5 milioni di Google Cardboard nel mondo

5 milioni di Google Cardboard nel mondo
Google si è detta molto soddisfatta dei risultati raggiunti da Google Cardboard, il suo visore per realtà virtuale super economico e facilissimo da usare.

Mentre tutti gli appassionati di tecnologia e i realtà virtuale attendono con ansia l’uscita nei prossimi mesi di Oculus Rift, HTC Vice e PlayStation VR, Google ha comunicato nelle scorse ore di aver venduto 5 milioni di Cardboard, il visore VR di cartone della grande G che, a un prezzo bassissimo e senza alcun setup di sorta (basta infilare il proprio smartphone nell’apposito spazio), permette a tutti di entrare nel mondo della realtà virtuale.

Sbarcate inizialmente sul mercato nel giugno di due anni fa, le prime unità di Google Cardboard hanno venduto da subito piuttosto bene, anche se è soprattutto nei mesi scorsi che, complici anche i vari annunci sul mondo della VR (Oculus Rift su tutti), si sono registrati numeri davvero massicci per quanto riguarda le app per la realtà virtuale, che hanno superato nei giorni scorsi quota 25 milioni di download.

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Si tratta sia di app di “esplorazione” virtuale, sia di applicazione che permettono di vedere video di YouTube a 360 gradi, per non parlare naturalmente dei giochi, con il bestseller Caaaaardboard! Che ha già venduto circa 50.000 copie. I dati forniti da Google stupiscono ancora di più se pensiamo che, oltre ai Cardboard originali realizzati in cartone, diversi produttori propongono da tempo modelli simili in plastica o in altri materiali più resistenti, il che fa presumere che i visori VR sparsi per il mondo siano molto di più dei 5 milioni di Cardboard.

Un dato importante che testimonia come la voglia di realtà virtuale, anche solo per semplice curiosità, sia tanta e che lascia ben sperare per l’arrivo nel corso di quest’anno dei tre visori citati prima. Si tratta però di due fasce di prodotti molto diverse tra loro. Cardboard (e le sue varie imitazioni) offre un’esperienza VR piuttosto limitata seppur coinvolgente, ma non può certo competere a livello tecnologico e di resa video con Oculus Rift o HTC Vice, che non a caso arrivano a costare anche 30 volte di più.

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Le tendenze della Business Intelligence nel 2016

Le tendenze della Business Intelligence nel 2016
Qlik ha rilasciato una nuova analisi dei trend che caratterizzeranno la Business Intelligence per tutto il 2016.

“Secondo Gartner, anche nel 2015, Business Intelligence e analytics hanno rappresentato la priorità di investimento per i CIO. Per la maggior parte delle aziende quindi, un utilizzo più ampio dell’analisi predittiva è rimasto un obiettivo al quale puntare. Un’altra costante che caratterizza questo segmento è rappresentata dalla scarsa qualità dei dati disponibili che ha fatto nascere la necessità di una governance in grado di avere un controllo più centralizzato e gestito delle informazioni”.

Così si è espresso James Richardson, esperto nella strategia delle analisi per il business, ex-analista di Gartner e uno dei leader di pensiero di Qlik a margine di una recente analisi dei trend che caratterizzeranno la BI per tutto il 2016 realizzata proprio da Qlik.

Lo studio ha preso in esame sei principali tendenze che caratterizzeranno il settore della Business Intelligence nel corso di quest’anno. Eccole nel dettaglio.

1. I consumatori di dati diventeranno a tutti gli effetti degli attivisti dell’informazione.

Gli utenti stanno passando dal ruolo di semplici consumatori di informazioni a quello di fornitori e profilatori di dati. Questa proattività si traduce nell’interesse di analizzare i dati non sono appartenenti alla vita lavorativa ma anche quelli inerenti alla vita privata. Di conseguenza, la visualizzazione dei dati sta diventando una forma di auto-espressione. Con la creazione di applicazioni sempre più visive, gli utenti esprimono le proprie opinioni e scoprono se stessi attraverso un volume di dati sempre crescente.

2. La governance della Data Discovery diventa essenziale

La Data Discovery gestita sta diventando una priorità essenziale per le aziende, dando la possibilità agli utenti di concentrarsi solamente sull’ottenere il massimo dalle proprie analisi. Saranno così in grado di domandarsi più volte “perché?”, invece che perdere tempo sulla correttezza dei dati.

3. La svolta pragmatica dei Big Data

Nel corso del 2016 i Big Data smetteranno di essere una novità. Questo sarà possibile grazie all’incremento delle aziende che inizieranno ad applicare alcune delle pratiche consolidate per l’analisi dei dati alle sorgenti dati precedentemente escluse dall’area della BI. Il valore decisionale più alto si troverà nel punto di unione tra dati di BI tradizionali – come ad esempio le transazioni finanziarie – e i big data.

4. I dati ottenuti da fonti esterne offrono un contesto migliore

Con la possibilità di unire sorgenti dati interne ed esterne, gli utenti possono ora accedere a dati contestualizzati, garantendo decisioni migliori e un numero di intuizioni più elevato. Aggiungendo con semplicità e rapidità dati socio-demografici o geografici alle analisi, le aziende possono effettuare scelte gestionali con rischi minori.

5. Lo storytelling aumenta il coinvolgimento

Nel 2016, gli utenti utilizzeranno lo storytelling interattivo per dare le informazioni in modo più avvincente portando chi ascolta ad agire istantaneamente con l’emergere dell’intuizione.

6. Uno schermo sempre a portata di mano ne vale due sulla scrivania

Per chi utilizza dati, la mobilità sta diventando sempre più cruciale. Ecco perché poter analizzare dati su molteplici dispositivi acquisirà sempre più importanza. Ad esempio, l’85% degli intervistati negli Stati Uniti e il 77% degli intervistati nel resto del mondo, raggiungono i propri obiettivi di BI utilizzando contemporaneamente più device.

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