OVH, cloud e hosting provider francese di origine ma multinazionale di fatto, ha lanciato una propria offerta di hosting per desktop virtuali chiamata Cloud Desktop, che permette di avere pieno accesso a un proprio pc con Windows da qualsiasi punto del mondo, usando ogni tipo di dispositivo.

Le soluzioni virtual desktop diventano quindi disponibili anche a professionisti e aziende che non hanno una vera e propria Virtual Desktop Infrastructure basata su del (robusto e costoso) hardware on premises. Ma quanto le aziende italiane sono pronte a soluzioni di questo tipo? Come stanno implementando il cloud computing in generale?

Pochi giorni prima del lancio del Cloud Desktop, abbiamo avuto l’opportunità di parlare di questi e altri temi con Dionigi Faccenda, Sales & Marketing Director di OVH Italia.

Le aziende italiane e il cloud

Dionigi Faccenda, Sales & Marketing Director di OVH Italia

Dionigi Faccenda, Sales & Marketing Director di OVH Italia

Per Faccenda, l’Italia è un mercato molto interessante per il cloud, in particolare inteso come IaaS (Infrastructure as a Service). “In OVH, è il paese con il più alto di crescita nel settore del dedicated cloud. Il motivo forse risiede nel fatto che – a differenza di altri paesi – gli investimenti in infrastruttura in conto capitale sono stati molto bassi negli ultimi 10 anni, e le aziende possono quindi muoversi verso il cloud senza doversi trascinare infrastrutture che ancora non sono state ammortizzate come costi”. Nonostante persistano alcuni freni all’adozione del cloud (“ci sono piccoli e grandi system integrator che tengono i propri clienti sotto scacco spingendoli a investire in hardware e data center on premises). Non siamo già più in una situazione di sperimentazione e prima adozione, ma di consolidamento ed espansione.

OVH ha un forte seguito tra le piccole e piccolissime aziende, professionisti del web e piccoli system integrator. I prodotti di fascia bassa, offerti a prezzi concorrenziali, attira senz’altro clienti con esigenze basse, ma per Faccenda, “l’impronta altamente tecnologica dell’azienda (fondata e diretta da una famiglia di quattro ingegneri, ndr), fa presa sui professionisti più esigenti dal punto di vista tecnico. Serve un minimo di competenze per capire cosa scegliere e capacità IT per gestire i servizi acquistati, ma offriamo un’infrastruttura basata sui più diffusi standard aperti e con livelli di SLA molto elevati”.

“Sempre più Web agency e system integrator che prima offrivano ai propri clienti servizi erogati dalla propria infrastruttura ora si rivolgono ora a noi perché capiscono che valore aggiunto che offrono ai propri clienti è un altro, e vogliono evitare problemi nella gestione dell’infrastruttura”, prosegue Faccenda, “mentre alle medie e grandi aziende che vogliono creare infrastrutture hybrid cloud siamo in grado di offrire

I freni all’innovazione

Tra i fattori che frenano l’adozione del cloud da parte delle imprese italiane, Faccenda mette al primo posto le carenze nell’infrastruttura di connettività del Paese. “Alcune migrazioni verso il cloud si fanno solo spedendo hard disk via corriere, perché sarebbe impossibile fare upload dei dati in tempi accettabili. In certe zone d’Italia, il divario digitale è estremo, e questo è un problema”.

L’altro problema è “la dipendenza da sistemi legacy (ci sono ancora in produzione sistemi S36, AS400, applicazioni in Cobol…), gestiti da decenni da fornitori che non hanno un forte interesse a far evolvere il cliente verso tecnologie più moderne. C’è un clima di pigra consuetudine sia tra i clienti, sia tra i fornitori”.