La necessità di far evolvere gli ambienti IT per sostenere la trasformazione digitale aziendale sta non solo rendendo più complessa la loro gestione, ma anche alzando le aspettative in termini di disponibilità e prestazioni dei servizi offerti. Collezionare grandi volumi di dati e analizzarli potrebbe infatti non essere più sufficiente per quelle imprese i cui clienti si aspettano interazioni e risposte quasi in tempo reale.

In aggiunta, la digital transformation sta imponendo ai CIO di dedicare sempre più risorse allo sviluppo di nuove soluzioni digitali invece che insistere sui sistemi esistenti. Oggi le organizzazioni di tutto il mondo stanno aumentando gli investimenti in tecnologie che da una parte eliminino inefficienze e silos, e dall’altra supportino decisioni business-centriche invece che dettate da mere logiche infrastrutturali.

Questo sta portando le aziende a spendere di più in soluzioni iperconvergenti e software-defined con l’obiettivo di arrivare a creare ambienti cloud-ready, in modo da ridurre la complessità delle infrastrutture IT e contemporaneamente consentire alla funzione IT di focalizzarsi su progetti a valore per il business.

Cisco e Google

I risultati preliminari di un’indagine IDC commissionata da NetApp, condotta su un campione di 150 grandi imprese italiane tra settembre e ottobre di quest’anno, evidenzia del resto un orientamento sensibile allo spostamento di risorse IT infrastrutturali in direzione del cloud.

Ad oggi, il 22,5% dei rispondenti fa prevalentemente risiedere server, storage e networking, o servizi corrispondenti, in cloud (private e/o public), ma tra 12 mesi il medesimo campione risulterà quasi equamente suddiviso tra cloud e non cloud: il 43% delle imprese infatti prevede di portare l’infrastruttura IT prevalentemente in private e/o public cloud.

Da sempre considerato lo strumento principale per supportare le aziende nella ricerca di agilità, flessibilità e time-to-market, il cloud vede la sua naturale evoluzione nella modalità di fruizione ibrida, caratterizzata dal continuo e costante dialogo tra servizi privati e pubblici. E in questo ambiente ibrido i dati devono essere “liberi di muoversi”, lasciando la massima indipendenza di scelta all’IT e garantendo il massimo livello di sicurezza.