Altro che Android: sono ARM, Wi-Fi e microSD i problemi più grandi di Huawei

HiSilicon Kirin 980 ARM Huawei
Una circolare interna ordina ai dipendenti ARM, che sviluppa la tecnologia alla base dei microprocessori usati da Huawei, di interrompere ogni comunicazione con le aziende messe al bando dagli Stati Uniti.

Come abbiamo già visto, il divieto dell’amministrazione USA di avere relazioni commerciali e scambiare tecnologia con Huawei potrebbe avere conseguenze più leggere del previsto per quanto riguarda il sistema operativo Android, per lo meno per gli utenti finali e nel prossimo futuro. Il produttore cinese avrebbe infatti la possibilità di utilizzare la versione open source di Android, liberamente disponile, e non sarebbe impossibile per i clienti installare autonomamente le applicazioni di Google.

Il provvedimento americano sta però toccando un altro fornitore, probabilmente più critico per la produzione Huawei: ARM, che progetta la tecnologia alla base dei microprocessori usati negli smartphone, e non solo. Nonostante l’azienda sia di proprietà della giapponese Softbank e basata in Gran Bretagna, la sua tecnologia è in parte sviluppata negli Stati Uniti, dove l’azienda ha otto sedi, e sarebbe quindi soggetta alle restrizioni all’esportazione. Un colpo ben più duro per Huawei, e in generale per tutto il mercato.

In seguito, Huawei è stata anche rimossa anche dalla Wi-Fi Alliance e dalla SD Association. Se la prima esclusione ha come “sola” conseguenza quella di non poter partecipare allo sviluppo e alla definizione degli standard, l’esclusione dalla lista dei produttori della SD Association potrebbe comportare l’impossibilità di montare un lettore di schede SD o microSD in tutti i prossimi prodotti.

Come già avvenuto con le restrizioni al commercio con l’Iran, imposte dagli USA anche attraverso disposizioni al circuito finanziario SWIFT, indipendentemente dalla nazionalità dei soggetti coinvolti negli scambi di affari, gli Stati Uniti stanno sempre più imponendo la propria politica estera e commerciale anche a stati terzi.

Secondo la BBC, che riporta stralci di una comunicazione interna di ARM, ai dipendenti dell’azienda è stato chiesto di sospendere tutte le interazioni con Huawei e le sue controllate, tra le quali spicca HiSilicon, che produce microprocessori basati appunto sulla tecnologia ARM. Gli impiegati sono stati inviati a comunicare ai propri contatti che “a causa di una sfortunata situazione, non sono autorizzati a fornire supporto, rilasciare tecnologia (software o altre informazioni) o discutere argomenti di materia tecnica con Huawei, HiSilicon or altre aziende inserite nella entity-list”.

I dipendenti ARM che dovessero incontrare personale Huawei in eventi pubblici dovranno “educatamente declinare e interrompere” ogni conversazione riguardo al business, indica il memorandum, che sottolinea che anche gli individui potrebbero essere ritenuti responsabili della violazione delle direttive.

Nonostante il Dipartimento del Commercio USA abbia concesso alle aziende una proroga di 90 giorni, per evitare ripercussioni troppo brusche sul mercato, a BBC non risulta che le disposizioni di ARM siano state modificate.

Martedì Huawei ha affermato di star lavorando a un “piano B” per Android accelerando lo sviluppo di un proprio sistema operativo indipendente, in corso già da tempo. Sviluppare una nuova tecnologia proprietaria per i microprocessori è più lungo e complicato, ma non fuori dalla portata di un’azienda come Huawei, che potrebbe non avere alternative se la tendenza proseguisse.

Nell’immediato, cambierà poco:  la prossima generazione di chip HiSilicon (Kirin 985) è già stata sviluppata su tecnologia ARM e vedrà la luce probabilmente in autunno. Il divieto di collaborare dovrebbe riguardare solo i componenti futuri, secondo quanto afferma una fonte della BBC.

L’industria cinese dei semiconduttori non è molto sviluppata, ma sta crescendo a ritmi elevatissimi. Se costretta dagli eventi, la Cina ha sicuramente la possibilità di investire forti quantità di denaro in questo settore, per svincolarsi dalle tecnologie occidentali, principalmente americane, da cui dipende oggi. E questo per l’industria USA potrebbe essere un problema di cui tenere conto.

(Questo articolo è stato pubblicato il 22 maggio e aggiornato il 28 maggio per inserire ulteriori informazioni su Wi-Fi Alliance e SD Association)

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Stop degli USA ad Android su Huawei: è l’inizio della fine per la globalizzazione?

Stop degli USA ad Android su Huawei: è l’inizio della fine per la globalizzazione?
Trump vieta alle aziende USA di fornire tecnologie a Huawei, accusata di essere una minaccia alla sicurezza nazionale, creando sconquasso nella filiera tecnologica e nell'economia globale. Che è forse il suo vero obiettivo.

Facendo seguito a più di un anno di raccomandazioni e ammonimenti che invitavano le aziende e l’amministrazione americana a non usare prodotti Huawei, sospettata di essere uno strumento di spionaggio – reale o potenziale – dell’esercito cinese, il presidente USA Donald Trump ha emesso un decreto (un “executive order”) che vieta alle aziende americane di avere con Huawei scambi commerciali che riguardino alcune specifiche tecnologie.

L’ordine esecutivo ha effetto su alcune aziende americane che forniscono tecnologie essenziali, alcune delle quali – per caratteristiche o capacità produttiva – non hanno al momento eguali al mondo. La lista definitiva dei prodotti e delle tecnologie di cui è vietata l’esportazione senza un’autorizzazione dell’esecutivo americano non è ancora completa, ma al momento gli elementi più importanti sembrano essere il sistema operativo Android integrato con i servizi di Google e i chip Qualcomm e Intel. (Lo scorso anno Trump aveva vietato l’offerta per l’acquisizione di Qualcomm da parte di Broadcomm per timore che alcune parti strategiche finissero successivamente sotto influenza cinese. Broadcom ha poi ripiegato acquisendo CA).

Servizi Google bloccati sui telefoni Huawei e Honor

Secondo un’anticipazione di Reuters, confermata poi da un portavoce di Google al sito The Verge, Google sta collaborando con il governo Usa per chiarire quali software e servizi non saranno più disponibili per Huawei. A quanto pare, Huawei sarà limitata alla sola versione open source di Android. In un Tweet, Google ha confermato che Google Play Store e Google Play Protect (un software di sicurezza per Android) continueranno a funzionare sui telefoni già in commercio.

Tutte le altre applicazioni e servizi Google potrebbero quindi non essere più presenti trai i software preinstallati di default sui prodotti Huawei, ma potranno comunque essere installate manualmente dagli utenti.

Huawei dovrà inoltre premurarsi di distribuire autonomamente gli aggiornamenti di sistema, anche se verosimilmente con un ciclo più lento rispetto alla versione “brandizzata” di Android. L’azienda a riguardo ha dichiarato che “essendo uno dei principali partner a livello globale di Android […] Huawei continuerà a fornire aggiornamenti di sicurezza e servizi post-vendita a tutti gli smartphone e tablet Huawei e Honor esistenti (Honor è un marchio di Huawei, NdR), ovvero quelli già venduti o ancora disponibili in tutto il mondo”.

Le conseguenze per la filiera tecnologica

Quella dell’amministrazione USA è una mossa senza precedenti per la portata che avrà a livello globale: altri provvedimenti simili avevano riguardato settori più specifici, per esempio ad armamenti o energia atomica, o erano rivolte a paesi la cui economia ha un peso specifico incomparabile con quello che la Cina ha nell’economia e nella filiera tecnologica mondiale.

L’ordine esecutivo di Trump non è un semplice divieto di commercializzazione sul territorio USA: avrà impatto su tutti i clienti Huawei nel mondo, e sta generando incertezza sul futuro della rete di scambio di prodotti e tecnologie che è alla base del mercato globale. Azioni dello stesso tipo potrebbero essere impiegate anche nei confronti di altre aziende cinesi (ZTE in primis, ma altre aziende possono potenzialmente entrare nel mirino americano).

Alto è il sacrificio chiesto alle aziende americane coinvolte: si tratta di rinunciare al player che al momento detiene il 20% circa del mercato globale degli smartphone.

Non è poi difficile pensare a possibili ritorsioni della Cina, che potrebbe bloccare o limitare le esportazioni di terre rare necessarie alla produzione di semiconduttori e che per il 95% della produzione mondiale sono estratte proprio in Cina.

La cosa non può non essere stata presa in considerazione dal governo USA, e anzi rientra probabilmente tra gli obiettivi. In ritardo sull’adozione del 5G, e priva di aziende in grado di fornire le infrastrutture necessarie alla costruzione delle reti telefoniche di prossima generazione, gli Stati Uniti hanno tutto l’interesse a rallentare in ogni modo le regioni che si trovano a uno stadio più avanzato sul 5G: Sud Est Asiatico ed Europa. La Russia sembra perseguire un obiettivo simile: utilizzando i suoi strumenti di disinformazione, sta spargendo false notizie relative a rischi del 5G per la sicurezza della salute e dell’ambiente.

Su Twitter, Henry Farell (professore di scienze politiche e affari internazionali alla George Washington University), si spinge a dire che il fatto che gli stati stanno cominciando a usare la propria interdipendenza nelle filiere produttive come un’arma, è il segnale più chiaro del fatto che i presupposti della globalizzazione stanno iniziando a collassare.

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