L’arresto a Parigi di Pavel Durov, fondatore e CEO di Telegram (e del social network russo VKontakte prima) è una mossa senza precedenti per un profilo di quel livello e che suscita molte domande. Parecchie di esse senza una risposta chiara.

Le principali questioni in gioco sono:

  • Perché si è ritenuto un CEO penalmente responsabile per contenuti diffusi sulla sua piattaforma?
  • Telegram è davvero anonimo e sicuro?
  • Chi lo controlla davvero?
  • Perché Durov è andato a Parigi e si è fatto catturare con tanta facilità?

Arresto di Durov: i motivi ufficiali

Cominciamo dalle motivazioni dell’arresto. Al centro c’è la mancata collaborazione con la giustizia francese nel rimuovere contenuti illegali e nel fornire informazioni utili all’individuazione dei criminali che affollano la piattaforma. Non si imputa infatti a Telegram l’assenza di moderazione preventiva sui contenuti scambiati sul servizio di messaggistica, ma una mancata reazione alle richieste emesse dalla magistratura.

Tutte le aziende di telecomunicazioni e le principali piattaforme internet sono tenute a collaborare con la magistratura, a fronte di ingiunzioni e ordini legittimi, eliminando contenuti illegali o chiudendo account e gruppi che abilitano la pirateria, le frodi, la pedopornografia, l’organizzazione di crimini e attentati.

Se l’azienda ritiene che l’ordine non sia legittimo o abbia confini troppo vasti e che comporterebbe problemi disservizi per i clienti legittimi, esistono strumenti e canali per presentare ricorso o intavolare un dialogo con le forze dell’ordine. Alcune aziende, per esempio Apple, rifiutano di modificare le proprie applicazioni e infrastrutture per inserire backdoor e software spia o indebolire la crittografia delle proprie soluzioni. Il caso forse più eclatante è quello di Apple, nel caso dell’attentato terroristico a San Bernardino nel 2016. Questo però pur continuando a collaborare sugli altri fronti.

Per anni, Telegram ha invece sistematicamente ignorato le richieste dei giudici, tranne in alcuni casi specifici

Per anni, Telegram ha invece sistematicamente ignorato le richieste dei giudici, tranne in alcuni casi specifici legati a pedopornografia, terrorismo e – vera eccezione – la chiusura di gruppi neonazisti richiesta a gran voce dalla giustizia tedesca.

Questo atteggiamento di non collaborazione è stato quindi ritenuto una forma di favoreggiamento o complicità, ed è quindi alla base della richiesta di arresto, anche se diversi legali stanno sollevando dubbi sulla effettiva rilevanza penale della condotta.

Il comunicato della Procura della repubblica francese con i capi di imputazione (clic per ingrandire)

Il comunicato della Procura della repubblica francese con i capi di imputazione (clic per ingrandire)

Oltre a ciò, Durov è stato accusato di complicità nel traffico di droga che avviene sulla piattaforma, di riciclaggio di denaro sporco (probabilmente per via dell’utilizzo di TON, la criptovaluta di Telegram), e di aver fornito servizi crittografici sul territorio francese senza averne dato preventiva comunicazione all’Agenzia nazionale per la sicurezza dei sistemi informatici come richiesto dalla legge Francese. Si tratta, questa, di una mancanza che probabilmente accomuna centinaia di applicazioni.

Non c’è invece alcun collegamento con possibili violazioni del Digital Services Act, come ventilato da qualcuno. Un portavoce della Commissione europea ha infatti dichiarato lunedì che “Le accuse penali non sono tra le possibili sanzioni del DSA, che non stabilisce alcun reato perseguibile penalmente. Solo le leggi nazionali che definiscono un reato possono essere invocate”.

Ma Telegram è davvero anonimo e sicuro?

Proprio per il suo atteggiamento omertoso, Telegram ha attirato negli anni – accanto a milioni di utenti che usano la piattaforma nei confini della legge – anche moltissimi criminali di ogni sorta, terroristi e milizie di diverse fazioni che contavano su questa garanzia di anonimato e impunità. Garanzia che però è basata unicamente sulla fiducia in chi controlla la piattaforma.

Se delle applicazioni client può essere ispezionato il codice sorgente, nulla si sa riguardo all’infrastruttura backend. E anzi, il modo di funzionamento di Telegram – che a differenza di WhatsApp archivia tutti i messaggi e i contenuti sui propri server – dovrebbe far sorgere qualche dubbio. Chi controlla quei server, ha tecnicamente accesso a tutte le comunicazioni degli utenti.

La riservatezza e l’anonimato su Telegram sarebbero garantiti dal protocollo FDM: Fidati di Me!

Insomma, per quanto ne sappiamo, la riservatezza e l’anonimato su Telegram sarebbero garantiti dal protocollo FDM: Fidati di Me!

Dove sono quindi quei server, e chi può controllare davvero Telegram? A questo punto, i fatti e le notizie lasciano spazio alle ipotesi, alcune delle quali forse fantasiose, ma che vale la pena considerare.

Chi controlla davvero Telegram

Narra la cronaca che nel 2014 Pavel Durov e suo fratello Nikolai abbiano ceduto le quote del più importante social network russo, VKontakte, di cui erano fondatori e principali azionisti, per evitare di ottemperare all’ordine dei servizi segreti russi di chiudere gruppi di dissidenti e ucraini che combattevano contro l’invasione della Crimea e la ribellione telecomandata nel Dombass.

Durov avrebbe preso il progetto Telegram, sviluppato internamente, e lo avrebbe portato con sé negli Emirati Arabi dove è fuggito per un esilio volontario. Da allora, la piattaforma è cresciuta molto al livello internazionale attraverso una rete di server distribuiti, ma è stata formalmente bandita in madrepatria.

Diciamo “formalmente”, perché in realtà Telegram non è mai risultato irraggiungibile dalla Russia, che solitamente è molto efficiente nel bloccare l’accesso a servizi occidentali o indesiderati. Facebook e Instagram, per citarne due, sono effettivamente irraggiungibili in Russia dal 2022, e in una sola operazione il ministero delle telecomunicazioni russo ha bannato più di 100.000 indirizzi IP. Si tenga anche presente che, secondo la legge russa, i server che raccolgono dati personali dei cittadini devono essere ospitati all’interno dei confini nazionali.

Come è possibile che, pur essendo bandita, Telegram sia utilizzata in Russia da 48 milioni di persone, figure di governo e militari?

Come è possibile quindi che pur essendo bandita, Telegram sia utilizzata in Russia non solo da 48 milioni di persone, ma anche da ufficiali governativi, dall’FSB per il reclutamento di spie in occidente e persino dall’esercito per le operazioni in Ucraina? (Telegram è molto usato anche dal governo Ucraino, ma principalmente per le comunicazioni al pubblico. L’esercito userebbe invece Signal per le sue comunicazioni al di fuori dai canali militari).

Secondo il gruppo investigativo ucraino Kremlingram.org, lo strappo di Durov con il Cremlino e la conseguente fuga negli Emirati non sarebbero altro che una cortina fumogena per nascondere quella che sarebbe la più grande operazione di intelligence russa: far passare Telegram come una piattaforma anonima, sicura e anti russa, mentre invece altro non sarebbe che il più grande strumento per fare intercettazioni illegali in mezzo mondo.

Lo strappo di Durov con il Cremlino e la conseguente fuga negli Emirati non sarebbero altro che una cortina fumogena

Questo articolo del gruppo di giornalismo investigativo ucraino Texty.org elenca otto fatti che indicherebbero che Telegram è effettivamente sotto il controllo russo. Tra i punti analizzati ci sono:

  1. I finanziamenti a Telegram – che opera da sempre in perdita – da parte di oligarchi russi vicini a Putin e sottoposti a sanzioni internazionali
  2. Il già citato “finto blocco” di Telegram in Russia
  3. Nonostante la scarsa collaborazione con la giustizia occidentale, Telegram avrebbe effettivamente fornito informazioni a regimi autoritari (l’Iran e la stessa Russia)
  4. L’attività dei gruppi pro-Russia in Ucraina, alcuni dei quali hanno finanziamenti tali da comprare pubblicità sui quotidiani
  5. Dubbi sull’autenticità della cifratura end-to-end, che non è attiva di default e che sarebbe impossibile date alcune funzionalità della piattaforma (per esempio, i server Telegram generano un’anteprima dei link contenuti nei messaggi, anche quando questi sono cifrati)
  6. L’utilizzo regolare di server e reti di distribuzione russe, mentre non risultano veri uffici e infrastrutture negli Emirati Arabi.
  7. Molti impiegati e sviluppatori opererebbero da Mosca e San Pietroburgo (città dove tra l’altro Nikolai Durov – autore dell’algoritmo di cifratura – continua a lavorare come ricercatore all’Università.
  8. Il fatto che l’FSB fosse a conoscenza di informazioni contenute nelle chat Telegram del giornalista ucraino Ihor Bondarenko, da lui stesso cancellate mesi prima.

Perché Durov è andato a Parigi?

Pavel Durov si è recato a Parigi su un aereo privato proveniente da Baku, in Azerbaigian, dove Durov avrebbe tentato di avere un incontro privato con Putin, che era in visita nel Paese. La Tass riporta che un portavoce del Cremlino ha negato che ci sia stato un incontro tra i due.

Le ipotesi di complotto si spingono a dire che Durov – che solitamente evitava i viaggi in Europa conscio dei possibili procedimenti giudiziari a suo carico – si sia sentito per qualche motivo minacciato dal suo strano “nemico/amico”, e abbia preferito consegnarsi alla giustizia in Francia piuttosto che rischiare la fine che fanno le persone sgradite al regime di Mosca. Mangiare l’amara minestra francese invece di saltare da una finestra russa.

Di più. Avrebbe concordato un’amnistia in cambio della consegna alla Nato delle chiavi dei server di Telegram, permettendo di mettere in luce la rete di comunicazioni che la Russia riteneva riservate.

Follie? Probabilmente. È però ben strano che proprio il Cremlino e i suoi tirapiedi a ovest siano tra le voci più critiche verso l’arresto, parlando – proprio loro – di un attacco alla libertà di espressione.

 

È strano che proprio il Cremlino, per cui Durov sarebbe un dissidente esiliato, e i suoi tirapiedi a ovest siano tra le voci più critiche verso l’arresto

Su Twitter Emmanuel Macron ha negato che l’arresto abbia motivazioni politiche, affermando che – come si conviene a uno stato di diritto – la magistratura abbia agito in modo indipendente.

Un comunicato di Telegram afferma che Durov non ha nulla da nascondere, che i suoi viaggi in Europa erano frequenti, e che la piattaforma opera in osservanza delle leggi europee, chiudendosi con l’augurio di una veloce risoluzione della situazione.

Non rimarrà che da vedere se davvero la situazione si risolverà velocemente, e in che modo.