Da Panda Security arriva Adaptive Defense 360

Da Panda Security arriva Adaptive Defense 360
Adaptive Defense 360 di Panda Security è una soluzione di sicurezza che unisce la più efficace protezione antivirus con l’ultima tecnologia di protezione avanzata.

In uno scenario odierno a dir poco spaventoso per chi deve occuparsi di sicurezza informatica, con oltre 300.000 nuovi esemplari di malware giornalieri e tecniche di attacco sempre più sofisticate, le aziende devono continuamente combattere contro minacce ancora più numerose che mettono a rischio le loro informazioni. Conscia di questa situazione, Panda Security ha annunciato oggi Adaptive Defense 360, una nuova soluzione che combina in un unico prodotto Panda Endpoint Protection Plus e Panda Adaptive Defense.

Il primo è uno strumento EPP (Endpoint Protection Platform) che include tutte le funzionalità di protezione tradizionale tra cui antivirus, antimalware, firewall personale, web e mail filtering e controllo dei dispositivi. La seconda soluzione di tipo EDR (Endpoint Protection & Response) aggiunge invece rilevazione e risposte automatiche, monitoraggio continuo e analisi forense in tempo reale, permettendo il completo rafforzamento e la protezione dell’endpoint.

In pratica, con Adaptive Defense 360, Panda Security punta a garantire protezione dell’endpoint e a classificare in modo accurato ogni applicazione dell’azienda per permettere solo l’esecuzione di quelle legittime. Visto che Adaptive Defense 360 è posizionata sull’endpoint, riesce a rilevare le minacce in un ambiente reale includendo i dispositivi USB, cosa che invece non accade con la maggior parte dei prodotti di Advanced Threat Detection (ATD), in grado di localizzare solo minacce che accedono in rete e in ambienti virtualizzati.

Per le informazioni in tempo reale è presente il monitoraggio visivo di ciò che il malware sta provocando all’interno dell’azienda

Per fare ciò, la nuova soluzione di Panda Security sfrutta sia il monitoraggio continuo di applicazioni e server aziendali, sia la classificazione automatica tramite tecniche di Machine Learning nella piattaforma Big Data di Panda, oltre all’analisi e alla classificazione manuale da parte dei tecnici di PandaLabs delle applicazioni che non vengono categorizzate automaticamente, in moda da comprendere il comportamento delle esecuzioni.

Tra le altre caratteristiche di Adaptive Defense 360 si segnalano la protezione per sistemi obsoleti, le informazioni in tempo reale e la modalità di gestione. Sul primo versante Adaptive Defense 360 include un modulo contro le vulnerabilità che utilizza regole contestuali e comportamentali, in modo tale che le organizzazioni possano operare in un ambiente sicuro, anche con sistemi non aggiornati.

Per le informazioni in tempo reale è presente il monitoraggio visivo di ciò che il malware sta provocando all’interno dell’azienda. Questo utilissimo processo non solo localizza il malware in rete, ma traccia anche le azioni svolte come la creazione di file e i destinatari delle comunicazioni, fornendo inoltre informazioni continue sullo stato della rete e inviando alert immediati in caso di accesso di un malware e delle azioni intraprese per contrastarlo.

Adaptive Defense 360 permette infine alle aziende di evitare investimenti in risorse tecniche per la gestione di quarantene, file sospetti, reinstallazione o rimozione di codici dai computer infetti. Questo grazie alla classificazione automatica di tutte le applicazioni utilizzando le tecniche di Machine Learning negli ambienti Big Data, il tutto tramite l’attenta supervisione dei tecnici specializzati di PandaLabs che gestiscono l’intero processo.

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Amazon banna Chromecast e Apple TV dal suo store

Amazon banna Chromecast e Apple TV dal suo store
Nemmeno i rivenditori di terze parti potranno vendere i due media player di Google e Apple sullo store di Amazon. Cominciata la guerra delle piattaforme è.

Come riportato inzialmente da questo articolo di Bloomberg, Amazon ha inviato ai partner del suo marketplace un’email in cui ha annunciato la messa al bando con la giustificazione che questi dispositivi non intendono supportare il servizio di streaming video Amazon Prime. Secondo l’azienda, i clienti Prime potrebbero essere confusi dal fatto che i servizi della casa non funzionino con articoli acquistati nello store con lo stesso marchio.

Abbiamo chiesto spiegazioni ad Amazon, e un portavoce ci ha risposto con un’affermazione simile: “Negli ultimi tre anni, il servizio Prime Video è diventato un componente importante di Prime. È importante che i media player in vendita sul nostro negozio possano interagire bene con Prime Video, per impedire confusione tra i consumatori. Roku, XBox, Playstation e Fire TV sono scelte eccellenti.

Fire TV (e Fire TV Stick) sono ovviamente prodotti di Amazon stessa. Si tratta quindi di un caso in cui un grosso player cerca di mettere i bastoni tra le ruote ai concorrenti per far primeggiare il suo prodotto, magari abusando di una posizione dominante?

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Sarebbe facile rispondere “sì”, per via delle gigantesche dimensioni della presenza online di Amazon. I tempi però sono cambiati, in molti modi diversi. Un tempo, i produttori realizzavano oggetti e i rivenditori li mettevano sul mercato. Oggigiorno, non è difficile trovare aziende che realizzano prodotti che poi vendono attraverso il normale canale di rivenditor, ma anche nei propri negozi.

non troverete un Chromecast in un Apple Store, così come non troverete una Apple TV nello store Google Play.

Apple lo fa. Amazon lo fa. Google lo fa. Tutti vendono anche prodotti di terze parti, ma non troverete un Chromecast in un Apple Store, così come non troverete una Apple TV in uno store Google Play.

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In questa luce, la mossa di Amazon si può vedere come speculare e contraria a quella fatta dai suoi concorrenti stessi (non fosse per i volumi di merce trattata, ovviamente).

Certo, Amazon avrebbe potuto gestire il problema della “confusion” in altro modo. Avrebbe potuto far applicare ai suoi partner un avviso sulla pagina del prodotto che informa sulla non compatibilità con Amazon Prime. Ma c’è sempre chi non legge quegli avvisi.

Insomma, Amazon ha teoricamente una valida preoccupazione per la qualità del suo servizio e la soddisfazione degli utenti Amazon Prime, ma certamente la decisione di eliminare un canale distributivo ai propri concorrenti non è stata vissuta come una di quelle che tolgono il sonno la notte.

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