Davvero l’intelligenza artificiale ci toglierà il lavoro?
C’era una volta un periodo in cui nessuno poteva immaginare un computer in grado di battere a scacchi un essere umano. Poi nel 1997 Deep Blue di IBM ha sconfitto il campione di scacchi Garry Kasparov, mentre lo scorso anno il campione del gioco cinese Go è stato sconfitto dal sistema di Google AlphaGo. Passo dopo passo l’intelligenza artificiale sta superando tutti gli ostacoli che fino a poco tempo fa si era trovata di fronte, ma ciò condurrà presta all’obsolescenza dell’essere umano o, quanto meno, a milioni di disoccupati in giro per il mondo.
Non lo diciamo noi, ma un report dello scorso mese rilasciato durante il World Economic Forum che metteva in guardia sul fatto che l’intelligenza artificiale, i robot e altre tecnologie avanzate potrebbero mettere a rischio oltre 5 milioni di posti di lavoro nei prossimi cinque anni. Un esempio? Nei soli Stati Uniti ci sono circa 230.000 guidatori di taxi, senza contare quelli di Uber e di altri servizi simili. Quando inizieranno a diffondersi le auto a guida autonoma, tutti questi lavori scompariranno e i taxisti dovranno cercarsi qualcos’altro per mantenere le proprie famiglie. E questo è qualcosa di dirompente (in senso negativo naturalmente).
Ciò però non significa per forza che le macchine vogliano distruggere l’essere umano. Secondo Shashi Upadhyay, CEO di Lattice Engines (società che utilizza l’intelligenza artificiale per il marketing predittivo), “le macchine non hanno uno scopo o un sistema di valori tale da rovinare il mondo così come lo abbiamo sempre conosciuto. Penso anzi che possiamo coesistere senza per questo temere scenari apocalittici.”
L’effetto di ciò però non è che le aziende licenzieranno migliaia di venditori per rimpiazzarli con software di marketing predittivo
In molti casi infatti l’intelligenza artificiale libera l’essere umano da compiti difficili da eseguire e gli permette di concentrarsi su ambiti più adatti e per i quali l’uomo è più portato di natura.
Il marketing è uno di questi scenari. “Quando abbiamo introdotto la prima forma di marketing predittivo nel 2011, questo sistema era in grado di superare come performance il 50% dei nostri addetti alle vendite. Cinque anni dopo parliamo del 90%. D’altronde si tratta di analizzare dati da 20 milioni di aziende americane, qualcosa che nessun essere umano potrebbe gestire con la sua sola intelligenza”, ha dichiarato Upadhyay,
L’effetto di ciò però non è che le aziende licenzieranno migliaia di venditori per rimpiazzarli con software di marketing predittivo, ma che l’intelligenza artificiale sposterà il focus dei lavoratori dall’analisi predittiva alla chiusura dei contratti di vendita. Upadhyay sostiene che le machine faranno meglio dell’uomo diverse cose, ma che a sua volta l’uomo continuerà a fare altre cose in maniera decisamente migliore rispetto a prima.
Uno di questi casi ad esempio è quando si deve chiudere un affare facendo ricorso a caratteristiche umane (simpatica, contatto diretto, esperienze personali) che una macchina, per quanto evoluta e intelligente essa sia, non può possedere. Per questo tutto ciò che è sempre rimasto nell’ambito degli studi umanistici e sociali continuerà a essere gestito dalle persone.