Come sta andando il mercato della stampa 3D?

Come sta andando il mercato della stampa 3D?
Secondo la società di analisi di mercato Canalys nel primo semestre 2015 il volume di vendite delle stampanti 3D è cresciuto del 52%.

Come sta andando il mercato mondiale delle stampanti 3D? Si parla sempre più spesso di questi prodotti e di tutto quanto gira attorno a essi, ma in quanto a numeri come si può considerare questo mercato giovane e ancora alla ricerca di una propria identità? A rispondere ci pensa la società di analisi di mercato Canalys con uno studio incentrato sul primo semestre 2015, nel quale il volume di vendite è cresciuto del 52% su base annua con un totale di 88.000 stampanti 3D vendute a livello globale.

Numeri che equivalgono, considerando anche i materiali consumabili e i servizi, a circa 1,8 miliardi di dollari, anche se Canalys prevede un valore complessivo di 20,2 miliardi nel 2019. Le vendite fatte registrare nei primi sei mesi di quest’anno sono in crescita sia nel mercato consumer grazie ai prezzi in continua discesa, sia in quello aziendale-produttivo, con soluzioni che si adattano sempre più e meglio alle varie esigenze produttive delle imprese.

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Parlando invece di produttore leader, il vincitore assoluto è XYZprinting, con un market share del 22% che equivale a circa 19.400 stampanti 3D vendute. Merito di questo primato è da ricercare soprattutto nella varietà di offerta, visto che il produttore taiwanese ha già in catalogo sei modelli e un’imminente stampante 3D destinata alla produzione alimentare.

Ad aver fatto segnare il maggior numero di vendite è la linea di stampanti Da Vinci (foto sopra), grazie ai prezzi competitivi e alla presenza di modelli destinati anche a quel pubblico consumer che vuole avvicinarsi a questo settore senza eccessivi investimenti. Non mancano però soluzioni più professionali, con una nuova stampante in arrivo che non richiederà filamenti proprietari.

Chiudiamo con una dichiarazione dell’analista di Canalys Joe Kempton, secondo il quale il primato di XYZprinting si spiega con la tendenza in atto per la quale molte aziende piccole e medie stanno passando dai player di grandi dimensioni a produttori più piccoli e locali, che promettono la stessa qualità a prezzi sensibilmente inferiori.

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I wearable entrano in azienda

I wearable entrano in azienda
Una nuova ricerca di mercato svolta da APX Labs analizza la diffusione e l’importanza dei wearable nelle aziende.

Proprio pochi giorni fa riportavano un’indagine di mercato di IDC a dir poco ottimistica verso lo sviluppo e il successo dei dispositivi indossabili da qui fino al 2019, con numeri in continuo aumento grazie soprattutto all’Apple Watch e, nel corso degli anni, alla diffusione della piattaforma Android Wear. Oggi torniamo a parlare di wearable approfittando di una nuova ricerca di mercato svolta da APX Labs per scoprire la diffusione e l’importanza di questi dispositivi nelle aziende.

Una scelta particolare visto che finora i wearable sono stati intesi soprattutto come dispositivi consumer per leggere le notifiche dello smartphone al polso e misurare l’attività fisica, ma in realtà il loro utilizzo nell’ambito industriale-aziendale è tutt’altro che secondario o marginale. Lo studio ha coinvolto circa duecento imprese e si è concentrato in particolare sulle realtà più grandi con oltre 500 dipendenti.

Il risultato del sondaggio è che si sta attuando una sorta di “rivoluzione invisibile“. Questo perché, senza che se ne parli diffusamente, i dispositivi indossabili rappresentano già una realtà importante nelle aziende coinvolte (soprattutto farmaceutiche e manifatturiere) con una diffusione addirittura del 93%, sia che si tratti di una loro applicazione nel lavoro quotidiano, sia come progetto pilota di valutazione.

Un altro elemento interessante è da ricercare nell’interesse di queste aziende verso wearable che facciano bene un compito specifico, senza invece puntare a dispositivi con mille funzioni o di un singolo produttore. Ecco perché queste aziende si rivolgono ai device più disparati anche di vendor diversi come smart glasses, sistemi audio indossabili, activity tracker, videocamere indossabili e naturalmente smartwatch.

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L’indagine di APX ha anche stabilito gli undici scenari di utilizzo più frequenti e importanti per i wearable in azienda e tra questi ai primi posti compaiono attività come il controllo qualità in produzione, l’assistenza sul campo, l’assemblaggio di componenti, la produzione in generale e il training. Naturalmente questi scenari variano molto da azienda ad azienda, con la gestione dell’inventario e della logistica primaria per un’impresa di trasporti e con la gestione delle vendite che è invece fondamentale per un fornitore o un’impresa nel campo retail.

Il dispositivo indossabile considerato più utile e promettente dalle aziende è da ricercare negli smart glasses, prodotto che fino a un paio di anni fa sembrava sul punto di esplodere grazie soprattutto ai Google Glasses e che invece è quasi scomparso dal mercato. Eppure questi occhiali intelligenti, che in effetti sono quasi inesistenti se si considerano da un punto di vista consumer, sono già molto utilizzati nelle aziende, soprattutto quando si tratta di attività come assemblaggio, produzione e controllo qualità.

I pregi maggiori degli smart glasses sono essenzialmente due; da un lato permettono di avere le amni libere e al tempo stesso di ricevere visualmente (o anche tramite audio) informazioni sul lavoro svolto, mentre dall’altro la presenza di una telecamera incorporata permette di trasmettere video e immagini direttamente dal luogo di lavoro.

Di contro, a frenare l’adozione degli smart glasses sono principalmente il costo e la sicurezza. Quest’ultimo fattore è risultato ancora più determinante per quanto riguarda gli smartwatch e, se molte aziende sono ancora restie a dotarsi di orologi smart, è appunto per la scarsa fiducia che questi dispositivi trasmettono a livello di sicurezza dei dati e privacy.

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