OpenAI vuole carta bianca sul copyright e chiede a Trump di imporlo anche agli alleati

Juniper IBM
OpenAI chiede al governo USA di garantire l’accesso ai dati per l’addestramento dell’IA, difendere il fair use sul copyright e limitare le restrizioni imposte da altri paesi sulle aziende IA americane.

OpenAI ha inviato una lettera all’Ufficio della Scienza e della Tecnologia della Casa Bianca (OSTP) in merito all’AI Action Plan dell’amministrazione Trump attualmente in fase di sviluppo. L’azienda propone una serie di misure per rafforzare la leadership americana nell’intelligenza artificiale, tra cui un quadro normativo favorevole all’innovazione, una strategia di esportazione per controllare i paesi alleati ed escludere quelli ostili come la Cina e incentivi alla crescita attraverso l’adozione dell’IA nelle agenzie federali.

Uno dei punti più controversi riguarda il copyright; OpenAI, infatti, enfatizza il ruolo della dottrina del “fair use” nel diritto d’autore statunitense, sostenendo che essa sia essenziale per mantenere la leadership americana nell’IA, soprattutto alla luce della crescente concorrenza cinese. L’azienda critica le normative più rigide adottate da altre giurisdizioni, in particolare l’Unione Europea, che consente agli autori di escludere le proprie opere dall’uso per l’addestramento dell’IA.

OpenAI afferma che senza l’accesso ai contenuti protetti da copyright sarebbe impossibile sviluppare modelli di IA avanzati. Per questo chiede al governo degli Stati Uniti di garantire che il sistema di copyright nazionale continui a supportare l’industria dell’IA e di influenzare le politiche internazionali per evitare che paesi “meno innovativi” impongano le proprie normative alle aziende americane, rallentando così i progressi tecnologici.

Oltre a ciò, OpenAI sollecita il governo a monitorare l’accesso ai dati da parte delle aziende di IA statunitensi, verificando se altri paesi stiano limitando la disponibilità di informazioni e risorse critiche per il settore.

OpenAI copyright

Crediti: Shutterstock

Un altro aspetto delle proposte di OpenAI riguarda il mantenimento del sistema di classificazione a tre livelli per la diffusione dell’IA, con alcune modifiche per incentivare altri paesi ad adottare i principi democratici stabiliti dagli Stati Uniti. L’obiettivo dichiarato è promuovere l’uso di sistemi di IA in linea con i valori democratici, proteggendo al contempo il vantaggio competitivo degli USA. L’azienda suggerisce di espandere la quota di mercato nei paesi alleati attraverso la diplomazia commerciale americana e di vietare l’uso di tecnologie cinesi, come quelle di Huawei.

OpenAI propone inoltre la creazione di speciali Zone Economiche per l’IA negli Stati Uniti, in collaborazione con governi locali, statali e federali, per accelerare le autorizzazioni alla costruzione di infrastrutture di IA come impianti solari, eolici e nucleari, bypassando alcune normative ambientali federali. Infine, OpenAI sollecita le agenzie federali ad adottare l’IA su larga scala, sostenendo che l’attuale livello di utilizzo sia “inaccettabilmente basso”.

In risposta, anche Google ha presentato le proprie raccomandazioni alla Casa Bianca, chiedendo una difesa più forte del “fair use” e l’introduzione di eccezioni per il data mining nell’addestramento dell’IA.

(Immagine d’apertura: Shutterstock)

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Grane legali per Meta sulle due sponde dell’Atlantico

Grane legali per Meta sulle due sponde dell’Atlantico
Negli USA, Meta deve difendersi dall'accusa di aver nascosto l'uso di materiale protetto da copyright per addestrare Llama, mentre in Europa rischia una multa in base al DMA.

Meta dovrà rispondere negli USA all’accusa di aver rimosso informazioni sulla gestione del copyright (CMI) dai materiali utilizzati per addestrare i suoi modelli di intelligenza artificiale. La decisione, emessa dal giudice Vince Chhabria, riguarda il caso Kadrey et al vs Meta Platforms, presentato nel luglio 2023 presso un tribunale federale di San Francisco da autori e scrittori come Richard Kadrey, Sarah Silverman e Christopher Golden.

Due mesi fa, i querelanti hanno avanzato l’accusa che Meta fosse consapevole di aver utilizzato materiali protetti da copyright per addestrare i suoi modelli di IA, il che avrebbe portato alla generazione di risultati contenenti CMI. Secondo i querelanti, l’azienda avrebbe deliberatamente rimosso queste informazioni per evitare che gli utenti scoprissero l’origine protetta dei contenuti generati.

Il giudice Chhabria ha permesso che l’accusa di violazione del Digital Millennium Copyright Act (DMCA) da parte di Meta proseguisse, aumentando così la probabilità che il caso si concluda con un accordo o un processo. “Le accuse dei querelanti suggeriscono ragionevolmente che Meta abbia rimosso le CMI per impedire a Llama di generare risultati che rivelassero l’uso di materiale protetto da copyright”, ha scritto il giudice.

Meta ha già ammesso di aver utilizzato il dataset Books3 per addestrare il suo modello Llama 1, un insieme di dati noto per contenere opere protette da copyright. Tuttavia, il giudice ha respinto un’altra accusa dei querelanti, secondo cui l’uso da parte di Meta di libri non autorizzati ottenuti tramite torrent violasse il California Comprehensive Computer Data Access & Fraud Act (CDAFA).

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La decisione del giudice Chhabria rappresenta un ulteriore sviluppo nella disputa legale sull’uso del materiale protetto da copyright per addestrare modelli di IA. Gli esperti legali sostengono che la generazione di contenuti che riproducono fedelmente il lavoro di un autore sia più facilmente considerabile una violazione del copyright. L’addestramento di IA con materiali protetti, invece, è più soggetto a difese basate sul fair use, anche se la decisione favorevole ai querelanti contro Meta potrebbe rafforzare altre cause simili nel settore dell’IA.

Meta (in questo caso assieme ad Apple) deve affrontare un altro problema normativo in Europa, dove, secondo quanto riportato a Reuters da persone informate sui fatti, è destinata a subire multe modeste per potenziali violazioni del DMA europeo. Questa legge mira a rendere più facile per gli utenti spostarsi tra i servizi online concorrenti come le piattaforme di social media, i browser web e gli app store, in modo da consentire alle aziende più piccole di competere con le Big Tech.

Si parla di multe modeste (anche se non se ne conosce ancora l’esatta entità) sia perché l’autorità antitrust dell’UE si concentra sull’assicurare che le aziende rispettino la legge piuttosto che sanzionarle, sia per la breve durata delle presunte violazioni (il DMA è entrato in vigore solo dal 2023) e per il clima geopolitico.

Dal canto suo Meta, in un report di conformità pubblicato la scorsa settimana, ha dichiarato che, nonostante i suoi sforzi per rispettare la normativa europea, ha continuato a ricevere richieste da parte delle autorità di regolamentazione che vanno oltre quanto previsto dalla legge.

(Immagini: Shutterstock)

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