Come sarà fatta la “web tax” di Renzi: cosa dice la proposta di legge
Nella puntata di lunedì della trasmissione 8 e ½ con Lilli Gruber, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha lasciato cadere una dichiarazione che potrebbe avere un forte impatto sull’ecosistema digitale in Italia. Ha infatti affermato che la prossima legge di Stabilità (la “Finanziaria”) potrebbe prevedere un prelievo fiscale sui proventi degli operatori multinazionali del digitale che, pur realizzando in modo continuativo ingenti fatturati nel nostro paese, pagando le tasse solo nel paese di origine, ovviamente scelto tra quelli con il regime fiscale più favorevole.
Renzi si è spinto anche a fare alcuni nomi di multinazionali del digitale che sarebbero nel mirino di questa norma. “I grandi player dell’economia digitale mondiale che per me sono dei miti straordinari, perché Apple è bellissima e Google è bellissima, hanno un sistema per cui non pagano le tasse nei luoghi dove fanno business […] Non si tratta di colpire [qualcuno]. È una questione di giustizia”, ha detto ai microfoni di La7.
Nella trasmissione, Renzi ha anche detto che l’Italia e altri paesi stanno aspettando da due anni un pronunciamento dell’Unione Europea in questa materia, che è il modo auspicabile di risolvere un problema che travalica i confini dei diversi paesi, ma se l’Europa non si muoverà, è pronto a rendere effettiva questa norma a partire dal primo gennaio 2017.
L’idea è quella di un prelievo fiscale del 25% operato alla fonte dagli operatori bancari e finanziari che effettuano le transazioni da aziende e consumatori italiani a quelle estere, ed è basata su una proposta di legge per il contrasto dell’elusione fiscale nelle transazioni eseguite per via telematica presentata alla Camera dagli Onn. Stefano Quintarelli e Giulio Cesare Sottanelli di Scelta Civica.
Abbiamo raggiunto via email l’On. Quintarelli per chiedergli chiarimenti sugli ambiti di applicazione e gli i meccanismi della proposta, e sulle differenze con iniziative che miravano a perseguire lo stesso scopo ma con un impianto normativo e metodi molto diversi, come per esempio la cosiddetta Web Tax proposta lo scorso anno .dal presidente della commissione Bilancio alla Camera Francesco Boccia (PD), e in seguito cassata dal Governo.
Per Quintarelli, “non c’è una nuova tassa, ma solo un meccanismo per evitare l’elusione fiscale. Si presume che quando un’azienda realizzi un certo livello di fatturato con una determinata continuità temporale, si debba prevedere che l’azienda abbia una stabile organizzazione nel paese” e deve quindi versare le imposte sui redditi d’impresa, anche se questa organizzazione può essere occultata per via delle caratteristiche degli scambi digitali.
Secondo Quintarelli, la Web Tax dell’On. Boccia, che tra le altre cose prevedeva l’obbligo di acquisto di pubblicità online solo da aziende con partita IVA italiana, “trattava una materia che è comunitaria [l’IVA], mentre la nostra previsione è relativa al reddito d’impresa, che è materia di competenza nazionale”.
Ma a chi si applica questo prelievo fiscale? La proposta prevede che si presuma l’esistenza di una stabile organizzazione in Italia qualora “si realizzi una presenza continuativa di attività online riconducibili all’impresa non residente, per un periodo non inferiore a sei mesi, tale da generare nel medesimo periodo flussi di pagamenti a suo favore, comunque motivati, in misura complessivamente non inferiore a cinque milioni di euro”. Ammontare del fatturato e lasso di tempo possono potranno però cambiare, avverte Quintarelli: “la proposta indica delle soglie, ma quei dettagli vengono sempre cambiati nell’iter parlamentare di una norma. L’importante è il meccanismo”.
Ancora non è chiarissimo se Renzi abbia intenzioni serie, o se la sua sia una mossa per dare un’ultimatum all’Europa per una soluzione normativa condivisa e quindi anche più facilmente applicabile. In ogni caso, secondo Quintarelli, “la legge è già è in linea con una delle proposte che sta formulando l’OCSE, sulla falsariga della quale abbiamo preparato questa. I trattati internazionali sottoscritti dall’italia le consentono comunque di muoversi in autonomia in questo campo”.