche nel campo delle analisi predittive (+7 punti percentuali rispetto al 2023). Le medie imprese stanno accelerando nelle attività, ma ciò porta a una crescita del distacco tra medie e piccole imprese.
Gli sviluppi probabili nel 2025
Infine il report analizza i più probabili sviluppi del mercato italiano della gestione e analisi dei dati nel 2025. Per quanto riguarda le PMI, solo il 37% ha definito delle priorità specifiche di valorizzazione dei dati per i prossimi 12 mesi. Queste realtà si focalizzeranno soprattutto sulla formazione del personale, riconoscendo l’importanza di sviluppare competenze interne per affrontare le sfide legate ai dati.
Per le grandi aziende, la priorità è coinvolgere l’intera organizzazione nei processi di data management e analisi dei dati, e misurarne i benefici. Per le realtà più avanzate, il 2024 è stato l’anno delle prime iniziative di GenAI. Da un punto di vista tecnologico, ciò si traduce in una crescente attenzione verso componenti abilitanti, con crescente utilizzo di risorse hardware ad elevate prestazioni e integrazione di componenti software innovative quali Vector DB, Graph DB o strumenti di Data Observability.
“Altro filone è il ruolo del Data Act: accenderà una luce su opportunità di data sharing, la UE vuole offrire a cittadini e imprese di decidere con chi condividere i propri dati, all’interno di una logica di data spaces, cioè di aree di condivisione di dati”, ha detto Vercellis.