Oracle spinge forte sul cloud pubblico
A tre settimane dalla presentazione della trimestrale, Oracle Italia ha voluto fare il punto dell’avanzamento sui mercati italiano e globale nella tradizionale conferenza stampa annuale, presentando risultati molto soddisfacenti per quanto riguarda la conversione dell’azienda alla filosofia cloud, annunciata ormai da tempo ma che solo ora ha trovato una sua concretizzazione completa lungo tutto lo stack dell’offerta, che va dai Data as a Service al SaaS e per passare a PaaS e IaaS (qui le definizioni dei vari modelli di servizio del cloud computing).
Per Fabio Spoletini, Country Manager di Oracle Italia, il cloud è il fattore abilitante di tutte le principali tendenze tecnologiche che stanno trainando l’innovazione digitale del business, e che sono:
- Intelligenza artificiale
- Machine learning
- Chatbot
- Blockchain
- Big data – Data Lakes
- Data sharding
- Microservices
Spoletini infatti afferma che “per come sta cambiando l’industry, queste tecnologie saranno presto ottenibili solo attraverso il cloud. Il modello di sviluppo on premises non è più sostenibile quando ci sono competitor e startup che per la propria crescita fanno leva sull’agilità del cloud e sulla sua struttura di costi ridotta”.
In questo contesto, e venendo da una posizione giudicata da molti analisti di forte ritardo tecnologico e di mercato sul cloud fino a un anno fa, Oracle ha fatto una crescita del 60% sul booking dei servizi cloud a livello globale, raggiungendo quota 4,6 miliardi di dollari di fatturato nell’anno fiscale 2017. Crescono soprattuto, del 75%, i servizi SaaS, parte più “tradizionale” di Oracle, ma questa quota sta trascinando le vendite delle componenti PaaS e IaaS, perché Oracle diventa interlocutore naturale di tutti i clienti che vogliono migrare al cloud gli altri workload Oracle in azienda.
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La strategia e l’esecuzione hanno convinto il mercato, l’azione di Oracle è al momento ai suoi livelli massimi, e gli analisti hanno migliorato notevolmente le proprie valutazioni di Oracle nel comparto cloud.
La situazione italiana
I dati Assinform riportano una ripresa della spesa ICT del 2,3%, fenomeno senz’altro positivo ma di bassa entità. È però interessante notare che il cloud cresce in Italia del 23% (fonte: Gartner), a fronte di una crescita globale del 18%. Secondo una ricerca Oracle/Longitude Research, più della metà delle aziende italiane prevedono di gestire il business in modalità cloud IaaS nei prossimi tre anni. Si tratta di un’opportunità molto importante per Oracle, perché questo è stato l’ultimo step della strategia cloud, e che in Europa può arrivare a pieno compimento solo in questi mesi.
Sta infatti per essere inaugurato a ottobre in Germania il primo data center Oracle di seconda generazione in Europa, specificamente progettato per erogare servizi cloud in modalità IaaS grazie ai nuovi sistemi progettati da zero per l’infrastruttura software defined. Questa infrastruttura prevede tre data center “bare metal” interconnessi e distanti poche decine di chilometri tra loro nella zona di Francoforte, in modo da minimizzare la latenza e creare repliche ai fini di fault tollerance e disaster recovery. Finora, i data center Oracle “Next Generation Infrastructure” erano presenti solo negli USA, posizione preclusa per molte aziende e organizzazioni governative per motivi normativi e di governance.
Per Spoletini, c’è un tema importante da risolvere in Italia, ed è quello del bilanciamento Opex/Capex. Anche se il CIO vede nel cloud una diminuzione dei costi complessivi e della complessità, il CFO ha difficoltà a passare dal modello di investimenti ammortizzabili a un modello che preveda solo costi operativi.
A livello italiano, Oracle è cresciuta a tre cifre sul cloud, con centinaia di clienti e più di 500.000 business users attivi. Da noi, l’adozione dei servizi cloud Oracle è arrivata prima con le soluzioni applicative per le risorse umane. I servizi della Oracle Marketing Cloud (in cui confluiscono le attiità della passata acquisizione di BlueKai) sono partiti di fatto quest’anno, trainati dalla digitalizzazione della customer experience nel settore consumer.
E sempre nel settore della customer experience Oracle sta mettendo a frutto i propri sistemi di intelligenza artificiale in quelle che chiama “Adaptive Intelligent Apps”. Come spiega Giovanni Ravasio, Country Leader Oracle Applications, queste forniscono servizi per massimizzare la resa degli ecommerce, proponendo prodotti mirati e percorsi di acquisto personalizzati, assistere le procedure di CRM velocizzando le risposte degli operatori, ottimizzare i percorsi di vendita fornendo agli agenti la miglior azione da compiere per concludere rapidamente un affare.
In Italia c’è un’enorme frammentazione del mercato e anche dei system integrator che lo servono. Sul territorio c’è un problema di deficit di competenze sul Cloud. Per aumentare la competenza in questo campo, il 6 luglio è stato lanciato il Partner Hub Cloud Evolution Center in collaborazione con Computer Gross. Si tratta di un laboratorio basato sulla Oracle Cloud Machine che si pone l’obiettivo di creare competenze tra i partner.
La spinta sulle competenze nel cloud arriva fin dentro l’azienda, col rafforzamento dello staff per i servizi post vendita e la creazione degli
Oracle si contamina con la open innovation
Tradizionalmente, Oracle richiama l’idea di una struttura granitica, incentrata sulle proprie soluzioni. Quei tempi stanno per cambiare. A livello globale, e per iniziativa di Thomas Kurian, Presidente dello Sviluppo Prodotti Oracle, è stato lanciato da un paio di anni l’Oracle Startup Cloud Accelerator: un progetto che mette a disposizione delle startup spazi di coworking, mentoring, tecnologia Oracle, accesso a clienti e partner dell’azienda e investitori.
Il tutto sotto l’egida del reparto Ricerca e Sviluppo, cuore del prodotto Oracle, che ha sfruttando gli approcci innovativi provenienti dall’ecosistema delle startup per integrare nuove soluzioni nel portoflio Oracle, ma soprattutto per adeguare le applicazioni esistenti al nuovo modo di fare IT. Le applicazioni non sono più monolitiche, ma fatte da moduli che comunicano tra loro o con applicazioni della open community attraverso API e microservices basati su standard.
Si inquadra in quest’ottica l’iniziativa italiana di open innovation realizzata con l’incubatore e spazio di coworking Talent Garden per portare anche in Italia il necessario cambio di cultura aziendale. Secondo Spoletini, l’esperimento sta funzionando e si sta entrando in una fase nuova, in cui le contaminazioni dell’ecosistema vengono capitalizzate per creare nuove soluzioni da portare sul mercato.
A tutto cloud (pubblico)
Cloud, Open Innovation, contaminazione rappresentano un vero cambio di pelle per l’azienda, che si traduce anche in un nuovo approccio al mercato, basato sulla filosofia della “True Cloud Methodology”, secondo la quale il cloud deve essere adottato nel modo più semplice possibile (plain vanilla), evitando customizzazioni spinte e progetti ad-hoc fatti per .
Per Spoletini, è invece importante adottare il cloud scegliendo moduli e applicazioni standard, impostarli in modo personalizzato tenendo conto delle esigenze di business, ma con meno sviluppi dedicati possibile, per poi trarre vantaggio di aggiornamenti e modifiche successive, che altrimenti diventano difficilmente applicabili. Un nuovo metodo più agile che consente un avvio rapido dei progetti (settimane o mesi e non uno o più anni) e costi ridotti.
Con tutta questa enfasi sul cloud pubblico, dove va a finire il “ferro” di Oracle? I sistemi hardware ingegnerizzati e il chip M7 presentati in pompa magna quasi due anni fa a San Francisco sembrano non avere spazio, se non all’interno dei data center con cui Oracle eroga i servizi cloud. Emanuele Ratti, Country Leader Italia Oracle Cloud, afferma invece che i sistemi si stanno vendendo, e spesso proprio in vista di una transizione verso il cloud. Le aziende stanno concentrando e razionalizzando i workload nelle Oracle Cloud Machine installate nei propri data center (Cloud at Customer)creando inizialmente un cloud privato in preparazione a una futura migrazione, parziale o totale, verso un cloud che condivide le stesse caratteristiche tecnologiche.
In parte per un ritardo tecnologico e infrastrutturale (soprattutto la connettività), in parte per questioni normative e culturali, in Italia i workload critici infrastrutturali non sono su cloud, per cui secondo Spoletini ci sono ampi spazi di crescita. Entro il 2020 scadranno anche molti contratti di outsourcing IT delle principali organizzazioni. Chi sta pensando di migrare al cloud, anche arrivando a spegnere il data center di proprietà, deve cominciare le operazioni con almeno 12-18 mesi di anticipo, il che significa che deve cominciare ora a fare le sue valutazioni.
Oracle è sicuramente partita in ritardo sul cloud, ma è fermamente intenzionata a non perdere questo treno, traducendo le tecnologie in soluzioni scalabili di classe enterprise.