Le Smart City italiane si mettono in mostra a Bologna

milano smart city conference
Presentata a Smart City Exhibition la ICity Rate 2015, la classifica delle città italiane più smart; Milano accelera, Bologna frena e Firenze insegue.

Milano, Bologna e Firenze sono le città più smart d’Italia. Lo rivela ICity Rate 2015, l’indagine annuale realizzata da FORUM PA con la collaborazione di Openpolis che stila la classifica delle città italiane sul fronte della smartness, analizzando 106 Comuni capoluogo sulla base di 150 indicatori statistici. Le tre città salite sul podio già nel 2014 confermano la stessa posizione, ma vantano caratteristiche molto diverse l’una dall’altra.

Milano registra un’ulteriore fuga in avanti, Firenze rincorre velocemente e Bologna fa segnare una brusca fermata. Dopo Roma, il capoluogo emiliano è infatti quello che in assoluto avanza di meno nei punteggi di ICity Rate rispetto allo scorso anno.

La quarta edizione del rapporto, presentato oggi a Smart City Exhibition, si arricchisce con la dimensione legality, un insieme di dodici indicatori puntuali che vanno a misurare il livello di legalità territoriale. Un cambiamento che porta l’articolazione del rapporto su sette voci, ovvero economy, living, environment, people, mobility, governance e legality.

A spiccare in questa analisi è il rafforzamento al vertice di Milano, che mantiene la prima posizione passando dai 623 punti dello scorso anno agli attuali 638. Per il capoluogo lombardo viene confermata la supremazia nelle dimensioni economica, living, people e la buona posizione sui temi dell’ambiente (dove è 24°), della mobilità (dove il 4° posto in Italia lo ottiene anche grazie alla ciclabilità e alla propensione alla mobilità collettiva) e della governance (dove è 12°).

Roma, invece, mantiene posizione sostanzialmente di vertice per le dimensioni economy (3°), people (9°), living (12°) e mobility (18°) ma perde importanti posizioni in governance (34°), environment (85°) e, soprattutto si posiziona al 97° posto per la variabile legality che la fa scendere alla 21° posizione perdendo ben 9 posti rispetto al 2014.

Al vitalismo delle città intermedie si contrappone la realtà articolata e contraddittoria delle grandi città italiane baricentro delle 14 aree metropolitane

Il dato forse più interessante è che anche quest’anno sei delle dieci città al top non sono città metropolitane ma città di medie dimensioni, che però vanno a costituire, di fatto, l’ossatura più robusta del nostro sistema urbano. Sono le nuove piccole capitali a volte molto più dinamiche e performanti delle grandi città metropolitane.

Ad esempio Modena, la prima città tra le aree non metropolitane, è 4° in assoluto in Italia per performance economiche. Posizione raggiunta grazie al secondo posto, in assoluto, per direzionalità (Imprese con 250 addetti o più per 10.000 imprese), il 4° posto per internalizzazione produttiva, il 5° per comportamenti innovativi (imprese start up innovative e contratti di rete per 10.000 imprese).

Al vitalismo delle città intermedie si contrappone la realtà articolata e contraddittoria delle grandi città italiane baricentro delle 14 aree metropolitane, che dovrebbero costituire lo scheletro urbano del paese. A Milano, Bologna, Firenze, Venezia e Torino raggruppate nelle prime 11 posizioni seguono le altre nove ben distanziate con Roma in 21° posizione, Genova al 29° e poi le città del Sud con Cagliari in 60° posizione, evidenziando grandi squilibri tra una realtà e l’altra. Tra Reggio Calabria, ultima in classifica, e la primatista Milano ci sono ben 383 punti di stacco, che ribadiscono purtroppo le contraddizioni interne al Paese

ICityRate è anche un valido esempio di quanto possano diventare importanti le Data Driven Decision, ormai essenziali per capire come dall’esatta conoscenza di quello che avviene nel territorio tramite la raccolta di big data si possa passare a decisioni di buon governo. La ricerca vuole così diventare anche uno strumento di un modo diverso di valutare i dati e le informazioni.

È funzionale come strumento gratuito a disposizione di tutti coloro che operano nelle città fornendo un set unico di indicatori con completezza e trasparenza, è strumentale alla diffusione di una nuova cultura di governo delle città che metta la conoscenza al centro dei poteri decisionali.

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Assinform: il mercato digitale italiano è in crescita

Assinform: il mercato digitale italiano è in crescita
Segnali incoraggianti per il mercato digitale italiano, ma si chiede di più per non bloccarsi partendo dall’accelerazione dei programmi di innovazione del governo.

Dopo anni di crisi il mercato digitale italiano che include informatica, telecomunicazioni e contenuti digitali ha finalmente ha ripreso a crescere. Nel giro di un anno è passato infatti dal -1,4% del 2014 al +1,5% del primo semestre 2015, con una previsione annua 2015 rivista al rialzo dall’1,1 all’1,3%. L’inversione di rotta spicca ulteriormente dal raffronto dei dati semestrali: l’attuale +1,5% segue al -3,1% dello scorso anno.

Questi in sintesi i dati diffusi oggi da Assinform sull’andamento del settore ICT in Italia, elaborati in collaborazione con NetConsulting. La crescita del 1,5% equivale a 31.583 milioni di euro, un dato in crescita, seppur contenuto, che non solo interrompe una tendenza negativa che durava da anni, ma concorre ad aggiustare al rialzo le stime per l’intero 2015: dall’1,1% della primavera scorsa all’1,3%, per un valore di 65.100 milioni.

Già a un primo livello di disaggregazione, i dati indicano che al ricupero hanno concorso po’ tutti i comparti compresi gli stessi servizi di rete, che nel primo semestre dello scorso anno erano caduti del 9,2% sulla spinta del calo delle tariffe, trascinando al ribasso l’intero mercato. La stabilizzazione di questa componente, che pesa per un terzo (11.980 milioni di euro) dell’intero mercato digitale, ha trascinato al rialzo anche i comparti Servizi ICT a 5.096 milioni (+ 0,3% a fronte del -2,4 dell’anno prima), Software e Soluzioni ICT a 2.732 milioni (+4,5%), Dispositivi e Sistemi a 8.275 milioni (+0,5%) e Contenuti Digitali e Digital Advertising a 3.500 milioni (+9,3%).

Il mercato dei dispositivi e sistemi è cresciuto di poco (+0,5%) e in modo molto asimmetrico. E’ calata la componente PC (-4,4% tra cui – 5,6% server, -7% desktop, -3% laptop) e dei tablet (-14% a causa di un mercato consumer ormai saturo), mentre sono cresciuti gli smartphone con un eloquente +7,4% a 1.430 milioni, trainati dall’interesse alle nuove applicazioni in mobilità.

Una nota molto incoraggiante viene anche dai servizi ICT, secondi solo ai servizi di rete per peso sul mercato digitale complessivo

Sul versante del software e delle soluzioni ICT si sono raggiunti i 2.732 milioni (+4,5%), con la crescita maggiore fatta segnare dal software applicativo (1.900 milioni (+5,8%), dalle piattaforme per la gestione web (138 milioni, +15%,) e dalla Internet of Things un po’ in tutti gli ambiti con un +16,7% a 700 milioni, che hanno più che compensato il calo delle soluzioni applicative tradizionali (-1,2% a 1.062 milioni).

Per effetto del raffreddamento delle vendite di hardware ha frenato, seppur di poco, il software di sistema (-1,2% a 247 milioni), mentre è andato meglio il middleware (585 milioni, +2,6% contro il +1,1% dei primi 6 mesi dell’anno scorso), a conferma di una costante crescita della domanda di soluzioni innovative per l’integrazione, la sicurezza e l’utilizzo ottimale delle risorse IT.

Una nota molto incoraggiante viene dai servizi ICT, secondi solo ai servizi di rete per peso sul mercato digitale complessivo. La crescita rilevata, per quanto contenuta (+0,3% a 5.096 milioni), pone fine a un trend negativo che durava da anni per un comparto oggi dominato dai servizi di data center e cloud computing (+12,3% a 869 milioni), mentre tutte le altre attività fanno segnare cali contenuti, come nel caso dell’outsourcing a -1,2%, della formazione a -3,6%, della consulenza a -1,6% e dell’assistenza tecnica a -1,7%.

“Si inizia a intravedere una maggiore attenzione alle potenzialità offerte dal digitale per innovare servizi, prodotti e processi, attraverso il ricorso al web, al cloud computing, all’IOT, alle nuove applicazioni in rete e in mobilità, all’uso dei big data. Resta il fatto che il nuovo trend è ancora fragile e che siamo ancora distanti dalla velocità di trasformazione digitale che occorrerebbe per recuperare il gap che ancora ci separa dagli altri paesi guida, e che condiziona la nostra capacità di competere e creare nuova occupazione. La trasformazione digitale rischia inoltre di essere frenata anche dalla carenza di competenze. Sta crescendo il gap tra domanda e offerta di profili specializzati nelle nuove tecnologie ICT e nei nuovi business digitali Ci sono mezzo milione di posizioni di lavoro disponibili che non si riesce a coprire per mancanza di skills. È urgente intervenire sul sistema della formazione, creando così nuove opportunità non solo per il sistema, ma per centinaia di migliaia di giovani”, ha dichiarato il presidente di Assinform Agostino Santoni.

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