A un anno dalla sua prima apparizione in qualità di neo proprietario, il CEO di Broadcom Hock Tan torna sul palco dell’evento VMware Explore e lancia un attacco frontale all’approccio public cloud. Citando una ricerca secondo cui l’80 percento dei CIO di grandi aziende sta valutando un ritorno almeno parziale dal cloud al data center dei carichi di lavoro (fenomeno chiamato della cloud repatriation), Tan sostiene che “il cloud pubblico soffre di tre problemi che chiamiamo le tre C e che stanno diventando sempre meno tollerabili: Costi elevati, Complessità di gestione e Compliance normativa”.

La strategia di VMware scommette tutto su questa necessità, facendo “all in” e mettendo sul piatto tutta la propria offerta tecnologica, consolidata oggi in VMware Cloud Foundation (VCF), e riorganizzando di conseguenza la struttura di sviluppo, quella di supporto e l’offerta commerciale.

Hock Tan, CEO di Broadcom, sul palco del VMware Explore di Barcellona

Hock Tan, CEO di Broadcom, sul palco del VMware Explore di Barcellona

Spariscono quindi dal catalogo i singoli prodotti come le soluzioni per la virtualizzazione del computing vSphere, di storage vSAN e della componente networking NSX, che restano disponibili solo come componenti della VCF.

La versione 9 di VCF (un notevole salto dalla precedente 5.2,1) è stata annunciata lo scorso agosto dall’edizione di Las Vegas di VMworld explore ed è stata il tema principale delle presentazioni di questa edizione europea, ma non si conosce ancora la data di rilascio ufficiale. Dedicheremo un prossimo articolo all’architettura e alle nuove funzionalità di VCF 9.

Per i clienti che hanno solo esigenze di virtualizzazione, senza ambire ad avere un cloud privato, rimane disponibile come prodotto separato vSphere, che con le nuove versioni Standard Edition ed Enterprise Plus rappresentano il livello di ingresso per la piattaforma per chi è interessato unicamente alla virtualizzazione della componente computing.

Dal cloud pubblico al cloud privato

Secondo Tan nel mondo del cloud ibrido l’innovazione deve avvenire nella porzione privata, amministrata da VCF, delegando alla porzione pubblica la semplice capacità di calcolo e storage. Capacità che può essere accesa, spenta o migrata su un diverso fornitore in base alle necessità e alla convenienza, come una qualsiasi commodity.

Sotto la regia di VCF, il cloud privato può quindi essere erogato in tre diverse modalità:

  • On premises;
  • Sull’infrastruttura cloud pubblica degli hyperscaler (AWS, Azure, Google Cloud);
  • Su infrastruttura di VMware Cloud Service Provider (VCSP) certificati per il cloud sovrano (ci torneremo poi).

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La promessa di VMware è di risolvere i problemi delle 3C grazie ai miglioramenti che VCF offre in termini di agilità, possibilità di gestire più tenancy, con un catalogo self service di infrastrutture predefinite e approvate, la possibilità di gestire dallo stesso punto di controllo sia le macchine virtuali, sia i container Kubernetes, e di automatizzare la diagnosi di problemi di configurazione o security, effettuare il troubleshooting e applicare i rimedi in modo semplice, grazie a un’automazione sempre più spinta che sfrutterà anche un assistente AI a cui porre quesiti e richieste in linguaggio naturale.

Dal cloud privato al cloud sovrano

L’offerta di cloud sovrano è frutto di un programma di partnership che vede al momento la partecipazione di 50 VMware Cloud Service Provider (VCSP), di cui 30 localizzati nell’Unione Europea, che possono offrire ad aziende e amministrazioni pubbliche servizi di cloud sovrano, in cui siano garantita la governance dei dati e la conformità normativa, grazie alla completa indipendenza da fornitori americani. Indipendentemente dalla localizzazione dei data center, e fatti salvi alcuni accorgimenti tecnici e organizzativi che alcuni hyperscaler stanno adottando, i dati e le comunicazioni possono comunque ricadere sotto la giurisdizione Usa per via del Cloud ACT.

La rete dei VMware Cloud Service Provider locali

La rete dei VMware Cloud Service Provider locali

Tra i 30 VCSP europei, TIM, OVHCloud e Sopra Steria hanno una presenza in Italia. OVHCloud non ha data center sul nostro territorio, ma è certificata ACN per la fornitura di servizi cloud alla PA italiana, mentre Sopra Steria offre un servizio di gestione e brokeraggio di risorse cloud garantendo l’uso di risorse conformi alle normative.

…e dal cloud sovrano alla IA sovrana

Secondo Broadcom, una spinta importante alla costruzione di cloud privati (e sovrani) verrà dalla necessità di utilizzare sempre più sistemi di intelligenza artificiale, dal machine learning “tradizionale” ai large language model, applicandoli ai dati aziendali e, garantendo però la proprietà intellettuale e la riservatezza dei dati personali o sottoposti a regolamenti nazionali o europei.

La proposta di private e sovereign AI passa attraverso il VMware Private AI Open Ecosystem, composto da partner che abbracciano tutto lo stack: dal “ferro” di Nvidia, AMD e Intel che può essere virtualizzato con condivisione di risorse VGPU sull’intero cluster, agli OEM, ai global system integrator, tool per lo sviluppo, la modellazione dei dati e le ML Ops (compreso l’immancabile HuggingFace), e infine i foundation model di Falcon, Meta, Mistral e altri.

Il tutto si concretizza in un model store che permette agli utenti autorizzati di installare modelli validati, distribuire e monitorare l’utilizzo delle VGPU in tutto il cluster, recupero e indicizzazione dei dati per la RAG con controllo granulare dei livelli di accesso, e un Agent Builder che permetterà di interagire con i modelli per programmare degli agenti AI usando… il linguaggio naturale per lo sviluppo.

L’elefante nella stanza: i cambiamenti imposti a clienti e canale

Nel corso dell’ultimo anno, tutti i clienti e il canale di vendita hanno dovuto subire la profonda trasformazione dell’offerta commerciale dell’era Broadcom. Prima il passaggio del pricing da CPU a core di elaborazione, poi la dismissione delle licenze perpetue in favore del modello in abbonamento annuale, e infine il passaggio dai prodotti individuali a pochi bundle omnicomprensivi.

Ancor più tramatici i cambiamenti riservati ad alcuni partner commerciali, in particolar modo i Cloud Service Provider che si sono visti aumentare i costi di licenza anche di 10 volte, suscitando le reazioni delle associazioni di categoria, interrogazioni delle istituzioni e cause civili, come nel caso di AT&T. VMware ha poi rimodulato i programmi di canale, gestendo e supportando direttamente solo i rivenditori di grandi dimensioni e delegando il seguimento dei più piccoli alla distribuzione. Distribuzione e integratori che però si sono visti sottrarre il rapporto con i 2.000 più grandi clienti, ora gestiti direttamente da Broadcom.

I grandi clienti restano a bordo

Al momento, e stando alle dichiarazioni di VMware, c’è stato molto rumore ma poche conseguenze rilevanti, per lo meno per quanto riguarda i grandi clienti, con i quali VMware ha trattato individualmente. “Nessuno ha gradito l’essere obbligato a questi cambiamenti e ci sono state molte proteste all’inizio. Abbiamo però lavorato con i clienti, offrendo loro certezze per quanto riguarda lo sviluppo futuro del pricing, con deal che tengono conto di diversi fattori (per esempio il trade-in delle licenze perpetue, NdR), e alla fine abbiamo mantenuto il 99 percento dei clienti”, ha affermato Luigi Freguia, President EMEA sales di Broadcom Software.

È andata ancor meglio persino nell’Italia delle PMI, e sempre rimanendo nell’ambito dei rapporti diretti. “C’è stato un momento di incertezza e perplessità, dovuto probabilmente al confronto con precedenti acquisizioni di Broadcom, e qualcuno ha fatto confronti tra noi e altre piattaforme, ma hanno poi abbandonato l’idea di una migrazione perché dal punto di vista tecnologico la nostra piattaforma è imbattibile, e in Italia non abbiamo perso un cliente”, afferma il neo Managing Director per l’Italia Mario Derba.

Nella pratica, “ci siamo seduti con ogni cliente per trovare il modello di licenza e pagamento più adeguato in base alla crescita dell’azienda, con rampe di adozione e corrispondente rampa economica, e alla fine il modello a subscription è risultato competitivo”, precisa Claudia Angelelli, Manager Solution Engineering VMware.

Mario Derba Managing Director di VMware per l’Italia e Claudia Angelelli, Manager Solution Engineering Italia

Mario Derba, Managing Director di VMware per l’Italia e Claudia Angelelli, Manager Solution Engineering Italia

Secondo Derba, l’Italia può risultare in una posizione di vantaggio rispetto ad altri paesi, perché molte organizzazioni hanno iniziato in ritardo il proprio viaggio verso il cloud, e sono ancora in una situazione in cui possono porre le fondamenta per un’infrastruttura ibrida e virtualizzata senza dover smontare quanto già portato in cloud e sconfessare la validità degli investimenti fatti.

La macchina è partita, ma la strada è ancora lunga

Malgrado le parole rassicuranti del management, nel nostro dialogo con CIO, IT Manager e fornitori ICT sentiamo diverse aziende scontente, soprattutto nella fascia delle piccole e medie imprese, non coinvolte nelle trattative individuali con VMware.

Diversi si stanno guardando in giro alla ricerca di un’alternativa, che diversi vendor non vedono l’ora di offrire (su tutti, Nutanix, Red Hat e HPE con una sua soluzione ancora in fasce, ma anche soluzioni open source come Proxmox).

Qualcuno ha bisogno di tempo e di una nuova allocazione di budget per organizzare una migrazione che è già decisa. Qualcun altro rimanda la decisione alla scadenza del contratto di supporto della licenza perpetua acquistata. Altri ancora temporeggiano sperando in una qualche ulteriore apertura di VMware che, va detto, rispetto agli annunci iniziali ha fatto in quest’anno alcuni passi per favorire i clienti e i partner più piccoli (per esempio, l’impegno a fornire aggiornamenti contro gli 0day per le versioni supportate di vSphere e altri prodotti).

La scommessa di Broadcom è complessa e articolata su vari punti:

  1. la cloud repatriation sarà un fenomeno dominante nei prossimi anni. Sebbene la tendenza è chiaramente in atto, si tratta molto spesso di rientri parziali, solo di alcuni dati o carichi di lavoro, e il cloud pubblico rimane comunque in crescita;
  2. la focalizzazione di ricerca e sviluppo su poche soluzioni consentirà di rendere VCF 9 “la” piattaforma di riferimento per il cloud privato, così come in passato le sue soluzioni sono state il riferimento per la virtualizzazione dell’hardware;
  3. il tutto risulterà economicamente competitivo, in termini di TCO, rispetto al cloud pubblico o alle soluzioni di cloud ibrido alternative, che proprio per via dei cambiamenti nell’offerta VMware hanno ritrovato nuova spinta.

Per perseguire il raggiungimento di questi obiettivi, Broadcom ha intrapreso una strada molto innovativa e per certi versi rivoluzionaria sia sul piano tecnico, sia su quello commerciale. La prossima tappa importante di questo viaggio sarà il rilascio di VCF 9. La macchina è partita e non si fermerà, anche a costo di perdere clienti e partner non strategici lungo la strada.