NOYB presenta un reclamo contro il modello di privacy a pagamento di Meta

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Il contestato servizio di abbonamento no-ads a pagamento di Meta, lanciato in Europa questo mese, è stato preso di mira da NOYB, che ha presentato un reclamo all'autorità austriaca per la protezione dei dati.

L’organizzazione no profit NOYB – European Center for Digital Rights ha presentato un reclamo contro Meta presso l’autorità austriaca per la protezione dei dati. Dall’inizio di novembre, gli utenti di Instagram e Facebook hanno dovuto scegliere se continuare a essere tracciati usando gratuitamente i due social o pagare fino a 251,88 euro all’anno per non essere tracciati e mantenere il loro diritto fondamentale alla protezione dei dati sulle due piattaforme social di Meta.

Non solo, secondo NOYB, il costo è inaccettabile, ma i numeri del settore indicano che solo il 3% delle persone vuole essere tracciato, mentre oltre il 99% decide di non pagare quando si trova di fronte a una “tassa sulla privacy”. Se il modello a pagamento lanciato da Meta dovesse avere successo, i concorrenti potrebbero fare lo stesso e, considerando che su uno smartphone sono installate mediamente 35 applicazioni, mantenere la privacy potrebbe arrivare a costare circa 8.815 euro per un utente che volesse non essere tracciato da nessuna di queste app. Per una famiglia di quattro persone, il prezzo della privacy dei dati salirebbe a 35.263,20 euro all’anno, più del reddito medio a tempo pieno nell’UE. Ovviamente, queste cifre diventerebbero ancora più inavvicinabili negli Stati membri dell’UE con redditi medi più bassi.

Secondo NOYB, quello di Meta è l’ennesimo tentativo di aggirare le leggi sulla privacy dell’UE. La Corte di giustizia europea ha stabilito a luglio che il trattamento dei dati degli utenti da parte di Meta per gli annunci personalizzati è illegale, mentre a gennaio il Consiglio europeo per la protezione dei dati ha multato Meta per 390 milioni di euro per questa violazione e ha ordinato all’azienda di ottenere il consenso degli utenti, sulla base di un reclamo di NOYB del 2018.

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Secondo la legge dell’UE, il consenso al tracciamento online e alla pubblicità personalizzata è valido solo se è “liberamente dato”. Questo per garantire che gli utenti rinuncino al loro diritto fondamentale alla privacy solo se sono veramente liberi di farlo. “Il diritto dell’Unione Europea prevede che il consenso sia frutto della libera volontà dell’utente. In contrasto con questa legge, Meta fa pagare una “tassa sulla privacy” fino a 250 euro all’anno se qualcuno osa esercitare il proprio diritto fondamentale alla protezione dei dati” ha dichiarato Felix Mikolasch, avvocato di NOYB specializzato in protezione dei dati.

Tutte le ricerche scientifiche disponibili suggeriscono che i cosiddetti sistemi Pay or Okay come quello adottato da Meta sono l’antitesi del libero consenso e influenzano fondamentalmente il libero arbitrio degli utenti. Se Meta riuscirà a difendere questo nuovo approccio, è probabile che si scateni un effetto domino. Già ora, TikTok starebbe testando un abbonamento senza pubblicità al di fuori degli Stati Uniti. Altri fornitori di app potrebbero seguirli nel prossimo futuro, rendendo la privacy online ottenibile solo pagando un abbonamento.

Secondo Max Schrems, presidente e fondatore di NOYB, “i diritti fondamentali sono solitamente accessibili a tutti. Quante persone eserciterebbero ancora il diritto di voto se dovessero pagare 250 euro per farlo? Un tempo i diritti fondamentali erano riservati ai ricchi. Sembra che Meta voglia riportarci indietro di oltre cento anni”

Se da un lato questo prezzo è estremamente alto in generale, dall’altro ignora completamente i livelli di reddito molto diversi nei Paesi dell’UE e il fatto che il 21,6% della popolazione europea è a rischio di povertà o esclusione sociale. Considerando la gravità delle violazioni e il numero insolitamente alto di utenti interessati, NOYB, che dal 2017 a oggi ha presentato centinaia di denunce contro grandi aziende tecnologiche per violazione della privacy, ha esortato l’autorità austriaca per la protezione dei dati ad avviare una procedura d’urgenza per fermare il nuovo modello di “privacy a pagamento” di Meta e a imporre una multa dissuasiva, per assicurarsi che nessun’altra azienda inizi a copiare l’approccio di Meta.

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Il Garante Privacy indaga sul web scraping, il parere dei provider

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Dopo che il Garante Privacy ha avviato un’indagine sul web scraping puntando il dito contro i siti che li pubblicano legittimamente, i provider sono preoccupati che le vittime possano diventare colpevoli

Il Garante Privacy ha avviato una indagine conoscitiva sui siti internet pubblici e privati per verificare l’adozione di idonee misure di sicurezza adeguate ad impedire la raccolta massiva (web scraping) di dati personali a fini di addestramento degli algoritmi di intelligenza artificiale (IA) da parte di soggetti terzi.

L’indagine conoscitiva riguarda tutti i soggetti pubblici e privati, operanti quali titolari del trattamento, stabiliti in Italia o che offrono in Italia servizi, che mettono a disposizione on-line dati personali liberamente accessibili anche dagli “spider” dei produttori di algoritmi di intelligenza artificiale.

È nota, infatti, l’attività di diverse piattaforme di IA, le quali attraverso il web scraping raccolgono, per differenti usi, enormi quantità di dati anche personali pubblicati per specifiche finalità (cronaca, trasparenza amministrativa ecc.) all’interno di siti internet gestiti da soggetti pubblici e privati.

Il Garante rivolge quindi un invito alle associazioni di categoria interessate, alle associazioni di consumatori, ad esperti e rappresentanti del mondo accademico affinché facciano pervenire i loro commenti e contributi sulle misure di sicurezza adottate e adottabili contro la raccolta massiva di dati personali a fini di addestramento degli algoritmi, all’indirizzo webscraping@gpdp.it, entro 60 giorni dalla data di pubblicazione dell’avviso di consultazione sul sito dell’Autorità. A seguito dell’indagine conoscitiva, l’Autorità si riserva di adottare i necessari provvedimenti, anche in via d’urgenza.

garante privacy web scraping

Di fronte a questa mossa del Garante, che ha sicuramente delle finalità positive, il Consiglio Direttivo dell’Associazione Italiana Internet Provider (AIIP) ha però espresso la sua profonda preoccupazione per un’indagine che rischia di non indirizzare l’attenzione verso i veri responsabili del web scraping.

Da anni, i motori di ricerca esteri operano attraverso dinamiche analoghe a quelle delle aziende di intelligenza artificiale, praticando il web scraping su larga scala senza che ciò abbia sollevato le dovute perplessità da parte dell’autorità di controllo. È cruciale, pertanto, che il Garante riconosca le imprese che subiscono tali pratiche come vittime, e non come ulteriori soggetti da indagare.

AIIP sottolinea che senza un intervento mirato nei confronti di queste Big Tech si rischia di perpetuare una situazione di concorrenza sleale, nella quale le imprese nazionali sono svantaggiate rispetto alle loro controparti internazionali. “Tale situazione danneggia non solo il tessuto imprenditoriale italiano, ma anche l’intero ecosistema digitale del Paese”, si legge nella nota di AIIP. “Auspichiamo pertanto che l’attuale indagine non si traduca in una serie di sanzioni ingiustificate o, peggio, nell’occasione per alterare ulteriormente le dinamiche di mercato a svantaggio delle aziende italiane. La nostra speranza è che il Garante per la protezione dei dati personali agisca con saggezza e lungimiranza, per garantire un campo di gioco equo per tutti gli attori del settore”.

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