Azionisti TIM: entrano le Poste ed esce CDP. Iliad conferma l’interesse

Azionisti TIM: entrano le Poste ed esce CDP. Iliad conferma l’interesse
Il CdA di TIM approva il piano strategico 2025-2027, mentre sul versante M&A Iliad e Poste rimangono le due uniche ipotesi in campo. Primo contatto con Poste già avvenuto, ma Iliad rimane in partita.

Giornate particolarmente “calde” per TIM. Il CdA dell’azienda ha approvato l’aggiornamento del piano strategico 2025-2027 presentato dall’Amministratore Delegato Pietro Labriola, che punta a posizionare il Gruppo come la migliore e più grande piattaforma digitale e telco in Italia e come il più efficiente operatore di TLC in Brasile. Grazie alla generazione di cassa prevista dal piano, verrà ridotta ulteriormente la leva e verrà ripresa la remunerazione degli azionisti, mantenendo al contempo flessibilità finanziaria e una solida struttura del capitale.

“Il 2024 è stato un anno di grande trasformazione per il nostro Gruppo, segnato dal completamento della cessione di NetCo e dal rafforzamento della nostra posizione nei mercati di riferimento”, ha dichiarato Labriola. “Sul fronte degli obiettivi, il piano 2025-2027 prevede una crescita media annua del 3% dei ricavi e tra il 6 e il 7% per i margini, sostenuta dal miglioramento delle attività domestiche e dall’espansione in Brasile. Siamo pronti a consolidare la nostra leadership, investendo 6 miliardi di euro in tecnologia e innovazione per continuare a creare valore per tutti i nostri stakeholder”.

Gli investimenti citati dall’AD di TIM si concentreranno su 5G, cloud, IoT, intelligenza artificiale, ESG e innovazione, facendo leva su pilastri ben definiti come crescita delle persone, infrastrutture sostenibili, cybersecurity e trasformazione tecnologica.

tim iliad poste

Labriola ha colto l’occasione della presentazione del piano strategico per parlare anche delle attività M&A di cui si vocifera da alcune settimane. “Lo abbiamo sempre detto che dal punto di vista industriale gli unici due possibili obiettivi per un’attività di M&A erano Iliad o Poste. Quando abbiamo iniziato a dirlo ,era il 2022. Ci sono voluti tre anni e adesso tutti stanno discutendo di questa cosa. Io non ho una preferenza specifica”, ha replicato Labriola agli analisti sugli scenari di consolidamento che, secondo recenti indiscrezioni, vedono anche l’interesse del fondo britannico CVC, non menzionato da Labriola.

“Sotto un profilo industriale, come spiegato in passato, un accordo con iliad è un accordo con tante sinergie industriali legate alle esistenza di due reti visto che una sparisce, mentre con Poste potrebbe essere un deal che ha meno sinergie industriali ma un approccio commerciale molto differente, perché potrebbe comportare l’accelerazione della nostra strategia di customer platform, continua l’AD di TIM.

Quanto a un’eventuale operazione che coinvolgesse entrambi, Labriola ha dichiarato: “Dal punto di vista antitrust non abbiamo fatto nessun tipo di analisi per poter valutare se tre operatori, Poste, Tim e iliad, tutti insieme avrebbero l’ok. Quindi non mi metto a fare elaborazioni mie, perché sono cose che vanno analizzate a tavolino con un certo livello di maggior dettaglio”.

Aggiornamento del 18 febbraio

Poste Italiane ha annunciato l’intenzione di rilevare la quota TIM di Cassa Depositi e Prestiti (9,81%), che riceverà da Poste il 3,78% di Nexi oltre a un conguaglio di 180 milioni. CDP (che mantiene comunque il 35% di Poste), accrescerà quindi le sue partecipazioni nei sistemi di pagamento, anche in vista del progetto di Euro digitale.

L’operazione non comprometterebbe un ingresso di Iliad in TIM, che vorrebbe rilevarne fino al 35% delle quote per arrivare a un consolidamento degli operatori integrandosi alla divisione consumer di TIM.

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L’offerta di Musk per OpenAI è una cosa seria o serve solo a “fare ammuina”?

TSMC intel
Un consorzio guidato da Elon Musk ha presentato un'offerta da 97,4 miliardi di dollari per acquisire la società non profit che controlla OpenAI... e la risposta di Sam Altman non si è fatta attendere.

Un consorzio guidato da Elon Musk, che comprende xAI, Baron Capital Group, Emanuel Capital e altri investitori, ha presentato un’offerta da 97,4 miliardi di dollari per rilevare la società non profit che controlla OpenAI, nel tentativo di impedire la transizione dell’azienda IA guidata da Sam Altman verso una struttura a scopo di lucro. La proposta di Musk accentua le tensioni con Altman, con cui ha da tempo visioni contrastanti sul futuro dell’azienda simbolo dell’IA generativa. Altman, dal canto suo, ha risposto ironicamente su X scrivendo: “No grazie, ma compreremmo Twitter per 9,74 miliardi di dollari se vuoi”.

Ricordiamo che Musk ha co-fondato OpenAI con Altman nel 2015 come organizzazione no-profit, ma ha lasciato prima che l’azienda decollasse e nel 2023 ha fondato la concorrente xAI.

Mentre OpenAI sostiene che la transizione a una struttura for-profit sia necessaria per attrarre i capitali indispensabili allo sviluppo delle tecnologie di intelligenza artificiale, Musk non è mai stato d’accordo con questa transizione da no-profit a for-profit, citando addirittura in giudizio Altman e altri dirigenti con l’accusa di aver violato gli accordi iniziali, mettendo il profitto davanti al bene pubblico, che era invece l’oggetto dichiarato e missione nello statuto della non profit.

Secondo il The Wall Street Journal, in caso di acquisizione, OpenAI potrebbe essere fusa con xAI, che ha recentemente raccolto 6 miliardi di dollari raggiungendo una valutazione di 40 miliardi. OpenAI era valutata 157 miliardi di dollari nell’ultimo round di finanziamento, ma SoftBank è in trattative per guidare un nuovo investimento fino a 40 miliardi, che porterebbe la valutazione complessiva del gigante dell’IA a 300 miliardi.

Musk OpenAI

Tuttavia, un’ipotetica acquisizione richiederebbe a Musk di raccogliere ingenti capitali, ipotizzando la vendita di azioni Tesla o l’uso delle partecipazioni in SpaceX come garanzia.

Quanto è seria la proposta di acquisto?

Al momento, OpenAI non ha confermato di aver ricevuto la proposta formale, una lettera di intenti dettagliata di quattro pagine firmata da Musk e gli altri investitori, che Marc Toberoff, avvocato di Musk, ha dichiarato di avere inviato allo studio legale esterno di OpenAI. “Se poi Altman abbia deciso di inoltrarla o meno agli altri membri del board, è cosa fuori dal nostro controllo”, ha commentato.

Dal canto suo, a margine dell’AI Summit di Parigi, Altman ha sminuito l’offerta, definendola ridicola e ribadendo che OpenAI non è in vendita. Il vero problema di Altman è che – accettata o meno – la presenza di un’offerta formale può essere usata in tribunale come criterio di valutazione dell’azienda. Una valutazione ben più alta dei 40 miliardi che Altman e altri investitori avrebbero intenzione di investire per scorporare la proprietà intellettuale e gli asset di business dall’organizzazione non profit, per poi raccogliere ulteriori investimenti e portare la quotazione a quota 300 miliardi.

La Procuratrice Generale del Delaware,  Kathy Jennings sarà infatti chiamata a valutare che l’azienda “aderisca ai suoi specifici scopi benefici assicurando i massimi vantaggi ai beneficiari pubblici, e non agli interessi dei direttori o partner di OpenAI”. Il che significa che – se dovrà rinunciare al controllo del ramo for-profit, dovrà essere adeguatamente compensata.

OpenAI intanto lavora ai sui chip per accelerare l’AI

La proposta di Musk arriva tra l’altro nello stesso giorno in cui OpenAI ha annunciato che la progettazione del proprio chip IA è in fase di finalizzazione e verrà inviata per la produzione a TSMC nei prossimi mesi, con l’obiettivo è avviare la produzione su larga scala entro il 2026. Il chip in questione sarà prodotto con il processo avanzato a 3 nanometri di TSMC e integrerà memoria HBM e un’architettura a matrice sistolica simile a quella dei chip NVIDIA

Il progetto rappresenta una mossa strategica per rafforzare la posizione negoziale di OpenAI nei confronti dei fornitori di chip (NVIDIA in primis), ma porta con sé anche ingenti investimenti. Un singolo progetto potrebbe infatti costare fino a 500 milioni di dollari, con il budget che potrebbe raddoppiare per software e infrastruttura.

Il progetto di OpenAI, guidato dall’ex dirigente di Google Richard Ho, può contare su 40 ingegneri e sulla collaborazione per Broadcom, ma al momento rimane un’iniziativa più “piccola” rispetto a quelle di Google e Amazon, che per i propri chip IA impiegano più del doppio delle risorse.

(Articolo pubblicato l’11 febbraio 2024 e aggiornato il 12 febbraio per includere le reazioni di Altman e l’impatto dell’offerta sullo scorporo del ramo for-profit di OpenAI)

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