Favorisca il passaporto e il profilo Facebook, grazie
Chi ha viaggiato negli Stati Uniti sa che i moduli da compilare prima dell’ingresso contengono domande insolite e curiose, come per esempio “intende svolgere, o ha mai svolto, attività terroristiche, di spionaggio, di sabotaggio o genocidio?”, oppure “ha mai commesso frodi o rilasciato dichiarazioni false su se stesso o su altri per ottenere, o per aiutare altri ad ottenere, un visto o un permesso di ingresso negli Stati Uniti?”
A queste, presto potrebbe aggiungersi un’altra domanda finora inaudita alle frontiere: quali sono i suoi profili Facebook, Twitter e su altri social network?
In base a una proposta di modifica delle procedure di ingresso presentata dal governo USA, gli agenti in servizio alle frontiere degli Stati Uniti potrebbero presto poter richiedere ai visitatori in ingresso di fornire informazioni sui propri profili sui social network. Prima di concedere l’ingresso, potranno quindi ispezionare le informazioni pubblicamente disponibili alla ricerca di post, immagini o link “sospetti”.
Il tutto è finalizzato a filtrare quegli individui che pubblicano sui social network contenuti che possano indicare l’affinità con organizzazioni terroristiche o comportamenti antisociali. La proposta di modifica fa parte di un piano del Dipartimento per la Sicurezza Nazionale per indagare sulle attività in rete delle persone che richiedono un visto per gli Stati Uniti o che entrano nel paese attraverso il programma di esenzione dal visto. Il piano è stato sviluppato in seguito dell’attentato di San Bernardino e della proposta si parla da allora.
Se la proposta del governo dovesse essere approvata, al modulo online Esta (Electronic System for Travel Authorization) e al modulo cartaceo I-94W da compilare prima dell’ingresso verrebbe aggiunta la domanda: “Per favore, inserite le informazioni relative alla vostra presenza online: Provider/Piattaforma – identificativo social media”.
La richiesta si limita all’indirizzo del profilo quindi, e non richiede di fornire le credenziali di accesso al profilo (nome utente e password). Gli agenti potranno quindi vedere unicamente le informazioni che sono pubblicamente accessibili dal web, e non i post indirizzati solo agli amici o i messaggi privati.
Rispondere alla domanda non sarebbe obbligatorio, ma non è escluso che un rifiuto di fornire queste informazioni potrebbe essere male interpretato dagli agenti in servizio alla dogana.
Questo, insieme alle ricognizioni dei datori di lavoro sui profili social dei dipendenti e alle indagini fatte dai recruiter nel vagliare un candidato, è uno dei tanti motivi per assicurarsi che i propri profili social, o quanto meno la loro parte pubblica, non contengano post equivoci e nemmeno equivocabili. Facebook permette di
Potrebbe infatti non essere facile spiegare a un agente della dogana l’ironia delle immagini del profilo satirico “L’ISIS Minaccia” che avete condiviso su Facebook. E anche se alla fine saprete spiegarvi, avrete perso in coda più tempo del dovuto.
Le consultazioni per la proposta termineranno il 22 agosto.
Il governo USA approva circa 10 milioni di richieste di visto all’anno e ha avuto più di 75 milioni di visitatori stranieri nel 2015. Raccogliere i profili social di ciascuno produrrebbe probabilmente il più grosso database governativo di questo tipo.