Le aziende si trovano oggi a competere non soltanto nei processi di trasformazione materiale di beni e servizi, ma anche nella capacità di gestione dei dati come fattore produttivo attraverso un proprio autonomo processo di trasformazione e, per cogliere le nuove sfide dei mercati, occorre una cultura aziendale che sia centrata proprio sui dati.

L’abilità di impiegare strumenti analitici avanzati, di visualizzare e interpretare relazioni implicite fra dati eterogenei e di indirizzare tali competenze a un supporto immediato e costante dei processi decisionali richiede un balzo oltre i tradizionali paradigmi di analisi, introducendo nuove soluzioni, nuovi processi e nuove figure professionali. L’impresa che intende affrontare la sfida della trasformazione digitale deve necessariamente evolvere a una dimensione del tutto nuova.

I sistemi di business intelligence e business analytics esistono da decenni. Tuttavia, queste soluzioni non sempre hanno prodotto un reale supporto decisionale, limitandosi a rilasciare informazioni senza fornire indicazioni. È quindi necessario spostare la focalizzazione dai big data, dagli analytics o dal machine learning alle decisioni, così da sfruttare le informazioni per un vantaggio competitivo che non si esaurisca nell’immediato.

Entro il 2021 IDC prevede che una grande impresa su quattro avrà creato un processo di interpretazione e gestione dei dati basato su un’ampia articolazione di figure professionali specifiche e indipendenti, per sfruttare nel miglior modo possibile il fattore produttivo e decisionale del nuovo millennio: l’informazione. Ma, allo stato attuale, come si posizionano le aziende, soprattutto in Italia, in questo percorso di gestione del dato come fattore competitivo?

gestione dei dati

Una ricerca di IDC condotta su un campione di 172 imprese italiane di classe enterprise ha individuato quattro stadi di avanzamento. Quasi la metà del campione (il 43%) si trova al primo stadio; si tratta di aziende che devono ancora concludere la fase di razionalizzazione dei propri sistemi e della propria strategia digitale e che, di conseguenza, non riescono ancora a trarre un vantaggio competitivo concreto dai dati.

Al secondo stadio appartiene il 25% delle grandi aziende italiane. Qui i dati vengono considerati come uno strumento indispensabile per progredire nei processi di automazione industriale, rappresentando così un valore soltanto se consentono di automatizzare meglio i processi.

I due stadi più avanzati vedono presente solo un terzo delle grandi organizzazioni italiane. Nel terzo stadio risiede il 23% del campione analizzato da IDC. Si tratta di imprese che impiegano i dati per consolidare un vantaggio immediato nei confronti dei concorrenti senza procedere necessariamente attraverso l’automazione, ma migliorando l’efficacia dei processi di pianificazione e controllo.

Infine, allo stadio più avanzato, ovvero il quarto, appartiene il 9% delle grandi aziende italiane. Realtà che IDC colloca in una fase profonda di trasformazione, capaci di gestire i dati non solo per automatizzare i processi o migliorare la pianificazione e il controllo, ma anche per competere sul terreno dell’innovazione a lungo termine.